Imperdibile appuntamento con la cultura il 22 e 23 ottobre a Napoli
Riceviamo e pubblichiamo.
Il 22 ottobre, dalle 15:30 alle 19:00, e il 23 ottobre, dalle 10:00 alle 19:00, presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, Palazzo Serra di Cassano, si rinnova l’appuntamento ‘La Tela del Mediterraneo’, progetto ideato dalla filosofa Esther Basile, durante il quale studiose e studiosi esamineranno, dalla loro angolazione, il Mediterraneo.
In rete con Archivio di Stato – Soprintendenza Archivistica per la Campania-Biblioteca Nazionale – Archivio Di Stato e Teatro San Carlo – Rete Donne in Marocco e a Trieste – Rete Giornaliste del Mediterraneo.
Da circa 25 anni si conducono seminari di studio ed approfondimenti con Storiche, Filosofe, Filosofi, Sociologhe, Scienziate, Politiche, Economiste, Avvocate, Antropologhe, Antropologi, Letterate, Studiosi di Arte e Scrittrici.
Durante la sessione dei lavori, saranno proiettati un video su Galileo Galilei della regista dott.ssa Grazia Morace, e delle foto della dott.ssa Maria Rosaria Rubulotta e immagini su Pechino della Dott.ssa Luisa Festa.
Gli aspetti che si svilupperanno anche quest’anno saranno temi di grande confronto. La Prima Sezione sarà presieduta dall’avvocato Daniela Mainenti, la Seconda Sezione sarà dalla dott.ssa Adriana Buffardi.
I temi spazieranno fra:
Antropologia del mediterraneo
Studi postcoloniali
Medicina di genere nel Mediterraneo
I diritti nel Mediterraneo
Il dopo Pechino
I miti classici
Rete Giornaliste del Mediterraneo
Il Marocco
Interculturalità
Le filosofie del Mediterraneo
Le scritture del Mediterraneo
La costituita rete delle università mediterranee rappresenterà una grande sfida, una opportunità ed anche la possibilità che attraverso il comune “sentire mediterraneo”.
In rete con noi:
University Mohammed V of Rabat, Marocco;
University Moulay Ismail of Meknés, Marocco;
Universitè Internationale de Rabat, Marocco;
University of Monastir, Tunisia;
University of Sousse, Tunisi;
Alexandria Pharos University, Egitto;
Future University, Egitto
National Research Centre of Giza, Egitto;
Saint Joseph University of Beirut, Libano;
Albanian University, Albania;
University Badji Mokhtar, Algeria;
University Mohamed Cherif Messaadia, Souk Ahras, Algeria;
Chadli Bendjedid El Tarf University, Algeria;
University of Sciences and Tecnology Houari Boumediene, USTHB, Algeria;
Koleji AAB, Kosovo;
Birzeit University, Ramallah, Palestina;
Sirte Univesity, Lybia;
Yarmouk University, Giordania;
Afyon Kocatepe Universitesi, Turchia;
Inonu Universitesi, Turchia;
ARUCAD – Arkin University, Cypro;
University of Naples Federico II, Italia;
Università della Sorbonne, Francia.
Programma
Il Mediterraneo come memoria: Filosofia, Linguaggi, Diritti, Arti, Antropologia, Scienza, Economia per un nuovo Umanesimo
I Sezione 22 ottobre ore 15:30 – 19:30
Indirizzo di Saluto Presidete IISF Massimiliano Marotta
Introduce Esther Basile
Interventi:
Daniela Mainenti, Iain Chambers, Elio Pecora, Grazia Pulvirenti, Gianfranca Ranisio, Eugenio Zito, Rita Felerico, Lucia Stefanelli Cervelli, Nadia Gambilongo.
Video di Grazia Morace ‘Galileo Galilei, Federico Cesi e l’Accademia dei Lincei’, Euromedia Carit
II Sezione 23 ottobre ore 10:00 – 13:00
Indirizzo di saluto: Adriani Buffardi
Interventi:
Giuliana Sgrena, Fulvia D’Alosio, Rossella Del Prete, Patrizia Lupi, Luisa Festa, Maria Ester Mastrogiovanni, Luciana Petrocelli, Enzo Rega, Renata Gambino, Dalila Hiaoui, Maria Rosaria Rubulotta
Proiezione foto della dott.ssa Maria Rosaria Rubulotta e immagini su Pechino della Dott.ssa Luisa Festa.
