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La Porta del Tempio

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La Porta del Tempio


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Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono coloro che entrano per essa. Quanto stretta è invece la porta e angusta la via che conduce alla vita! E pochi sono coloro che la trovano!
Mat 7:13-14 LND

Vi siete mai soffermati a pensare quanto importante sia quello spazio delimitato di un qualsiasi edificio, ma anche di una semplice abitazione, che tutto vede e dal quale tutto passa?

Sì, stiamo parlando proprio dell’ingresso e del suo elemento cardine: la Porta! In architettura, come nella vita, quello è un varco cruciale, che non possiamo ignorare, che nessuno può bypassare.

La Porta ha sempre rappresentato un oggetto emblematico e, allo stesso tempo, rappresenta un simbolo denso di significati che hanno attraversato i secoli, per arrivare ai giorni nostri, continuando ad affascinare.

È quell’elemento architettonico che, come indicato da Vitruvio nel suo ‘De Architectura’, segna un varco nelle mura urbanizzate. Essa è lo spazio che delimita e definisce due ambienti distinti, attribuendo, nei tempo, ampi e profondi significati non solo sul rapporto tra interno ed esterno, ma anche sul valore tra sacro e profano, sulla vita e la morte, sul noto e l’ignoto.

Fin dai tempi antichi ad essa è stata connessa una forte simbologia e iconografia, interpretata, di volta in volta, da diversi soggetti: per i greci antichi il dio della soglia era Hermes, sovrano del passaggio e dell’attraversamento, il quale si riteneva si manifestasse in qualsiasi tipo di scambio, trasferimento e superamento; per i romani il custode delle porte era il bicefalo Giano, dio con due teste rivolte ai lati opposti, affinché potesse presidiare sia l’entrata che l’uscita, simbolo di passato e futuro, ma anche di esterno e interno.

La possibilità che questo elemento concede di essere lasciato “aperto o chiuso”, dà un rilevante potere a colui che è in diritto di controllarne il transito: non a caso le “Porte” delle città medievali avevano sia lo scopo di delimitare il territorio, sia di osservare, verificare e selezionare le persone autorizzate o meno all’accesso.

Nel corso dei secoli, la comunicazione dell’espressione estetica dell’edificio veniva riassunta sulla porta, che ne determinava l’ingresso principale, divenendo man mano più preziosa e decorata a seconda della destinazione d’uso e del commissionante.

In molte rappresentazioni pittoriche, anche nell’Antico Testamento, divenne emblema della salvezza eterna e dell’ammissione al paradiso dal quale Adamo ed Eva vennero cacciati.

Ancora oggi non ha perso il suo senso allegorico e continua ad essere un rilevante elemento identificativo dello stabile e delle persone che lo frequentano: il passaggio della soglia di casa, del posto di lavoro, del luogo di culto o della palestra; scandisce i momenti della vita di una persona, segna l’inizio e la fine di un’azione, un’attività, uno stato d’essere.

Ed è in questo modo che diviene metafora della vita stessa, segnata dalle continue soglie varcate, porte chiuse in faccia o aperte al proprio destino!

L’universo linguistico che ruota attorno alla parola “porta” è direttamente proporzionale alla sua importanza simbolica. Tutte le metafore che utilizzano il sema “porta” sottendono il “cambiamento di stato”, che è, in definitiva, la sua vera ragione.

La stessa rivelazione del sacro avviene attraverso un’apertura nel mondo del “non essere”, una frattura attraverso cui l’ordine, contrario del caos, penetra lo spazio e lo trasforma in ordine, ossia nel mondo.

Così come il significante “porta”, nel suo senso astratto, è utilizzato per denominare tipi di varco che vanno ben oltre l’accezione architettonica, allo stesso modo la rappresentazione dell’apertura e la sua considerazione come luogo del cambiamento di stato conducono il simbolo “porta” a rappresentare molto di più del passaggio materiale e divenire, di conseguenza, anche emblema della nuova nascita, dell’iniziazione, dell’evoluzione fisica, psichica e spirituale, della conoscenza assoluta, dell’estasi mistica, della realizzazione della pienezza dell’esistenza umana.

