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La casa senza sorriso

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violenza


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La donna è uscita dalla costola dell’uomo,
non dai piedi perché dovesse
essere pestata,
né dalla testa per essere superiore,
ma dal fianco per essere uguale…
un po’ più in basso del braccio
per essere protetta e dal lato del
cuore per essere Amata.
William Shakespeare


La pandemia ha esasperato un fenomeno di per sé già inquietante: la violenza sulle donne e sui bambini. Costretti al lockdown con mariti o genitori violenti, molte/i hanno subito aggressioni e prepotenze che il virus ha oscurato.

L’uomo ha potuto mietere nuove vittime, sotto l’ombra di una minaccia infinita ha colpito e ha svuotato il suo odio verso chi è più debole.
Un rovescio rancoroso che si rivela degenerativo e compulsivamente ossessivo.

È chiaro che i maltrattanti avvertono maggiore vigore e più controllo vista la forzata permanenza in casa. Le vittime, spesso, vengono sminuite e depotenziate e, nell’isolamento, sono portate a credere ancora di più alle minacce o a piegarsi senza fiatare. Le intimidazioni più diffuse convincono chi soggiace di avere pochissime possibilità di farcela da sola.

Peggio per i bambini: inermi devono sottostare ad un atteggiamento ostile che, il più delle volte, diventa fatalmente violento.

Eppure, nella nostra cultura la famiglia è sempre stato oggetto indiscutibile di sicurezza e protezione, ma, con il Covid i contesti familiari più problematici hanno vissuto dramma nel dramma, irrobustendo negativamente la durezza e il dolore già in essere, portando ad una estremizzazione dell’abuso.

La situazione si è aggravata ma, proporzionalmente e paradossalmente, è rimasta chiusa nelle mura di una casa mostro, che ha rafforzato il terrore e ha generato nuovi fantasmi.

Prendiamo ad esempio la violenza sulle donne e certe manifestazioni sociali: il Coronavirus ha arretrato ancora di più l’Italia rispetto all’occupazione femminile, al penultimo posto in Europa prima della Grecia.

E i soggetti che non hanno indipendenza economica sono ancora più fragili, estromessi e marginalizzati. Perché essere maltrattati significa subire il potere di qualcuno sulla propria vita. Non si ha più la libertà di scegliere, pensare, agire.

Andrebbe con urgenza scardinato questo disequilibrio per restituire dignità e amore alle donne e ai bambini, dare finalmente a loro una visione realmente pulita dell’esistenza. Sarebbe un grave autogol pensare alla sola forma di assistenzialismo.

Serve meno neutralità e più prevenzione e intervento sul disagio sociale. Rischiamo stereotipismo: l’urgenza primaria è quella di anticipare ogni forma di male trasformando l’ambiente domestico. Per farlo occorre conoscere cosa succede nelle mura di casa ma serve anche dare coraggio a chi ha paura di parlare.

Se continuiamo con le sole campagne, con i movimenti di attivisti il rischio che si corre è di affidare ad esterni un grado di responsabilità inaccettabile.

La politica e le istituzioni devono prendere consapevolezza del fenomeno con maggiore determinazione e intervenire con durezza, inasprendo le pene e le sanzioni. Riconoscendo reati e non dare alibi o ulteriori bonus al male a chi è violento. Quest’ultimo ha anche la capacità, spesso sorretto da scellerate interpretazioni della nostra giurisprudenza, di spostare la responsabilità dalle sue malfatte a quella di chi li patisce.

Provocazione, equivoco sono i parametri su cui alcuni processi hanno reso ingiustizia a chi è stato danneggiato. Rovesciando ogni legittimo diritto. Vi è un focus sulla donna e sui suoi comportamenti che rasenta il ridicolo oltre che l’orrore. Questa si trova a dover dimostrare di essere degna di ricevere sostegno.

Del resto fino al 1981 il Codice penale concedeva uno sconto di pena per il delitto d’onore all’uomo che uccideva la moglie fedifraga. Era riconosciuto più il valore della violazione subita dall’uomo nella sua proprietà, piuttosto che la donna come soggetto di diritto. E abbiamo dovuto aspettare il 1996 perché lo stupro fosse considerato un reato contro la persona e non contro la morale pubblica.

