Ogni Massone che ho conosciuto in questa mia trentennale militanza massonica ad un certo punto si è trovato a fare un bilancio sul far parte dell’Istituzione.
Anche io mi sono spesso interrogata in merito, ho avuto crisi di identità, ripensamenti, dubbi, momenti di enfasi e di scoramento.
Ma sono ancora qui, a parlare a scrivere di una “fede” che è diventata uno stile di vita, un modo di essere, di pensare, di pormi verso me stessa, ma soprattutto verso gli altri.
Se dovessi sintetizzare la filosofia massonica vissuta da un Libero Muratore, non potrei che paragonarla al mito del Velo di Iside:
Io sono tutto ciò che fu, ciò che è e ciò che sarà e nessun mortale ha ancora osato sollevare il mio velo.
Spesso, nei miei articoli, ho scritto parole atte a richiamare la “coscienza” di noi Massoni”, cercando di scuoterle lì dove ce ne fosse bisogno, di risvegliarle, dove saporitamente sonnecchiavano, di pungerle sul vivo, nel caso fossero troppo piene di sé.
Non bisogna dimenticare che abbiamo giurato di essere fedeli a degli ideali, di difenderli fino alla morte.
Il velo di Iside rappresenta quello strumento che serve a ridestare il senso di responsabilità, insito in ogni Libero Muratore, che è tenuto a rispondere ad un appello nei confronti delle generazioni massoniche, presenti e future, e nella costruzione di una società rispettosa della dignità, della giustizia e della solidarietà.
Eraclito diceva che nulla rimane uguale e statico, tutto scorre, la stessa realtà che quotidianamente viviamo è segnata dal mutamento. Figuriamoci quella di un Massone che vive sulla soglia della porta del Tempio, con un piede nel mondo profano e uno in quello esoterico.
In questo difficile equilibrio anche il più esperto dei Maestri si può confondere e dimenticare, appunto, le sue responsabilità, che sono tra le più belle modalità attraverso cui il Massone esterna il suo essere nell’Obbedienza e nel mondo e che lo rende motore che genera parola e azione.
Essere responsabili significa rispondere ad una chiamata personale indelegabile, ma anche essere esposti davanti a ciò che quel velo cela con la propria libertà di fuggire e che, al contempo, attrae l’identità umana come una calamita. Volendo parafrasare Rousseau, i Massoni sono esseri umani liberi e ribelli ma, “ovunque in catene”… di responsabilità!
La responsabilità che si riaccende davanti a quel velo misterioso investe ogni Fratello di impegno e di coscienza; incarnarla significa togliere il velo, senza paura, consapevoli di aver scelto di ascoltarne l’appello e decidere di alzarlo per scoprire cosa ci sia dietro, capire di poterne usufruire in maniera diversa per ciò che contiene e per il suo immenso potere da gestire responsabilmente, eticamente ed umanamente.
La Massoneria è come un elemento terzo che è sia tremendum che fascinans: tremendum perché rappresenta il rischio per l’individuo di alienarsi e perdersi e fascinans perché può raffigurare una via per riappropriarsi di sé, riscoprendo il proprio valore.
La Massoneria è quel velo della dea che, sollevato da chi, mosso dalla passione o da una domanda esistenziale, voglia avvicinarsi per scovare la verità, non mostra nient’altro che l’immagine di sé.
Guardandosi tremanti in quello specchio sopraggiunge la responsabilità: sentimento disperante che incombe, scompone e mostra la fragile nudità umana e il suo modo di darsi in questa società.
Come si può essere Massoni in maniera etica, in particolare nel mondo profano, luogo in cui si soffoca l’essere per il fare, dove ci si nasconde dietro un’attività immersa nel continuo mutamento?
Tornando a riflettere sulla propria azione, universalizzandola, fondandola personalmente, pur aprendola al futuro della vita dell’intera umanità si oltrepassa se stessi e la realtà e si fonda una nuova azione lavorativa e sociale a partire dall’oltre e dal caos.
Nel mito greco, il caos era immensità e vuoto ed è proprio da quest’ultimo significato che bisogna ripartire. Il vuoto cosmico è luogo di perdizione dove, paradossalmente, si generano energia e movimento e, quindi, vita, e reclama proprio la responsabilità.
Nel lavoro, nella vita privata e in ogni ambito, gli esseri umani hanno bisogno di “essere”, di riempirsi di rumori e non di silenzio, di “adesso” e non di “oltre”. Perché?
Perché il vuoto fa paura in quanto scuote le coscienze.
La responsabilità ci riconsegna l’immagine della persona: un vuoto cosmico di pieghe d’esistenza che ha paura della sua debolezza e di guardarsi per ‘oltrepassarsi’.
“Il velo che occulta la bellezza della verità” è un ideogramma che troviamo in ogni tradizione; come quel velo di “carne” copre gli occhi del nascituro all’inizio della vita e gli occhi del vecchio all’approssimarsi della fine, così, il velo dell’illusione nasconde la vista dell’adulto sino alla fine della sua vita profana, ma cade in occasione della sua rinascita iniziatica.
Autore Rosmunda Cristiano
Mi chiamo Rosmunda. Vivo la Vita con Passione. Ho un difetto: sono un Libero Pensatore. Ho un pregio: sono un Libero Pensatore.