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La decadenza

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Sii sempre, in ogni circostanza e di fronte a tutti, un uomo libero e pur di esserlo sii pronto a pagare qualsiasi prezzo.
Sandro Pertini 

L’errore più banale che possa accadere è dare per scontato, oggi, che la condanna all’invasione dell’Ucraina sia più o meno unanime. Non è così. La maggior parte dei 195 Paesi del mondo non ha spedito armi, né ha aderito alla politica sanzionatoria, anzi, la Russia di Putin ha avuto anche qualche sostegno.

Ci sono stati Paesi importanti per gli equilibri economici e politici, come Israele e l’India, che non se la sono sentita di schierarsi e hanno preferito mantenere una neutralità atta a difendere gli interessi in ballo con la nazione degli zar. Anche in Europa non tutti sono allineati e vi sono dibattiti interni e scontri tra schieramenti che legittimano l’invasione o quanto meno la giustificano dietro un apparente “invasione” degli interessi delle forze che compongono il Patto Atlantico.

Una delle verità, verificabile da chiunque si prenda la briga di scorrere gli avvenimenti degli ultimi vent’anni o di guardare le mappe dell’Europa e i confini della NATO come erano negli anni novanta e come sono oggi, è che nessuno può nascondersi cosa sia veramente accaduto in questi anni e il perché di ciò che accade oggi.

Ecco che ci si batte contro un antimperialismo che, nel corso degli anni, si è trasformato in odio, si applaude a prescindere chiunque si opponga al cosiddetto Occidente. Nel difendere una guerra si offende la libertà. Eppure, essa è uno dei doni più preziosi che ogni essere umano possiede e oggi, più che in qualsiasi altra epoca storica, è un tema e un valore fondamentale della vita umana, che sta a cuore a tutti, non solo alle persone di cultura, ma anche a quelle più semplici. Diciamolo francamente, oggi è in discussione il destino delle società aperte, il destino dei Paesi che si “definiscono” democratici e liberali.

La domanda complicata a cui presto molti di noi dovranno rispondere quando la guerra in Ucraina comincerà ad avere un impatto sempre più concreto non solo sui nostri ideali, o sulle nostre bollette, ma anche sui nostri portafogli, sui nostri acquisti, sui nostri business, sui nostri gesti quotidiani è: siamo disposti a tutto pur di difendere l’ideale sacrosanto della libertà?

Veniamo da un momento drammatico e siano rimasti in esso, modificando solo la causa. Era appena ieri che ci interrogavamo perplessi sul ritorno alla normalità post pandemia. Ora che ci ritroviamo con la guerra in Ucraina, quella vera fatta di carri armati e bombardamenti, sangue per le strade e stragi di civili, affollano la mente pensieri anormali e tragici.

Dopo oltre 70 anni e due generazioni dalla fine del secondo conflitto mondiale, è finita l’illusione di un mondo al riparo da grandi turbolenze, per quanto scosso qui o là da battaglie isolate, magari terribili, ma lontane, spesso sottovalutate nelle conseguenze. Il futuro non sarà più lo stesso se, oltre la salute, anche la pace si mostra terribilmente fragile, in balìa delle volontà di un solo uomo potente, preda di ossessioni e paranoie.

Salveremo mai il valore assoluto della libertà?

Vita e libertà sono i due valori decisivi per l’esistenza di ognuno di noi: la vita è la nostra dimensione fisica, la libertà è la nostra dimensione morale. Sia chiaro, quello che sta avvenendo dimostra la necessità che l’Occidente mantenga intatto il suo ultimo vero tratto distintivo, quel complesso di norme e principi che tutelano la divisione dei poteri, il principio di legalità, il giusto processo, l’autonomia della magistratura e l’indipendenza dei giudici.

In una parola: la democrazia che non ha nulla a che vedere con il populismo giustizialista, spacciato per governo del popolo. Questo consentirebbe una decisa e ferma opposizione ad ogni deriva totalitarista e una robusta difesa delle libertà individuali.

Allora domandiamoci: quale lenta erosione in questi decenni è accaduta della nostra etica collettiva, se ciò che conta di più è il nostro benessere, alimentato dal gas russo e dal tranquillo flusso delle importazioni/esportazioni? Se la geo-economia ha preso il sopravvento sulla geo-politica? Se la nostra libertà è divenuta un diritto assoluto di fare ciò che vogliamo al momento, ma non è più intesa come dovere e come responsabilità?

Sì, c’è una decadenza morale dell’Occidente e di noi che ne facciamo parte. Ma non nasce dall’imperfezione strutturale delle nostre fallibili democrazie. Nasce dall’aver messo al primo posto della nostra scala di valori il benessere, “lo stare in pace”! Ci resta da chiederci se stiamo attraversando una lunga transizione in cui le condizioni spaziali e temporali della politica sono profondamente mutate, l’antico ordine statuale vacilla ma non è abolito, il vecchio Stato sociale degenera in Stato sicuritario e disciplinare, e il popolo dei cittadini si disgrega in gruppi, comunità e tribù.

Gli spazi vissuti e quelli di rappresentazione non si incontrano più e quello dell’impresa si frantuma e segmenta, producendo scomposizioni senza ricomposizioni. Questa crisi d’orientamento rivitalizza dottrine religiose minacciando di rovesciare la logica di secolarizzazione tipica della “modernità”.

È evidente che l’Occidente si trova dinanzi a tre sfide: la riduzione e l’invecchiamento della sua popolazione, la dissociazione fra progresso tecnologico e progresso civile e sociale, l’affacciarsi di una cyberdemocrazia che porta con sé rischi di manipolazione. Tutto dipenderà da capacità progettuale, creatività, attitudine a sperimentare nuovi modelli a percorsi per ridurre disuguaglianze sociali, assicurare lavoro, benessere, diritti umani e civili.

Ma non potrà bastare solo questo, se alla base non ci sarà l’edificazione di un esemplare di pensiero politico, che assorba la libertà come fonte unica di ispirazione. I fatti di questi giorni, in un Paese geograficamente e culturalmente molto lontano da Stati Uniti e non troppo legato al cuore dell’Europa più conosciuta e amata, piaccia o non piaccia prenderne atto, mettono a nudo come neppure gli avanzamenti straordinariamente positivi delle conoscenze scientifiche e, soprattutto, delle tecnologie possono compensare lo svuotamento di impegno delle persone e delle comunità che vivono nel cosiddetto “Occidente libero e democratico”, nel portare avanti, con comportamenti concreti e coerenti, i valori che sono alla base della nostra civiltà e qualità di vita.

E guardando al nostro Occidente ci conviene pensare che tutto quello che ha segnato la storia occidentale, le sue guerre, le sue conquiste, le sue produzioni artistiche, culturali, scientifiche, sta dentro di noi, o meglio, nell’animo di chi in esso si è ‘acculturato’. Non abbiamo bisogno di ibridazioni, destinate a rendere più difficile la convivenza sociale, ma di imporre il rispetto di quel che siamo, come quello che dobbiamo avere per altre culture, promuovendo un modo di interpretare la realtà con una visione forte di quei valori che sono e devono restare unici.

Senza dimenticare che le civiltà, come tutte le forme vitali, appartiene al “mondo organico” e, dunque, rispondono ad un principio biologico. Perciò sono dotate di un’anima che le caratterizza. Avere una storia, coltivare un destino vuol dire aderire ai dettati dell’anima.

È importante capire che l’attuale russomania non è che un sintomo del generale indebolimento della tradizione liberale in Occidente.
George Orwell

 

Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.