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La Gaiola, l’isola che porta sfortuna

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Gaiola


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A Napoli, a pochi metri dalla costa di Posillipo, in uno dei paesaggi più belli e suggestivi del mondo, troviamo una piccola isola che, in origine, faceva sicuramente parte del promontorio e dal quale fu separata in epoca romana per volere di Lucullo, tra l’altro, famoso per i suoi pranzi.
Nei secoli, l’isola ha cambiato diverse volte uso di destinazione, da sito produttivo romano a bastione di difesa del golfo, fino ad essere collegata alla terraferma tramite una teleferica. Oggi ospita un’area marina protetta.

Stiamo parlando della Gaiola.

Nella lingua napoletana con il termine Gaiola si intende una piccola gabbia che ospita gli uccelli, anche se c’è chi ritiene che il nome abbia altre provenienze.

Secondo alcuni, avrebbe origine dal latino cavea, piccola grotta, che poi è diventato caviola. Tale toponimo sarebbe dovuto alla conformazione del terreno e alle grotte presenti su tutta la costa di Posillipo.

Secondo altri, il sostantivo sarebbe stato coniato nel Medioevo sempre per la sua conformazione e deriverebbe da goletta, una piccola barca piatta.

Quest’isola ha una triste fama, quella di portare “iella” e di essere considerata una sorta di “triangolo delle Bermuda” partenopeo.

In passato, infatti, molte barche si sono schiantate contro l’isola, tra cui, nel 1916, il sommergibile Giacinto Pullino e questo tragico evento costò la vita a Nazario Sauro.

Sul finire del 1800 e con la vendita dei terreni demaniali borbonici, l’isola fu acquistata da Luigi de Negri, che vi costruì una villa, visibile ancora oggi; tuttavia i suoi affari andarono in malora e fu costretto a vendere entrambe.

Uno dei proprietari più celebri della tenuta fu lo scrittore britannico Norman Douglas, autore de ‘La terra delle Sirene’. Nel 1910 passò alla proprietà della famiglia del Senatore Paratore, anche se questi non vi abitò mai.

Con i successivi intestatari si consolida ancora di più la fama di “isola maledetta” che con la sua bellezza nasconde “sorte funesta”, soprattutto morte, prematura o violenta, dei suoi proprietari e dei familiari prossimi.

Negli anni venti del XX secolo lo svizzero Hans Braun fu trovato morto e avvolto in un tappeto e, dopo poco tempo, la moglie annegò in mare.
La villa passò così al tedesco Otto Grunback, che spirò a causa di infarto mentre soggiornava nella residenza. Sorte avversa anche per l’industriale farmaceutico Maurice-Yves Sandoz, che si uccise in un manicomio in Svizzera.

Il successivo proprietario, un industriale tedesco dell’acciaio, il barone Paul Karl Langheim, finì sul lastrico a causa delle feste che continuamente organizzava e a cui partecipavano dei “ragazzi” dietro lauto pagamento.

Infine, l’isola è appartenuta a Gianni Agnelli, che subì la morte di molti familiari, all’americano Jean Paul Getty, il cui nipote fu rapito dalla ‘Ndrangheta, e, successivamente, a Gianpasquale Grappone, che rimase coinvolto nel fallimento della sua società di assicurazioni Lloyd Centauro nel 1978.

Fu messa quindi all’asta ed acquistata dalla Regione Campania e, dal 2002, ospita l’Area Marina Protetta ‘Parco Sommerso di Gaiola’, che prende il nome dai due isolotti che sorgono a pochi metri di distanza dalla costa di Posillipo, nel settore nord occidentale del Golfo di Napoli.

Con una superficie di appena 41,6 ettari si estende dal pittoresco Borgo di Marechiaro alla suggestiva Baia di Trentaremi, racchiudendo, verso il largo, parte del grande banco roccioso della Cavallara.

Il Parco Sommerso di Gaiola, oggi, è un importante sito di Ricerca, formazione, divulgazione scientifica ed educazione ambientale per la riscoperta e valorizzazione del patrimonio naturalistico e culturale del Golfo di Napoli.

E sembra finalmente essere terminata la nomea di isola jellata.

Autore Mimmo Bafurno

Mimmo Bafurno, esperto di comunicazione e scrittore, ha collaborato con le maggiori case editrici. Ha pubblicato il volume "Datemi la Parola, Sono un Terrone". Attualmente collabora con terronitv.