Esperimenti spaziali e tecniche innovative per combattere l’osteoporosi
Stamane, 8 settembre, ore 11:00, a Palazzo Santa Lucia a Napoli, Regione Campania, ALI, Aerospace Laboratory for Innovation, DAC, Distretto Aereospaziale della Campania, Dipartimento di Biologia dell’Università Federico II, Nanoracks Europe, hanno presentato la missione aerospaziale ‘ReADI FP, REducing Arthritis Dependent Inflammation First Phase’.
Un esperimento di biologia di grande valore scientifico, ideato dal professor Geppino Falco, del Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, che, partito dalla Terra si è poi spostato a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, ISS, con l’intento di sconfiggere l’osteoporosi, patologia molto comune anche tra gli astronauti.
L’osteoporosi è un processo che comporta la perdita di funzione di un tessuto importante come quello scheletrico. La forza di gravità, come è noto, influenza anche il corpo umano. La condizione di microgravità nella quale vengono a trovarsi gli astronauti nello spazio, fa sì che, già nei primi 14 giorni, una grande quantità di calcio venga preso dalle ossa ed espulso attraverso le urine.
Durante questa fase è come se l’organismo percepisse l’assenza di gravità e, di conseguenza, agisse alleggerendo un apparato scheletrico sovradimensionato rispetto alle nuove condizioni di microgravità in cui il corpo viene a trovarsi.
I muscoli, poi, non sottoposti al carico di lavoro abituale, diminuiscono il loro volume, andando incontro a ipotrofia. Uno dei maggiori ostacoli al progresso dei programmi spaziali, è dovuto proprio a questa patologia.
Avviciniamo il prof. Geppino Falco, docente di Biologia applicata alla Federico II, che esordisce:
L’osteoporosi è una patologia che viene accentuata da alcune condizioni tra cui lo stress cellulare.
Il mio gruppo ed io ci occupiamo di rigenerazione cellulare che è un processo che accomuna varie patologie. L’osteoporosi fa dannare gli astronauti proprio perché l’ambiente in cui operano, sollecita questo tipo di stress.
E, dunque, avete voluto approfittare di questo ambiente di sollecitazione e stress per studiarne meglio i meccanismi?
Lo studio consta di tappe; la prima era di tipo tecnico, molto impegnativo, una sfida ingegneristica che è stata superata, visto che l’esperimento procede in modo molto positivo.
Dal punto di vista biologico, invece, bisogna attendere ancora, poiché avremo i risultati entro la fine di ottobre o novembre.
Aspettiamo il rientro di questo payload, un laboratorio portatile. Al suo interno ci sono delle cellule che hanno subito questo stress e che andremo a studiare per capire se ci sono delle evidenze che ci aiuteranno a comprendere il processo fisiopatologico.
Potremmo, quindi, avere buone speranze per la cura dell’osteoporosi anche noi comuni mortali?
Questi sono soltanto studi pilota. Bisogna attendere e capire. Le ricadute sicuramente ci saranno, ma non possiamo dire quando, soprattutto se vogliamo riferirci a un eventuale scopo terapeutico.
Sulla missione ReADI FP che ha permesso di studiare il problema dell’osteoporosi degli astronauti sentiamo Marco Fabio Miceli, ingegnere di ALI, che sottolinea:
ReADI FP è l’acronimo inglese di ‘Reducing Arthritis Dependent Inflammation First Phase’ ed è un progetto ingegnerizzato da ALI, dalla storica società spaziale Marscenter, ideata e guidata dal prof. Falco.
Le attività logistiche, invece, sono state invece dalla società Nanoracks Europe.
Siamo partiti il 17 agosto con il team di ingegneria di ALI e il team di biologia della Federico II e siamo rimasti a Cape Canaveral, in Florida, per due settimane poiché il lancio era previsto per il 28 agosto.
Però, come sempre accade, ci sono stati piccoli imprevisti dell’ultimo minuto che, fortunatamente, abbiamo poi risolto.
