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La mano rossa dell’Ulster

Bandiera dell'Ulster


Nel 1612 fu istituito l’ordine nobiliare dei Baronetti in quello che diverrà il Regno Unito. Fu scelto come emblema da inserire nello stemma del nobilitato a quel rango la “Mano Rossa dell’Ulster”, in gaelico “Lámh Dhearg Uladh”, nello specifico quella sinistra.

Insegna dei Baronetti – da notare che la “Mano Rossa” è quella sinistra

La prima menzione, o meglio, la registrazione più antica pervenuta fino ad oggi della Mano Rossa in Ulster si ha nel 1243, quando Walter de Burgh divenne conte dell’Ulster e innalzò come bandiera per la propria contea, la croce dei de Burgh unita alla Lámh Dhearg, già simbolo dei territori dell’Ulster. Il re irlandese Aodh Reamhar Ó Néill, che governò sull’Ulster dal 1344 al 1364, scelse la Mano Rossa, destra, a proprio sigillo.

I suoi discendenti durante la Guerra dei Nove Anni (1594-1603) contro gli Inglesi usarono questo emblema anche nel loro grido di guerra:

lámh dearg Éireann abú!, La Mano Rossa d’Irlanda per sempre!

È ancora controversa l’origine di questo simbolo e da chi ne ebbe origine l’uso araldico.
In particolare, due famiglie se ne contendo l’origine: gli O’ Neill e i Magennis, Mac Aonghusa, Maguiness, Maginnis, McGinnis, McGuinness. Nei secoli vari studiosi ne hanno dibattuto, attribuendo prima all’una poi all’altra famiglia il diritto di alzarla a propria arma. Curioso fu l’anno 1689 per l’accesso dibattito che si ebbe tra gli ultimi bardi d’Irlanda.

In particolare, Diarmaid Mac an Bhaird sostenne l’origine di questo simbolo nel clan Magennis attraverso il leggendario Conall Cernach, eroe della mitologia irlandese facente parte del Ciclo dell’Ulster, del clan Uí Eachach Cobo, che innalzò la Mano Rossa come segno di vendetta per l’uccisione in battaglia di Cú Chulainn. Da quel momento i suoi discendenti hanno portato quel simbolo nel proprio stemma.

Eoghan Ó Donnghaile, al contrario, basandosi sul “Lebor Gabála Érenn”, ne asserì la paternità a Érimón, figlio di Mil, da cui discese Conn “delle Cento Battaglie” – Cétchathach, temporalmente è collocato intorno al II secolo dopo Cristo – antenato degli O’ Neill.
Si racconta, infatti, che un drappo con la mano insanguinata facesse parte dei tesori ottenuti dai Milesi, figli di Mil, appunto, dopo aver sconfitto Tuatha Dé Danann.

Stemma del clan O’ Neill

Altra storia, invece, è riportata da Niall Mac Muireadhaigh in cui se ne racconta l’origine nel clan Domhnaill. Rifacendosi al poema ‘Lámh Éireann í Eachach’, sostenne che quando i tre fratelli Colla sconfissero l’Ulster, Ulaid, posero le loro mani insanguinate sulla bandiera sottratta agli sconfitti. Da questi, po,i il simbolo della “Mano Insanguinata” seguì nel clan Domhnaill. Probabilmente, però, il poeta fece un errore interpretando “í Eachach” come “discendenti di Echu Doimlén”, padre dei Colla, anziché, come parrebbe invece essere, “discendenti di Echu Coba”, antenato leggendario dei Magennis.

