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La morale è sempre quella

Morale


Io distinguerei le persone morali dai moralisti, perché molti di coloro che parlano di etica, a forza di discuterne non hanno poi il tempo di praticarla.
Giulio Andreotti

Il tema dell’obbligatorietà del diritto è uno dei classici della filosofia del diritto e della filosofia politica. Bisogna comunque ammettere che proprio in questi giorni è tra gli argomenti più battuti nell’attuale dibattito collettivo sia esso giusfilosofico – con un’ampia matrice giuspositivista – sia in quello, con non meno sfumature e diatribe, che impatta tutte le concezioni del diritto che possono legittimamente essere considerate versioni dell’imperativismo.

Diciamolo subito, l’intuizione che identifica nella coazione l’aspetto prominente del diritto è compensata dalla percezione di una connessione molto stretta tra diritto e morale, tra obbligo giuridico ed obbligo morale.

Partiamo da qui: le norme morali sono convinzioni significativamente condizionate dalla cultura. In parte fanno riferimento al fatto che un atto debba o non debba essere concretizzato. Sebbene possano mutare da una persona all’altra, in generale sono simili tra le persone che fanno parte di una stessa cultura.

Tutti noi fondiamo i nostri comportamenti su convincimenti in merito a cosa è giusto e sbagliato. Tali convinzioni ci portano a delineare specificate condotte come corrette o scorrette. Ma queste opinioni possono non essere condivise da altre persone, di conseguenza potremmo pensare che si stiano comportando male o che stanno agendo nel modo sbagliato.

Così come accade spesso che si ingarbugli l’agire moralmente con l’essere un moralista, in senso spregiativo: è morale solo colui che si comporta in maniera morale di fronte ai casi della vita; non chi si proietta semplicisticamente a giudicare, con sovrabbondante severità e ipocrisia, la moralità altrui; eccetto, poi, magari accogliere ed avere comportamenti tutt’altro che morali.

Seppure etica e morale vengano spesso confuse o scambiate come fossero esatti sinonimi nella pratica, se vogliamo essere pignoli e riferirci al significato effettivo dei due termini, dovremo più precisamente concludere che: l’etica cerca di studiare delle regole oggettive in base alle quali poter definire i comportamenti corretti e buoni; la morale è la percezione che gli individui hanno sul fatto che determinati comportamenti siano corretti e buoni.

Ecco che possiamo, allora, affermare come lo studio della legge morale universale diventi l’oggetto principe dell’analisi dell’etica. Per questo è logico dedurre che la filosofia morale è una riflessione, quasi una sorta di indagine speculativa, sul corretto agire.

Tale filosofia si pone come obiettivo quello di accertare quale sia il nostro dovere. In pratica, come devono essere inquadrate le nostre azioni per essere considerate giuste e tendenti al conseguimento del bene generale.

Dunque, come determinare il bene generale e quale sia la legge, ossia quell’insieme di norme e di regole, che dobbiamo rincorrere e accettare per attuarlo.

La morale è ovunque la stessa; non cambia in relazione al soggetto, ma tiene conto solo dell’oggetto, della realtà a cui viene accostata. L’etica si occupa anche della determinazione di quello che può essere definito come il senso dell’esistere umano, il significato profondo etico-esistenziale della vita del singolo e del cosmo che lo include. Anche per questo motivo è tradizione diversificare i termini “etica” e “morale”.

L’etica sarà allora quella parte di filosofia che si riguarda il comportamento di un singolo essere umano nei confronti di tutti i suoi simili. Laddove la morale venga intesa come quella soggettiva esistente all’interno di una singola collettività, l’individuo potrebbe – e dovrebbe – accettarne un distacco, perché il dovere è quello di agire moralmente in assoluto, e non solo all’interno del proprio gruppo.

Tornando all’aspetto normativo, possiamo dire che le ragioni che hanno portato a disinteressarsi della questione della normatività del diritto sono molteplici e, tra queste, spicca un’interpretazione troppo inflessibile ed ingenua della tesi della separazione tra diritto e morale.

Sia come sia, mettere tra parentesi il problema della costituzionalità del diritto implica il pericolo di favorire il propagare di un atteggiamento di acquiescenza acritica e di conformismo rispetto a quanto richiesto dal diritto.