Quello che abbiamo dovuto fare alla base J. F. Kennedy ha riguardato l’assemblaggio di tutto l’hardware che abbiamo realizzato in un anno di lavoro. Abbiamo avuto a disposizione un laboratorio all’interno del Kennedy per poter effettuare tutte le operazioni di piastratura delle cellule, per farle crescere fino al punto in cui a loro serviva per poter effettuare l’esperimento in microgravità.
Dal canto nostro, invece, abbiamo dovuto verificare, quotidianamente, che non ci fosse alcun problema negli hardware che avevamo realizzato. Gli ultimi giorni poi sono stati spesi per integrare tutto, montare e consegnare alla NASA.
Come si svolgono i test?
Si effettuano in una piccola scatola mantenuta a temperatura costante, che funge da incubatrice con, all’interno, dei microinfusori che servono ad iniettare, in modo controllato, il biocollagene a base di resveratrolo, in una linea di cellule staminali.
La cosa interessante è che l’esperimento è eseguito in modo autonomo e automatico.
Proprio così e richiede dalla Terra solo l’invio di comandi di alimentazione elettrica. Se le cellule risponderanno positivamente agli stimoli, dovrebbe verificarsi un rallentamento dell’apoptosi, ossia della morte precoce delle cellule che costituiscono l’impalcatura scheletrica.
L’analisi molecolare avanzata in condizioni di microgravità si spera possa rappresentare un modello di studio innovativo, i cui risultati potrebbero contribuire ad aprire nuovi scenari nella comprensione, nella prevenzione e nel trattamento dell’osteoporosi non solo degli astronauti, ma anche di pazienti comuni.
Le iniziative in cantiere riguardanti la Campania sono tante, come ci racconta Luigi Carrino, Presidente del Distretto Aerospaziale della Campania, DAC:
Ce sono molte e riguardano sia l’aeronautica, sia lo spazio e sia i processi e i prodotti. Stiamo guardando con grande impegno e abbiamo dei contratti di sviluppo per l’ipersonico che sarà il nuovo modo di viaggiare a velocità di molto superiore a quella del suono e su traiettorie molto alte che rasenteranno lo spazio.
Stiamo guardando ai droni, con tutte le loro applicazioni, alla urban mobility per alleggerire il traffico cittadino, ai microsatelliti, che ci servono per le comunicazioni, per l’osservazione dell’ambiente, per la sicurezza delle persone.
Stiamo impegnando moltissime risorse sulla digitalizzazione dei processi di produzione per rendere le nostre imprese più competitive in un periodo della storia dell’economia che vede le aziende trasformarsi in industrie digitalizzate.
Le conclusioni della giornata, da buon padrone di casa, le ha tratte il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, che ha sottolineato:
Siamo veramente orgogliosi di aver aperto una linea di sviluppo e della ricerca nel campo aerospaziale, che dovrà servire a valorizzare le industrie campane, che sono una eccellenza mondiale nel campo della produzione dei nanosatelliti e di tecnologie spaziali.
È un settore nel quale noi investiremo altre risorse poiché in questo settore la Campania può davvero essere all’avanguardia nel mondo.
Ma qual è il significato che lei dà alla parola aerospaziale?
Aerospaziale significa ricerca, creazione, costruzione di droni per la mobilità urbana, sperimentazione in condizione di non gravità, di farmaci, di terapie innovative.
È veramente un campo di innovazione nella ricerca, nella produzione, nella creazione di lavoro qualificato nel quale intendiamo impiegare sicuramente risorse rilevanti.
Sul piano della ricerca seguite tre linee, giusto?
Ci focalizziamo sulla ricerca sul cancro, sulla quale abbiamo impegnato140 milioni di euro, sulla ricerca aerospaziale e su quella riguardante l’uso dell’idrogeno.
Proseguiremo con questi progetti, continueremo a finanziare queste tre linee di ricerca augurandoci di poter conseguire, come già abbiamo fatto nel campo spaziale, risultati scientifici davvero di grande interesse.
Autore Antonella di Lello
Antonella di Lello, giornalista radiotelevisiva e sportiva, specialista in pubbliche relazioni. Etologa ed educatrice cinofila.