La Tela
La condizione femminile è una fondamentale chiave interpretativa della realtà euro-mediterranea e delle sue forze messe in campo. I diritti delle donne del Mediterraneo non sono tutti uguali e le stesse non vivono uguali condizioni.Nel bacino mediterraneo civiltà, culture, tradizioni e ordinamenti giuridici si incrociano intorno alla donna, fanno sintesi, confliggono.
Francia, Spagna, Italia hanno fatto passi in avanti nell’emancipazione della donna, pur persistendo forti retaggi culturali, soprattutto in Italia.I Paesi dell’Est della zona adriatica, sono usciti da un’economia collettivistica e dalla negazione di parte dei diritti di libertà che apparentemente li rendeva tutti uguali che dopo il crollo del muro di Berlino ha portato la donna a diventare ancora oggetto.
Le donne in Egitto, piuttosto che in Algeria o Marocco, così come le donne che hanno lasciato questi Paesi per emigrare in Europa, sono oggi espressione paradigmatica di quell’ampio dibattito sui diritti umani all’interno del quale si giocano le interconnessioni e i conflitti tra locale e globale, si giustificano e si fanno guerre, si rivendicano identità oppositive e contrastanti.
D’altronde, come Seyla Benhabib scrive:
“Da quando le società e le culture umane hanno interagito e si sono confrontate tra loro, la condizione delle donne e dei bambini e dei rituali del sesso, del matrimonio e della morte hanno occupato un posto speciale nelle interpretazioni interculturali”.
Il fenomeno migratorio, gli sbarchi dei profughi e dei clandestini, la guerra fredda, il pieno sviluppo della globalizzazione, l’espansione del mercato mondiale, il nuovo ordine mondiale implicitamente ed esplicitamente chiedono una politica mondiale che assuma come fondamento la questione dei diritti umani e nei diritti umani è sempre più urgente trovare soluzioni e sintesi per il miglioramento della condizione della donna e dell’infanzia.
Sempre più i casus belli e la ricerca della pace sono dati dalla volontà di affermare o difendere i diritti umani, soprattutto in quegli stati dove essi sono negati, e la centralità di concetti quali emancipazione femminile e pari opportunità.
Il partenariato euromediterraneo riconosce uno spazio enorme al rispetto delle libertà, dello stato di diritto, della democrazia. Tale riconoscimento rappresenta una conditio sine qua non per il benessere umano, l’attuazione della cooperazione commerciale e finanziaria tra le due rive del Mediterraneo.
Tuttavia, all’interno di queste istanze, il discorso sui diritti delle donne è stato a lungo tralasciato, pensando che il movimento femminista occidentale degli anni Sessanta e Settanta avesse adempiuto al suo compito dell’emancipazione della donna occidentale, considerata universale, trascurando la realtà delle donne nel sud del bacino mediterraneo e mediorientale, assimilando le seconde alle prime, senza tenere conto, invece, di tutti gli sviluppi che si sono susseguiti strettamente connessi alla globalizzazione e delle forti contraddizioni prodotte.
La condizione della donna musulmana, soprattutto in relazione alle istanze integraliste, è di fondamentale importanza per riflettere sullo sviluppo civile, culturale ed economico dell’area mediterranea.
Teorici dell’universalismo dei diritti e del relativismo culturale discutono su quali debbano essere i diritti assicurati alle donne in rapporto alla cultura di provenienza, sottolineando la questione delle donne musulmane. I primi accusano i secondi di sacrificare le donne alla soggezione patriarcale in nome della difesa delle tradizioni culturali e della pluralità delle culture.
Dunque, la condizione della donna musulmana, il suo processo emancipatorio nei Paesi di origine ed in quelli dove emigra, sono appena la punta di un iceberg di una dinamica importantissima che non riguarda solo le donne, ma l’intera comunità.