Il rischio che si corre è che la mera esistenza di un ordine porti la pretesa che si ottemperi a quanto da esso richiesto, senza chiedersi se il comportamento oggetto dell’ordine possa ritenersi o meno legittimo.

A ciò va aggiunto che i giuristi, per loro natura, sono tendenzialmente favorevoli al dogmatismo. Ecco che il legame molto stretto tra diritto e morale fa sì che alcuni autori e studiosi spieghino la normatività del diritto e l’obbligo giuridico a partire dall’obbligo morale. Il primo viene dunque appiattito sul secondo: ciò che chiamiamo “obbligo giuridico” non è altro che un tipo particolare di obbligo morale.

La diatriba è complessa ma non complicata, è articolata ma non impossibile da decifrare. Ovviamente risulta più semplice oggi appellarsi all’inattuabilità che provare, non senza coraggio e dovizia di studio, a spiegarla e approfondirla.

Stiamo attraversando la tempesta perfetta tra i cultori dell’obbligo etico e gli ortodossi del diritto inappellabile. Esporsi equivale a ferirsi in entrambi i casi, allora è meglio condividere che forzare, cercare di trovare dentro ciascuno di noi una risposta coerente alle urgenze che ci stanno investendo.

Forse capendo e riconoscendo che solo le ragioni morali sono autentici criteri per agire, mentre quelle giuridiche sono, nella migliore delle ipotesi, soltanto ragioni prima facie in attesa di essere confermate o meno da parte delle ragioni “ultime”, vale a dire quelle ragioni morali.

Ma senza il diritto e una legge l’uomo cosa sarebbe e che mondo vivrebbe?

Mi riferisco alle polemiche che si stanno sollevando sull’obbligo del vaccino. In Italia, ad oggi, non esiste alcuna legge che imponga i vaccini anti-Covid come un obbligo per i cittadini.

Dunque, vale ancora, nel nostro Paese, quella parte dell’art. 32 Cost. in cui si precisa che “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario” in mancanza di una legge che lo comandi.

Esiste una responsabilità morale ma non legislativa: il punto è fortemente dolente, al non vaccinato non si può accusare di danneggiare gli altri con la propria scelta di non vaccinarsi; almeno se si fa riferimento all’esercizio di un diritto costituzionalmente valido.

Qui in ballo c’è il diritto alla libertà: di cui si avvalgono vaccinati e non vaccinati nelle loro rispettive scelte. Io parlerei di dovere: la persona che non vuole vaccinarsi ha il dovere di comportarsi in una situazione come questa che stiamo vivendo, in maniera oggettivamente responsabile.

E in questo caso, potremmo dire che mentre i diritti di libertà convalidano scelte diverse e anche opposte, i doveri di responsabilità eguagliano, richiedendo a tutti lo stesso comportamento in logica di un evento drammatico come la pandemia.

Nelle democrazie europee, a differenza dei totalitarismi, vige ormai un certo consenso sul principio liberale che non si possa imporre a nessuno di fare qualcosa sulla base del fatto che gli gioverebbe, ma si possono usare tutte le buone ragioni e tutti gli strumenti per persuaderlo nell’interesse della comunità.

Non possiamo, pertanto, fare finta di non capire che ad ogni diritto rivendicato corrisponde un dovere. Avere uno stile di vita auto-lesionista condurrebbe, giocoforza, ad una irreale presa di posizione autarchica e paradossalmente illegale.

Invece, l’accettazione per presa coscienza nella piena osservanza di regole di prevenzione, comporterebbe una civile ammissione di rispettare la vita e il prossimo.

Purtroppo, o per fortuna, nessuno è in condizione di avere l’ultima parola, ma tutti siamo chiamati a dare il proprio contributo nell’esportare la libertà delle idee, il rispetto per esse e, soprattutto, l’amore per quello che ci resta da campare.

Qui in gioco non ci sono i fantasmi di Kant, Stuart Mill o Bentham, non stiamo patteggiando per Trump o per Mattarella, stiamo affrontando un dramma nel dramma con risvolti, come spesso accade in questi casi, anche sbalorditivamente ironici. Perché alla fine, la morale è sempre quella: meglio decidere con la testa che con il passaparola.

Prima viene lo stomaco, poi viene la morale.
Bertold Brecht 

Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.

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