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La maschera di Fantozzi

cinema


L’archetipo dell’italiano medio degli anni settanta

Il cinema italiano viene spesso visto come una moneta.

Su un lato ci sono i grandi capolavori, film che hanno contribuito a far conoscere l’Italia in tutto il mondo; sull’altro ci sono i film comici, pellicole cariche di battute di dubbio gusto che, per la loro uscita a ridosso delle vacanze natalizie, siamo abituati a etichettare come cinepanettoni.

Come spesso accade, si tratta di una semplificazione ingiusta: esistono innumerevoli vie di mezzo che mostrano come il cinema italiano sia molto più sfaccettato.

Prendiamo per esempio il genere comico: accanto ai cinepanettoni compaiono film che possono a buon diritto essere considerati importanti quanto i più celebrati titoli italiani.

Basti pensare ad Amici Miei, diretto da Mario Monicelli, o a Non Ci Resta Che Piangere, interpretato dalla coppia Roberto Benigni e Massimo Troisi, entrambi giustamente considerati capolavori della commedia italiana.

In questo filone, ossia quello della comicità più impegnata, si inserisce anche la saga cinematografica di Fantozzi: il personaggio, nato dalla fantasia del comico genovese Paolo Villaggio, è stato descritto come maschera teatrale sia dall’autore che dalla critica, quest’ultima concorde nel considerare Fantozzi una satira dell’Italia negli anni del boom economico.

Il valore satirico della serie, 10 film usciti tra il 1975 e il 1999, emerge soprattutto nelle prime pellicole, che attraverso numerose scene fanno un ritratto impietoso di tanti aspetti della vita quotidiana del protagonista. Primo tra tutti, i rapporti con i colleghi di lavoro.

Fantozzi si ritrova costantemente a subire le più forti personalità degli altri lavoratori dell’azienda, in costante balia di iniziative, manipolazioni o vessazioni altrui.

La signorina Silvani, grande amore non corrisposto, manipola costantemente il protagonista, per esempio facendosi accompagnare in una fuga a Capri e in un viaggio in camper.

Ma è il ragionier Filini che più di tutti trascina il protagonista in situazioni impossibili: partite di tennis all’alba, battute di caccia, escursioni in campeggio, partite di calcio amatoriale e dozzine di altri esempi.

Le situazioni sono assurde e comiche, evocate persino in fatti di cronaca, ma il protagonista vi si ritrova perché drammaticamente incapace di opporsi, per differenti motivi, a qualunque collega.

Altra costante di comicità estremamente satirica sono i rapporti con i superiori.

Fantozzi è perennemente asservito a qualsiasi collega rivesta un ruolo gerarchicamente superiore, e quando un collega vessato persino da Fantozzi viene promosso, improvvisamente i suoi tormentatori – tra i quali lo stesso Fantozzi – si trasformano in spudorati adulatori. Tra le scene più celebri è impossibile non pensare al viaggio al casinò di Montecarlo come accompagnatore del direttore.

Oggi che i casinò sono soprattutto quelli online il contrasto potrebbe essere meno apparente, ma il lusso delle sale da gioco e la familiarità del dirigente stridono comicamente con l’impacciato protagonista.

I giochi sono comunque gli stessi che conosciamo dalle piattaforme in rete, come iltavolo della roulette, dove sorprendentemente Fantozzi vince ma solo perché la vincita sia prontamente reclamata dal suo superiore.

Anche la famosa scena della Corazzata Potiomkin si inserisce in questo filone: è un dirigente, appassionato cinefilo, che costringe Fantozzi e colleghi ad assistere a interminabili cineforum aziendali, fino a quando il protagonista ha un momento di riscossa dichiarando la sua opinione sul film, tanto più divertente perché in aperto contrasto col suo abituale atteggiamento servile.

Un atteggiamento servile che, satiricamente, scompare tra le mura domestiche. Qui Fantozzi si comporta in maniera autoritaria, ridicola proprio perché opposta rispetto alla sua abituale condotta quotidiana.

Vive un matrimonio infelice con la moglie Pina, che nonostante lo tratti con affetto viene ricambiata con freddezza da Fantozzi, fino a quando non si infatua del nipote di un fornaio.

Anche con la figlia i rapporti sono ambivalenti: viene regolarmente descritta come bruttissima, e se da un lato il protagonista mostra di provare sincero affetto dall’altro non manca di spaventarsi e persino scambiarla per una scimmia.

Più in generale, nei film di Fantozzi si trovano innumerevoli riferimenti al quotidiano e a fatti di cronaca. La passione viscerale per il calcio, immortalata in un assurdo abbordaggio tra due pullman di tifoserie avversarie; il complicato scenario politico, che provoca a Fantozzi allucinazioni dopo aver cercato di districarsi tra le diverse correnti e partiti; l’estrema religiosità, con apparizioni mistiche in momenti di particolare difficoltà; il rapporto conflittuale col cibo, rappresentato in una clinica dimagrante più simile a un carcere con annesso mercato nero di cibarie caloriche.

Non solo comicità di bassa lega, dunque: il cinema italiano si è sempre dimostrato molto ispirato anche nella comicità più impegnata, giungendo fino alle vette di satira che ancora oggi possiamo ammirare nella saga cinematografica del ragionier Fantozzi, vera e propria maschera della comicità italiana.

 

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