A partire dalla condizione specifica delle donne musulmane, si pongono questioni e si danno risposte sui percorsi del complesso intreccio tra rispetto delle diversità e riconoscimento dei diritti universali.
Attorno alla condizione delle donne, si esplica la tensione tra una prospettiva universalizzante dei diritti umani e la tutela di pratiche culturalmente specifiche che negano la pretesa universalizzante. Difesa dei diritti culturali tradizionali e difesa del diritto di fuga da comunità tradizionali sono i due poli all’interno dei quali si muove oggi il dibattito sulle battaglie di genere.
Cosa privilegiare, l’individuo o la comunità d’origine?
Poste al centro del dibattito sul rapporto tra culture differenti, le donne si ritrovano strette tra diritti culturali predefiniti e riconoscimento di diritti soggettivi. Bisogna trovare un nuovo punto di vista che cerchi di concordare le istanze religiose protestanti, cattoliche, ortodosse, musulmane, laiche, i valori culturali, i sistemi economici da integrare all’interno della globalizzazione, il discorso politico, anche all’interno dell’UE, che deve essere il tessuto sul quale lavorare la trama dell’area mediterranea e proprio le donne giocano un ruolo strategico e preminente.
Non a caso nell’ambiente islamico, le spinte di emancipazione della donna portano certamente ad una reazione integralista. Le cosiddette femministe islamiche sostengono che l’emancipazione femminile non deve necessariamente realizzarsi attraverso l’abbandono della propria cultura a favore dei valori occidentali e di una certa idea universale dei diritti delle donne.
Dalla fine degli anni Ottanta, sempre più donne e anche alcuni uomini stanno rileggendo i testi sacri dell’Islam, in particolare il Corano. Secondo loro l’Islam riconosce tutti i diritti alle donne e sostiene l’uguaglianza di genere, ma nel corso dei secoli ristrette élite maschili hanno imposto interpretazioni distorte dei testi sacri e sostenuto il patriarcato in nome del Corano.
Le femministe islamiche sostengono che oggi, per ottenere l’affermazione dei diritti delle donne, è necessario combattere l’ortodossia islamica e ritornare al messaggio originario dell’Islam il quale garantisce la giustizia di genere.
Da un’altra prospettiva assistiamo alla donna occidentale che, nel suo percorso di emancipazione con la crisi economica, da un lato vive la negazione del lavoro e con essa il sacrificio dei diritti conquistati.
D’altronde, anche la donna dell’Europa nord centrale vive la contraddizione della sua condizione che va su due binari: l’uno del progresso, della loro presenza dove conta sul campo politico, finanziario, intellettuale, l’altro della negazione di diritti fondamentali, di un’apparente emancipazione che nasconde ancora tutti i limiti e la differenza di genere a sfavore della condizione femminile. La rivoluzione culturale è un lento processo di sofferenza, ma anche di conquiste. La donna e le sue diverse condizioni in rapporto al suo luogo d’origine generano sfide anche fra le donne stesse.
Per concludere, mi sembra che si possa dire che analizzare la condizione femminile nel Mediterraneo sia una strada per costruire uno spazio geopolitico euro-mediterraneo e i diritti di cittadinanza garantiti sulle due sponde del bacino.
Come mette in evidenza Martha Nussbaum, porsi dal punto di vista delle donne, di ciò che possono e non possono essere, possono o non possono fare, significa proporre il test più severo e rigoroso alle politiche pubbliche. In questo processo contano moltissimo lo spirito di solidarietà e la condivisione delle della speranza, della riappropriazione di se stesse e della conquiste dei diritti universali e naturali, il lavoro.
Il gender diventa così una categoria utile per l’analisi storica, una variabile interpretativa nell’analisi sociale e politica dell’area mediterranea. L’area del bacino mediterraneo è un’area geopolitica e geoculturale, una griglia concettuale per interpretare la realtà intera, le sfide poste di fronte al bivio tra essere una zona di perenne disordine e destabilizzazione o divenire un laboratorio per sperimentare relazioni nuove tra le due rive del bacino. Non a caso, nella storia è stata la culla delle più forti ed importanti civiltà che hanno condizionato il mondo intero.
Esther Basile