Essa si stringe e si abbassa a simboleggiare proprio questa difficoltà e, insieme all’immagine del ponte, trova posto nei rituali e nelle mitologie iniziatiche e funerarie; rappresenta il luogo di transito fra due stati, due mondi, fra il conosciuto e l’incognito, la luce e le tenebre, la ricchezza e la miseria.

Essa si apre su di un mistero: oltrepassare la Porta, dal punto di vista iniziatico, allude all’evoluzione spirituale, all’accesso a un grado di conoscenza superiore, al raggiungimento della verità. È l’invito al viaggio verso un aldilà.

È lo sbocco che permette di entrare e uscire, è quel passaggio possibile, oltre che unico, da un campo all’altro: spesso nell’accezione simbolica, dal campo profano al campo sacro.

La Porta del Tempio Massonico è posta fra le due Colonne e si apre su una facciata murata sormontata da un frontone triangolare; al di sopra del frontone un compasso, con le punte rivolte in alto, si dirige verso il Cielo.

La Porta del Tempio dovrebbe essere molto bassa, così come lo era anticamente: penetrando nel tempio, infatti, il bussante deve curvarsi, non in segno di umiltà, ma per sottolineare la difficoltà del passaggio dal mondo della quotidianità a quello iniziatico.

Questo gesto gli ricorda anche che, morto alla vita profana, rinasce ad una nuova vita, alla quale si accede in modo simile a quella del bambino che viene al mondo.

Goffredo Plantageneto osserva che

la Porta del Tempio è designata come Porta d’Occidente: questo ci ricorda che il sole si corica alla sua soglia, cioè che la Luce si spegne. Al di là regnano dunque le tenebre, ovvero il mondo profano.

La Porta d’ingresso al tempio è uno dei simboli più silenziosi di tutta l’iconografia antica e di quella massonica; se ne parla poco dal punto di vista simbolico e iniziatico.

Spesso viene considerata solamente un arredo, poiché l’attenzione viene posta sui copritori, quello esterno e quello interno, che ne sono i guardiani. Ma dalla comprensione della sua sacralità e delle sue reali funzioni possiamo trarre, invece, un grande insegnamento.

L’etimologia stessa della parola ci offre già una prima interpretazione; dal latino “Porta” il cui significato originario indica un “passaggio”, un transito che conduce da una condizione ad un’altra, come ad esempio dicevano i Pitagorici: il guadare un fiume da una riva all’altra.

Interessante ricordare che sul basamento della porta ermetica di ingresso al tempio della Loggia del famoso Marchese Palombara, celebre alchimista e frates dei Rosacroce, si legge l’iscrizione in latino ‘SI SEDES NON IS’, che vuol dire ‘SE TI SIEDI NON VAI’; indicando, in tal modo, a colui che è in procinto di entrare, che il Tempio, luogo dinamico e non statico, è una via di costruzione, trasformazione e consolidamento della propria spiritualità.

Ma questa scritta rivela un ulteriore monito.

Al momento di uscire del tempio dopo aver espletato il rituale, la scritta, appositamente palindroma, che appare agli occhi dell’adepto, svela una nuova verità: ‘SI NON SEDES IS’, ovvero ‘SE NON SIEDI VAI’, ad indicare che un fratello, quando esce dal tempio, non smette di essere un iniziato, non deve sedersi sulle proprie conquiste spirituali, sulle proprie certezze, sui propri allori, ma andare nel mondo a distribuire il proprio amore, il senso di unità e di fratellanza percepito nel tempio.

Soglia come uscio, uscio come uscire, come lasciarsi andare.
Come andare incontro a ciò che succede.
Le porte esistono soprattutto per essere aperte,
per accogliere e lasciare entrare la luce, il vento,
gli altri.
Noi.
Andrea Marcolongo

L’augurio è che ogni Profano che si accinge a varcare la soglia della Porta del Tempio si ponga nella condizione che quello sia solo l’inizio di un viaggio alla scoperta non solo del futuro, ma anche e soprattutto di se stesso.

Autore Rosmunda Cristiano

Mi chiamo Rosmunda. Vivo la Vita con Passione. Ho un difetto: sono un Libero Pensatore. Ho un pregio: sono un Libero Pensatore.