Riflessioni su un brano tratto da ‘La storia di San Michele’ di Axel Munthe
In questi mesi di pandemia sembra che non ci sia via di uscita, e dico sembra, perché c’è sempre una soluzione.
Tuttavia, è facile e comprensibile abbattersi in quanto il lato economico e sociale è messo a dura prova per tutti noi.
Casualmente mi sono imbattuto in un libro scritto da un medico svedese che visse tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento a Parigi e Roma, e soprattutto ad Anacapri. Qui comprò una grossa tenuta e costruì una dimora maestosa, la villa di San Michele, che attualmente è un museo di proprietà svedese. Il suo nome era Axel Munthe.
Fu medico di gran parte della nobiltà parigina e romana, nonché dei reali svedesi, e fu soprattutto un amante degli animali, ma non un animalista. Per lui la sperimentazione sugli animali era di fondamentale importanza!
Fu anche uno scrittore e in un libro intitolato ‘La storia di San Michele’, di cui cito, di seguito, un breve passo riguardante l’importanza della fiducia, raccontò la sua esperienza come dottore.
Fortunatamente per me avevo anche degli altri ammalati, molti, e abbastanza per impedirmi di diventare completamente ciarlatano. C’erano in quei giorni molto meno specialisti di ora. Io dovevo conoscere tutto, anche la chirurgia. Ma c’erano voluti due anni per rendermi conto che non ero adatto ad essere un chirurgo, ma temo che ce ne siano voluti meno per i miei ammalati. Sebbene fossi un neurologo, ho fatto tutto quello che si può chiedere a un medico di fare, anche ostetricia ed Dio aiutava madre e figlio. Infatti, era sorprendente come la maggioranza dei miei ammalati sopportassero bene la cura.
Quando l’occhio d’aquila di Napoleone scorreva la lista degli ufficiali proposti per la promozione a generale, scarabocchiava in margine ad un nome: “ha fortuna?”. Io avevo fortuna, sorprendente, quasi magica, fortuna in qualunque cosa mettessi le mani e con ogni ammalato che vedevo.
Non ero un buon medico, i miei studi erano stati troppo rapidi, il mio tirocinio d’ospedale troppo breve, ma non c’era il minimo dubbio che fossi un medico riuscito.
Qual è il segreto del successo? Ispirare fiducia. Che cos’è la fiducia? Da dove viene? Dal cervello o dal cuore? Deriva dagli strati superficiali della nostra mentalità, o è un potente albero della sapienza del bene e del male con radici che partono dalle profondità del nostro essere? Attraverso quali canali comunica con gli altri? È visibile all’occhio, esprimibile in parole?
Non lo so, so soltanto che non si può acquistare leggendo libri, né a fianco dei letti dei nostri ammalati. È un dono magico dato ad un uomo per diritto di primogenitura e negato a un altro. Il dottore che ha questo dono può quasi fare resuscitare i morti, quello che non lo ha, dovrà sottomettersi e vedere chiamare a consulto un collega, perfino per un caso di morbillo. Presto scoprii che questo inestimabile dono mi era stato accordato senza nessun merito mio. Lo scoprii appena in tempo, perché cominciavo a essere molto vanitoso e soddisfatto di me.
La parola fiducia deriva dal latino fides, che significa “riconoscimento dell’affidabilità dell’altro”. Non è la fede incondizionata, e richiede che ciascuno di noi si esponga e rimetta nell’altro la propria vulnerabilità.
Questa parola è presente spesso nella Bibbia:
Poi il Signore disse a Mosè e ad Aaronne: Siccome non avete avuto fiducia in me per dare gloria al mio santo nome agli occhi dei figli d’Israele, voi non condurrete questa assemblea nel paese che io le do.
Numeri 20:12Nonostante questo, non aveste fiducia nel Signore vostro Dio.
Deuteronomio 1:32
I greci usavano il termine “Pistis”, Πίστις, che ha come significato la fiducia che si può dare, guadagnare, quasi ad assumere il significato di fede.
Platone nel mito della caverna afferma che i prigionieri farebbero soltanto un piccolo passo avanti se rivolgessero l’attenzione direttamente alle forme che generavano le ombre, perché resterebbero ancora nella caverna. Questa fase, la fase della Fede, è ancora una conoscenza immatura, perché i prigionieri permangono all’interno della Caverna.
La Pistis per Platone è un atto non razionale, ma per rispondere a Munthe, deriva dal cuore.
Pistis diventa per i romani Fides, la personificazione della lealtà. Nell’antica Roma, com’è noto, costituiva l’auspicabile maximum di ogni convivenza umana definita “civile”; esprimeva l’obbligo di essere osservante delle promesse fatte, con le proprie dichiarazioni.