Stemma dei Magennis

Quale che sia la leggenda più corrispondente alla realtà, queste mostrano un campo di battaglia come il luogo di riscoperta della “Mano Rossa” in terra d’Irlanda. Legandola al sangue della vendetta o del ricordo cruento. Questo simbolo ha, però, radici molto più antiche, come sostenuto dallo storico Francis J. Bigger, secondo il quale la “Mano Destra”, e quindi il suo uso, fu introdotto in Irlanda dai Fenici come simbolo della forza e dell’assistenza divina. È, quindi, la rappresentazione della “Dextera Dei” cioè la “Mano Destra di Dio” come tramandata dai popoli del Mediterraneo dagli Assiri ai Caldei, dai Fenici agli Islamici. Tutt’ora le culture che si affacciarono sulle sue acque utilizzano questo particolare simbolo associato in particolar modo al numero “cinque”. La hamsa o khamsa è il suo nome arabo la cui radice è proprio il nome del numero “cinque” e, di conseguenza, associandola al simbolismo numerologico, comparendo, quindi, anche nei testi cabalistici come amuleto di protezione.

Accostato alle divinità femminili Ishtar – Inanna – e Tanit nella sua funzione di protezione, fu introdotto nella cultura greca dove divenne la “Mano di Afrodite” usato per proteggere le donne dall’influsso dell’occhio del male. Alcuni hanno ipotizzato anche una connessione con la “Mano Pantea”, simbolo egizio in cui il dito indice e il dito medio stanno a rappresentare Iside e Osiride, mentre il pollice Horus. Quest’ultima divinità è presente con il suo occhio in molte rappresentazioni della hamsa, dove ricorda che l’uomo non può fuggire dalla coscienza. Il gesto della Pantea fu poi introdotto nel mondo Cristiano e lo si ritrova nelle rappresentazioni del Cristo Pantocratore.

Le sponde di quel Mediterraneo non potevano tener fuori il popolo ebraico che subito ne assimilò la simbologia, trovando particolare diffusione tra i Sefarditi e i Mizrahí. Iniziò ad essere dipinta del rosso del sangue sacrificale sulle mura delle case come invocazione della protezione divina, ricordando un verso del Deuteronomio in cui i Dieci Comandamenti sono descritti come la “mano forte di Dio” che guidò il popolo ebraico al di fuori dell’Egitto. Quell’Egitto antico che protesse il seme di Miriam a cui è dedicato uno dei modi di chiamare la hamsa: “Mano di Miriam” o “Mano di Maria”. Per gli islamici questa diviene la “Mano di Fatima”, figlia del Profeta.

In quelle terre la “Mano” divenne, quindi, “Rossa”, ricollegando i lembi del filo sbarcato nell’isola dell’Atlantico settentrionale alle coste del Mediterraneo. Ma l’universalità del simbolo la si riscontra nell’Asia indiana ed estremo orientale attraverso il mudrā dell’Abhaya.

Nella tradizione indiana ed estremo orientale l’Abhayamudrā, il “Gesto del Coraggio”, la si ritrova nell’induismo prima e nel buddhismo subito a seguire secondo cui questa posizione della mano ebbe origine quando Devadatta, geloso di Sakyamuni e dopo vari tentavi di ucciderlo, liberò un elefante affinché lo schiacciasse. Arrivato questo al suo cospetto, il santo alzò la mano destra con le dita strette l’una all’altra. L’animale fermò così il suo procedere sottomettendosi al volere di Skyamuni. Probabilmente giunse lì dalla Persia dove Ahura Mazda governava tra gli dei cingendo nella sinistra un anello e la destra aveva la stessa posizione con le dita chiuse e ritte verso l’alto, simbolo del suo potere cosmocratore.

Simbolo antico, dunque, di coraggio e protezione divina, simbolo che trasforma, trasmuta la paura. Simbolo che oltrepassò le colonne poste da Ercole per giungere sull’isola celtica, simbolo la cui potenza pose sugli stendardi e stemmi di guerrieri e famiglie regnanti divenendo “Lámh Dhearg Uladh”, la “Mano Rossa dell’Ulster”.

Autore Fabio Picolli

Fabio Picolli, nato a Napoli nel 1980, da sempre appassionato cultore della conoscenza, dall’araldica alle arti marziali, dalle scienze all’arte, dall’esoterismo alla storia. Laureato in ingegneria aerospaziale all'Università Federico II è impiegato in "Leonardo", ex Finmeccanica. Giornalista pubblicista. Il Viaggio? Beh, è un modo di essere, un modo di vivere!

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