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‘Io rimango in contatto’, aiuto psicologico all’epoca del Covid-19

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Coronavirus


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La ‘paura’ come opportunità trasformativa

Riceviamo e pubblichiamo.

Non farsi prendere dal panico vero e proprio ma lucidamente e con distacco cercare di reagire per quanto possiamo sono le prime indicazioni di un interessante studio condotto da una psicologa e psicoterapeuta romana: Claudia Cestoni.

La dott.ssa con il suo ‘Io rimango in contatto’ ci conduce per mano in un percorso utile dove esamina prima di tutto la sensazione di stress numero uno dovuta alla: paura diffusa del virus conosciuto come Coronavirus arrivato in Italia e in tutta Europa nei primi mesi del 2020. Considerazioni queste che arrivano da studi scientifici e dall’esperienza clinica della psicoterapeuta.

Dovunque, in questo momento, leggendo articoli che parlano degli effetti psicologici del Coronavirus, si legge la parola ‘paura’. La paura è l’emozione predominante, lei, la più primordiale della nostra specie. La paura, insieme a tristezza, gioia, disgusto e rabbia, è una delle emozioni fondamentali degli esseri viventi, ci mette in guardia dai pericoli e ci spinge alla sopravvivenza.

Il Galimberti così la definisce:

Emozione primaria di difesa, provocata da una situazione di pericolo che può essere reale, anticipata dalla previsione, evocata dal ricordo o prodotta dalla fantasia.

Il 9 marzo del 2020 la paura è divenuta reale: il governo ci ha comunicato che tutto il nostro paese, l’Italia era da considerarsi zona rossa, una zona di pericolo; il virus si è diffuso più velocemente di quanto potessimo immaginare e quel famoso modo di dire: “tanto passerà, tanto si fermerà, non succederà proprio a me, non succederà proprio a noi”, invece è arrivato in una stretta di mano, in un sorriso, abbraccio, sulla maniglia della porta di un bar, nelle scuole, in un qualunque centro commerciale, di una qualunque giornata di primavera, nell’aria il virus è arrivato e ci ha colti impreparati, spaventati.

Lui, così piccolo, invisibile, incontrollabile e pure così tanto potente da aver messo il nostro Paese con le spalle al muro! Dovete rimanere in casa! No contatti! Questo ci stanno dicendo, questa è la nuova disposizione che la presidenza del Consiglio dei Ministri con un decreto firmato la sera dello scorso 9 marzo 2010 ha imposto al nostro Paese in ogni regione.

Una delle reazioni più tipiche in questi casi è sperimentare la paura. Paura per qualcosa di sconosciuto che sfugge al nostro controllo e che è strettamente legato alla paura della morte, della finitudine. Se non la provassimo non riusciremmo a metterci in salvo dai rischi. È positivo dunque provare paura? Sì, perché ciò ci attiva e ci permette di mantenere il contatto con la realtà e proteggerci. Se al contrario non riusciamo a gestirla, rischiamo di perdere il controllo e il Coronavirus viene percepito come un pericoloso nemico che pervade tutto, rischiamo così di attuare comportamenti impulsivi e sviluppare disagi psicologici che possono compromettere la nostra Salute Psicologica.

La paura è la base di tutte le risposte dell’ansia. Quest’ultima si presenta come un’apprensione e tensione causate dal presagio di un pericolo imminente, razionalmente sconosciuto. La tensione/destabilizzazione genera stress. L’ormone dello stress è il cortisolo. Se lo stress è limitato nel tempo allora si parla di ‘eu-stress’ se prolungato si parla di ‘di-stress’.
Gli ormoni come le endorfine, ormone del piacere, l’ossitocina, ormone dell’amore e del rilassamento, e la serotonina, ormone del buon umore, per esempio, possono abbassare i livelli di cortisolo e produrre benessere mantenendo una condizione di eu-stress.

Eventi da noi percepiti come piacevoli ma tuttavia molto impegnativi dal punto di vista psicofisico, vedi la nascita di un figlio, sono positivi, perché accompagnati dalla produzione di endorfine che riducono la produzione di cortisolo e danno sensazione di piacere, in questo caso rimaniamo nel benessere psicologico; invece, quando l’ansia si trasforma in stress negativo o ‘di-stress’, aumentano i livelli di cortisolo.

Ne deriva, come nella situazione che stiamo vivendo, rispetto al contagio del Covid-19, che possono insorgere, forme di ansia come panico, ansia generalizzata, ipocondria. Il pericolo di contagio anziché essere vissuto come circoscritto viene generalizzato tanto che ogni situazione viene percepita come rischiosa e preoccupante. In altri casi si può sviluppare una situazione di ipocondria, intesa come eccessiva preoccupazione per il proprio stato di salute, percependo così, ogni minima sensazione proveniente dal nostro corpo, come sintomo del Coronavirus.

