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La lista

Lista di Proscrizione


L’uomo ha in sé una brama di odio e di distruzione. In tempi normali questa passione esiste in uno stato latente, emerge solo in circostanze insolite, ma è un compito relativamente facile chiamarla in gioco ed elevarla al potere di una psicosi collettiva.
Tratto da una lettera di Albert Einstein a Sigmund Freud

Nell’82 a.C. Lucio Cornelio Silla presentò le liste di Proscrizione, ovvero degli elenchi in cui erano pubblicati i nomi dei cittadini romani, “hostes publici” ritenuti nemici di Roma e di tutti i suoi cittadini, per lo più oppositori politici dell’allora dittatore.

Costoro furono privati dei propri diritti politici e civili, vennero allontanati dai propri incarichi pubblici, i loro beni ed i loro averi furono conquistati divenendo proprietà di Roma. Nella prima lista erano presenti 80 nomi di esponenti del ceto senatorio, di parte mariana, magistrati o ex magistrati.

In seguito, furono esposti altri due indici contenenti entrambi 220 nominativi di rappresentanti di famiglie senatorie e cavalieri, per un totale di 520 magistrati, ex magistrati, senatori e cavalieri, divisi in tre liste e colpevoli di essersi opposti a Silla. Chiunque dava loro ospitalità o aiuto poteva essere ucciso.

I discendenti dei proscritti non potevano passare a cariche pubbliche. Per effetto delle liste di proscrizione molti furono inseriti in tali elenchi ed uccisi ingiustamente solamente per vendetta personale. Si creò un clima di terrore. I seguaci di Mario che riuscirono a fuggire erano costretti a vivere nascosti e in povertà. I simpatizzanti di Silla finirono spesso con il comprare a poco prezzo i beni che lo Stato aveva confiscato ai proscritti.

Formule come “lista nera” o “lista di proscrizione” vengono ormai impiegate per le circostanze più varie, comprese le più frivole. Eppure, non è un gioco e, a volte, può rivelarsi un massacro.

Per riabilitare una delimitazione converrà dichiarare immediatamente e crudelmente che, nel loro significato profondo e originario, esse hanno a che fare con la morte, sia essa fisica o civile.

Nella storia la proscrizione ha avuto un ruolo falsamente marginale: non molti storici hanno relegato a questo fattore umano un ruolo primario nella disamina di eventi, spesso, catastrofici per l’umanità.

Se l’origine storica di queste liste di “nemici” da distanziare, ostracizzare o sterminare è nell’ostrakon, nel coccio che i cittadini ateniesi usavano per esiliare un personaggio sgradito, il blacklisting o il suo sinonimo blackballing, escludere con la pallina nera, trovò nel mondo dei framassoni inglese, dei freemasons, la propria rinascita ed ebbe, nel Nuovo Mondo, quella tragica, ma per fortuna breve, apoteosi della caccia alle streghe del New England.

Sotto l’attenta guida di pastori calvinisti eruditi nei manuali per la caccia alle consortorie diaboliche scritti dai saggi del seminario di Harvard, a Boston, i Mather padre e figlio, le comunità attorno a Salem dovevano tenere accurati registri di uomini, ma soprattutto donne, denunciate o sospettare di stregoneria, portandole spesso fino all’estrema conseguenza della lista nera, l’impiccagione o la morte sotto macigni per schiacciamento.

Fino ad arrivare al secolo scorso, quando nel 1930 venne pubblicato l’elenco dei cognomi ebraici, 1.650 corrispondenti a 9.800 famiglie, sulla rivista ‘La Vita Italiana’, e ristampate più volte in appendice ad una versione dei ‘Protocolli dei Savi anziani di Sion’. Non credo serva ricordare cosa volesse dire, al tempo delle fasciste leggi razziste, il sospetto di un cognome ebraico.

A tutti pare molto chiaro che il fantasma del complotto immaginario con la sua disarmante semplicità è sempre attraente e la tradizione dell’antisemitismo, ad esempio, è di quelle che producono sempre nuovi germogli quando se ne creano le occasioni.

Finire nelle liste nere è un destino che può colpire chiunque, perché la trasgressione, la “indegnità”, il peccato è sempre negli occhi di chi guarda. È una pistola fantasma puntata alla nuca di ciascuno di noi: basta inimicarsi qualcuno o un apparato che entri in una lista che potrebbe decapitare un’esistenza, un’idea, una coerenza.

Di questo il mondo è pieno, eppure a questa facoltà negativa e orribile dell’animo umano, si conviene affidare pochissimo valore, perché come un doppiogiochista e un incantatore, si cela dietro un rancore trasparente ed ingannevole, dietro un lessico forbito, un salotto accondiscendente della tivvù, dietro l’ignominia perbenista di certi intellettuali e giornalisti.

Il circo ha sempre il suo direttore e gli acrobati utili a distrarre il pubblico dal dolore che si nasconde, magari, dietro quelle tende polverose. E, ovviamente, ha il suo domatore: figura paradigmatica e simbiotica. È un vizietto della nostra stantia politica: questo delle liste di proscrizione è un marciume filo-ideologico, forse, frutto della esasperazione post-bellica degli anni Cinquanta. Un madrigale ipnotico, originato anche dalle purghe staliniste e degli elenchi di frange terroristiche con gli obiettivi da “ripulire”.

È un problema serio, perché attiene alla libertà di espressione e di pensiero, che alcuni tendono a sopprimere in nome della democrazia per come la intendono loro: sta qui il lato tragico e grottesco allo stesso tempo.

Eppure, oggi più che mai il nostro Paese sembra essere teatro di un conflitto civile che ci sta portando a impoverirci: gli uni contro gli altri come ad un video game oscuro, c’è già chi si è schierato e chi ha deciso i vincitori e i vinti. Chi aspetta il cadavere del nemico sulle sponde di un giornale amico, chi ha avvisato e tuonato contro, chi sbava e contrattacca, chi si appella alla libertà per distruggere quella degli altri.

Entra così in campo, uno dei principali driver per sfiancare chi non si allinea al pensiero comune, al pensiero unico e primario: “j’accuse” contro chi si schiera dalla parte del dubbio, chi vede più colpevoli in questo massacro di innocenti, chi cerca, pur stigmatizzando, la tirannia dei russi, di far comprendere dove nasce tutto questo odio e un risentimento che non si può banalizzare dietro uno slogan “Putin come Hitler”.

L’errore più grave quando hanno cercato di spiegare l’essenza del nazismo è stato quello di relegare dietro alla pazzia malvagia del Führer le cause di quel delirio che ha portato morti e sfacelo ovunque.

Come sia possibile che non si capisca che la maggioranza degli italiani non riesce a formarsi un’opinione propria della guerra perché vi è un forte rischio di vivere nell’oscurantismo sulle reali conseguenze economiche e sociali che il conflitto potrebbe avere, questo non riesco a spiegarmelo.

Magari, servirebbe l’elenco delle verità, quello che potrebbe raccontarci e svelarci mostruosità negate e rinnegate, segretate e camuffate, cancellate e depistate. La verità che certi elenchi non racconteranno mai. Le liste di proscrizione sono stalinismo e sono fascismo.

È la logica che non ci saranno mai prigionieri ma solo morti. È la negazione di fatto della democrazia, dei diritti, dell’unicità del pensiero di ognuno. Ognuno può fare una lista. Ognuno può finirvi in una. Esse sono come la guerra, meglio non iniziarle mai.

Non c’è verità abbastanza sicura da giustificare la persecuzione.
John Milton 

 

Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.

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