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La ‘Margherita’ è una… Bufalina

Margherita


Dici Napoli e pensi alla pizza, dici pizza e pensi alla Margherita, che, in realtà, esisteva da molto tempo prima di essere dedicata alla regina

La ‘leggenda narra’ che un pizzaiolo della pizzeria Brandi, alla salita Sant’Anna di Palazzo, tale Raffaele Esposito, l’abbia ‘inventata’ per la regina Margherita di Savoia nel 1880 e che nel suo intento questa pizza doveva rappresentare il tricolore con il bianco della mozzarella, il rosso del pomodoro e il verde del basilico.

Da allora, in tutto il mondo, la ‘Margherita’ è associata alla tradizione dell’arte della pizza napoletana.

Eppure, non è così, poiché le ‘vere’ pizze della tradizione napoletana sono altre: pizza alla mastunnicola, marinara, ‘nzogna e pummarole, cu ‘cicenielli e, o’ cazone ‘mbuttunato.

Inoltre, Esposito non fu neppure originale nello scegliere il nome, infatti, già nel 1830, nel libro ‘Napoli, contorni e dintorni’, l’autore, Riccio, aveva scritto di una pizza detta ‘Margherita’, che non era poi molto richiesta, e prendeva il nome dal fiore.

La mozzarella sagomata copiava la disposizione dei petali, infatti i sei ovali erano posti a raggiera circolare intorno ad una sorta di bottone tondo, che ripeteva quello centrale del fiore su un disco condito con pomodoro e basilico a fungere da stelo.

Di tale leccornia parla anche Francesco De Bourcard nel 1866. Esposito, quindi, fece una furbata. appropriandosi, a scopo ruffianesco, di qualcosa di pubblico dominio.

Torniamo ora ad illustrare i vari tipi di autentiche pizze napoletane.

Pizza alla Mastunnicola: è la prima pizza di cui si hanno notizie, ideata da un non meglio identificato mastro Nicola, che, sul finire del Quattrocento, conduceva una piccola taverna con cucina casareccia nei dintorni della centrale rua Catalana, l’odierna via Depretis, dove aprivano bottega numerosissimi artigiani che si rifocillavano quotidianamente in quella piccola taverna.

Pizza alla Mastunnicola

Quell’originaria prima pizza napoletana era composta da un disco di semplicissimo impasto condito con dello strutto di maiale, abbondante formaggio pecorino, guarnito con del basilico e cotta in forno.

Pizza al pomodoro, sugna e formaggio: è una variazione all’originaria prima pizza napoletana, apportata forse da mastro Nicola stesso, per accontentare i marinai che nelle taverne partenopee avevano fatto conoscere il pomodoro, alimento che, fino ad allora, era usato come pianta ornamentale e non ritenuta commestibile in quanto velenosa.

Pizza â marenara: costituita da sugo di pomodoro, olio d’oliva, aglio vecchio mondato e tritato finemente, origano secco e sale. Fu molto apprezzata dai marinai, ecco spiegato il perché del nome. Dato che ogni pizzaiolo condiva le pizze in questo modo, anche il tipo di sugo usato per insaporire altri alimenti, come pasta, carne e pesce, fu detto alla pizzaiola.

Pizza cu alice e cu ‘e cicenielli: evoluzione della marenara, il condimento è costituito da sugo di pomodoro, olio d’oliva, aglio vecchio mondato e tritato finemente, sale, pepe e con l’aggiunta di alici fresche decapitate nel primo caso, o un paio di cucchiaiate di bianchetti, i cicenielli, freschissimi nel secondo caso.

Pizza ‘e quatte manere: nota impropriamente anche come pizza quattro stagioni, ma in napoletano il termine ‘stagione’ si riferisce al solo periodo estivo e non ai trimestri in cui è diviso l’anno solare.

Ovviamente, è da ricordare che sul suo disco vengono aggiunti due bastoncelli di pasta posti ortogonalmente a croce lungo i due diametri fino a determinare quattro comparti che vengono conditi tutti con sugo di pomodoro, olio, sale, mentre poi ciascun comparto è guarnito in modo diverso con altri ingredienti: funghetti sott’olio, cubetti di salame e di mozzarella di bufala, formaggio e basilico, aglio vecchio tritato ed origano.

Non esistono altri tipi di pizza autenticamente napoletane oltre quelle esaminate se si escludono tre versioni, di cui le prime due autenticamente della città, mentre la terza è in uso in provincia.

Si tratta di gustosi ripieni di cui uno è detto cazone, in italiano calzone: un ripieno farcito con ricotta di pecora, pomodoro, mozzarella, formaggio e pepe, e cotto al forno.

Il secondo ripieno è detto pizza cicule e ricotta, la pizza fritta, un ripieno imbottito di ricotta di pecora, mozzarella, formaggio pepe e ciccioli di maiale il tutto salato e speziato e fritto in olio bollente.

Il terzo ripieno, in uso in provincia, appunto, che prende il nome di cannicchione, golosone: un fazzoletto quadrato di pasta di pane di circa 15 cm, che viene riempito con ricotta di pecora, provola affumicata, formaggio pecorino grattugiato, pepe, ciccioli di maiale, salame e spicchi di uova sode, il tutto distribuito e sigillato per pressione in forma di triangolo e, quindi, fritto, per circa tre minuti, in olio bollente e profondo.

Questi tre ripieni fanno parte della tradizione culinaria dei cibi di strada e hanno ispirato anche la ‘pizza a otto’, cioè mangi oggi e paghi tra otto giorni, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo.

Naturalmente, trattandosi di Napoli, non poteva mancare il rapporto tra la pizza e la Smorfia, che la indica con il numero 24, anche se, a seconda del condimento, la cifra cambia:

2 pizza napoletana;

36 pizza dolce;

37 pizza rustica;

61 pizza con sugna e formaggio;

62 con alici fresche;

53 pizza con pomidoro e mozzarella.

Non resta che gustarci una bella pizza e, perché no, scegliere i numeri più indicati da giocare al lotto.

La ruota? Ma che domande, Napoli ovviamente!

Autore Mimmo Bafurno

Mimmo Bafurno, esperto di comunicazione e scrittore, ha collaborato con le maggiori case editrici. Ha pubblicato il volume "Datemi la Parola, Sono un Terrone". Attualmente collabora con terronitv.

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