La stessa Res Publica si reggeva sui valori di Fides, Virtus, Honos, Concordia, Libertas e Pietas e, da fine IV – III secolo a.C., essi erano personificati come divinità. Il culto di Fides sembra abbia avuto origine dal secondo re di Roma, Numa Pompilio, in un periodo successivo al 750 a.C..
La Dea Fides era raffigurata come una vecchia dai capelli bianchi, più anziana dello stesso Giove, a simboleggiare che il rispetto della parola data è il fondamento di ogni ordine sociale e politico e aveva un tempio sul Campidoglio, nei pressi di quello del re degli dei.
Il rito legato al suo culto, che avveniva il 1° ottobre, prevedeva che i Flamines Maiores, la parte apicale della classe sacerdotale, si recassero al suo tempio su di un carro coperto tirato da due animali e che il sacrificante dovesse avere la mano destra coperta da un panno bianco. Da qui, forse deriva il termine di “fiducia cieca”.
Il simbolo del culto di Fides erano due mani coperte che verranno poi impresse sulle monete di età imperiale. Il panno bianco assumeva il valore di purezza e di sincerità, che, in Massoneria, è rappresentato dai guanti bianchi.
Non solo, tale culto, per certi versi, ricorda anche il rituale di chiusura dei lavori, durante il quale il Maestro delle Cerimonie porta ai Fratelli il sacco per le proposte tacite, quello rosso, ed il tronco della vedova, quello nero, dove si dona o si prende e lo si fa senza guardare, basandosi su un rapporto di fiducia.
Ma perché una dea anziana? In questo caso è sinonimo di saggezza, di vita vissuta, un concetto molto importante per i liberi muratori quando parlano di antichità massonica. Molti saggi, da Mosè, a Platone, ad Aristotele spesso, ma non sempre, es. Socrate sileno, sono rappresentati come vecchi.
Il culto, abbandonato per buona parte del I secolo a.C., venne restaurato da Augusto, che la rese una divinità importante per gli imperatori che ricercavano, celebrandola, come fides militum, cioè la lealtà dei soldati.
Furono coniate molte monete, e ciò che mi ha colpito è come la stretta di mano incisa su di esse ricordi molto da vicino quella dei massoni!
Ma cosa è la fiducia in questo ordine iniziatico?
Nell’allocuzione del 2019, Stefano Bisi, Gran Maestro del GOI, iniziava così:
Gentilissime signore, graditissimi ospiti, permettetemi di iniziare questa allocuzione con un forte ringraziamento rivolto ai miei fratelli dell’Ordine. Mi sento onorato dal fatto che mi avete rinnovato la fiducia rieleggendomi all’incarico di Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, una vostra libera scelta che mi inorgoglisce e che mi dà forza e coraggio.
La fiducia, secondo il mio parere, è il credere in maniera anche critica e costruttiva, nel fratello che è vicino, nel sapere che lui c’è sempre. Di solito, i liberi muratori non sono parenti, hanno visioni politiche e religiose diverse, ma sono uniti in quanto si fidiano gli uni degli altri.
La fiducia viene dal cuore ed è visibile nelle azioni che ciascun fratello fa, o dovrebbe fare, verso l’altro. È un dono “magico” che la massoneria dà attraverso il percorso interiore e la crescita personale.
La frase attribuita ad Epicuro:
Non è tanto dell’aiuto degli amici che noi abbiamo bisogno, quanto della fiducia che essi ci aiuterebbero, nel caso ne avessimo bisogno
mi trova totalmente d’accordo: i massoni devono ispirare e dare fiducia a chi li circonda.
Il potere di infondere fiducia, come dice Axel Munthe, è immenso, capace di risolvere il più arduo dei problemi. La fiducia in se stessi è molto importante per le fatiche che ci propone la vita.
Ma questa, se tradita, è anche un’arma che può fare molto male, per cui bisogna fare attenzione: essa è un’azione che comporta anni, decenni per essere conquistata, ma pochi attimi per essere persa.
Non solo, bisogna fare anche molta attenzione affinché la fiducia in se stessi non sfoci in presunzione, per cui occorre giudizio.
Autore Francesco Oriente
Francesco Oriente, nato a Napoli il 14/01/1972, ha conseguito nel 1996 la laurea con lode in Medicina e Chirurgia dell’Università di Napoli “Federico II”. Ha frequentato l’Istituto di Patologia Generale svolgendo la sua attività di ricerca sui meccanismo d’azione dell’insulina. Nel 2002 ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Biologia e Patologia Cellulare e Molecolare e nel periodo 2001-2003 è stato “Postdoctoral fellow” presso il Department of Medicine della Columbia University, New York, NY, USA. Nel 2008 ha vinto il concorso per Ricercatore universitario nel settore MED/05 – Patologia Clinica. Attualmente svolge la sua attività presso l’Istituto di Patologia Clinica della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Napoli “Federico II”.