Oggi non possiamo negare che l’attenzione è alta ma sarebbe sbagliato pensare che oltre non si può andare: la società va avanti e con essa il torpore e l’irrigidimento delle nostre leggi rischiano di mortificare anni di lotta e di conquiste.

Serve coniugare il diritto agli sviluppi della società, vedi esplosione dei social e del porn revange. Non ci dimentichiamo che l’empowerment femminile è un asse determinante e trasversale che tocca tutti gli ambiti.

Le donne sono più della metà della popolazione e l’ampliamento dei loro diritti porterebbe anche a una crescita economica. La loro partecipazione al mercato del lavoro, secondo una ricerca del World Economic Forum, farebbe aumentare il PIL mondiale fino al 35%.

Dal sito dell’UNICEF leggiamo che, secondo un recente Rapporto ISTAT, il 69% delle donne vittime di violenza che si rivolgono al numero verde 1522 – messo a disposizione dal Dipartimento pari Opportunità della Presidenza del Consiglio – dichiara di aver figli, di cui il 59% minori.

Nel 62% dei casi le vittime affermano che la prole ha assistito alla violenza e, nel 18% dei casi, l’ha anche subita. La percentuale di vittime che dichiarano episodi di violenza assistita passa dal 57,5%, sul totale di quelle con figli per anno, al 67,4 %.

Ancora più drammatica appare la crescita di percentuale di coloro che dichiarano che gli episodi di violenza si siano rivolti anche ai minori.
Il numero delle vittime che afferma che la violenza subita ha riguardato anche i figli passa da 836 a 1.084.

Durante il lockdown sono state 5.031 le telefonate valide al 1522, il 73% in più sullo stesso periodo del 2019. A chiedere aiuto sono 2.013, +59%.
Le denunce per maltrattamenti in famiglia sono diminuite del 43,6%, quelle per omicidi di donne del 33,5%, tra le quali risultano in calo dell’83,3% le denunce per omicidi femminili da parte del partner.

Sulla violenza domestica in cui i bersagli sono i bambini va affrontato anche il capitolo dedicato all’assistenza. Studi sulle epidemie del passato confermano l’impatto distruggente che le crisi sanitarie possono avere sulla volontà e capacità di denunciare le violenze sui minori e sulla fornitura di servizi correlati.

In numerosi Paesi sono stati sospesi anche i programmi per la prevenzione della violenza, l’accesso da parte dei minorenni alle autorità garanti, nazionali o locali, per la tutela dell’infanzia e i numeri di assistenza telefonica.

Torna necessario, quindi, attribuire maggiore spazio alle politiche di settore dedicate all’infanzia e all’adolescenza, anche attraverso una raccolta dati consolidata e interventi di formazione degli operatori che seguano approcci olistici e omogenei sul territorio nazionale, anche tenendo in considerazione gli standard internazionali.

E occorre strettamente in correlazione, fornire attraverso il diritto una più ampia protezione e difesa di queste esistenze maltrattate, riconoscendo loro un percorso di vita alternativa, strutturando un flusso privilegiato di cambiamento radicale dei canoni delle loro urgenze, investendo in strutture e in competenze che possano sostenere un quadro dinamicamente complesso e articolato.

I bambini prima di tutto. Negare a loro anche un solo giorno di sorriso sarebbe il più grave reato che un uomo di coscienza commetterebbe. Ad essi dobbiamo dedicare il nostro più importante sogno, realizzando un futuro che abbia intrinseco il significato del rispetto alla vita. Solo così costruiremo generazioni che sapranno amare e insegnare ad amare, altrimenti ci spetteranno il silenzio e l’oblio.

È dovere di tutti costruire una nuova casa, dimensionata sulle loro necessità, sulle loro aspirazioni e sui loro furori: perché una casa con un bambino o con una donna che subisce violenza, è una casa senza sorriso e senza luce.

Un bambino è l’opinione di Dio che il mondo deve continuare ad esistere.
Carl Sandburg

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Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.