In altri casi ancora si assiste ad una vera e propria psicosi collettiva in cui l’emotività atavica del singolo può divenire un fenomeno pandemico, e viceversa.

Mente e corpo reagiscono.
Quando abbiamo paura, ma non sappiamo di cosa o di chi, il livello della paura aumenta, al contrario, quando conosciamo la fonte della nostra paura, questa decresce. La conoscenza ci permette di orientarci e di capire come muoverci. Essa rappresenta una fonte di rassicurazione fondamentale per rimanere lucidi e bene ancorati alla realtà.

Mi piace parlare dell’importanza di rimanere presenti a se stessi. In questo è importante non perdere il contatto con la nostra consapevolezza corporea, la paura è strettamente connessa, come le altre emozioni, al nostro corpo.

La consapevolezza serve per mantenerci costantemente aggiornati su noi stessi.
Polster e Polster, 1986, p. 205.

Essere consapevoli del proprio corpo in funzione delle cose che sappiamo e che facciamo è sentirci vivi. Questa consapevolezza è parte essenziale della nostra esistenza come persone attive e inebrianti.
Michael Polanyi, cit. in Polster e Polster, 1986, p. 201 

Ognuno di noi reagisce anche a seconda delle proprie strutture di personalità alla paura mettendo in atto strategie difensive adeguate e non per auto – rassicurarsi.

La Cestoni sottolinea:

Sui social, nelle chat e nelle consulenze online che sto svolgendo da casa, con i miei pazienti, ho notato che: alcuni hanno negato la gravità del problema continuando ad andare a lavorare senza osservare le disposizioni cautelative; altri hanno spostato sul cibo, sulla coppia, sul lavoro o su un altro problema fissandosi su di esso piuttosto che sul virus; altri ancora hanno aumentato i propri riti ossessivi e compulsivi con lavaggi continui delle mani e del corpo e con acquisti di Amuchina e mascherine a dismisura; c’è chi ha evitato distraendosi in cucina, nelle pulizie di casa, leggendo, facendo piccoli lavoretti in casa ecc; molti hanno banalizzato il virus considerandolo come una semplice influenza che mai avrebbe potuto contagiarlo/a reagendo dunque con un senso di onnipotenza.

C’è chi ha razionalizzato ed ha reagito adottando schemi continui in casa. C’è chi ha reagito con sospettosità e diffidenza pensando che era tutto un complotto; C’è chi ha reagito andando contro tutte le regole disposte dal governo, in modo anarchico, o catastrofizzando la situazione futura dell’Italia al punto da esagerare la ricerca di informazioni sul Covid-19: chi già si isolava da tempo, si è nascosto ancora di più sotto le lenzuola del proprio letto, annullandosi, senza dare più un senso alla propria vita.
Tutto questo con un comune denominatore: controllare la paura ed allontanare l’angoscia di morte.

Un vademecum su:
Come gestire la paura e trasformarla in una risorsa
Ciò che ritengo importante per una sana gestione psicologica dell’epidemia da Coronavirus, è innanzitutto evitare due errori possibili: ingigantire o negare il problema.

Di seguito alcune indicazioni che ci possono aiutare in questo momento:

1. È importante saper accogliere e accettare la paura e capire cosa ci fa paura di un determinato evento.

2. È importante informarci perché ciò funge da bussola per sapere come poterci orientare, ma limitar la ricerca di informazioni non superando le 2 volte al giorno.

3. È importante sentire il nostro corpo rimanendo in contatto con esso: Sento paura, dove la sento, in quale parte del corpo.

4. È importante esprimere le proprie paure condividendole con gli altri, la parola e l’ascolto sono entrambi potenti mezzi di cura.

5. È importante non perdere la propria routine e di conseguenza strutturare le nostre giornate organizzando il tempo per noi e per i nostri figli. Programmare la sveglia, vestirsi comunque anche se non usciamo ecc.;

6. È importante mantenere i contatti sociali attraverso videochiamate, social, telefonate ai propri amici, famigliari e colleghi di lavoro.

7. È importante scrivere un diario depositando su di esso paure, riflessioni. Esso rappresenta un valido strumento per contenere l’ansia e dunque desomatizzare.

8. È importante dare un senso a tutto questo attraverso la propria creatività.

La trasformazione è un processo creativo. Il termine ‘Trasformazione’ composto da due parole, ‘Trans’ (al di là di…) e ‘Formazione’ (da ‘Forma’, ‘Aspetto’) sta ad indicare che ogni ‘Forma’, materiale e immateriale, subisce un mutamento nel corso dello spazio e del tempo che la stessa forma occupa e percorre all’interno dell’universo.

Ma cosa è necessario fare per attuare una Trasformazione consapevole? Molta importanza ha la creatività. La nostra mente creativa inizia a produrre strategie alternative che possono sviluppare nuove possibilità di scelta che altrimenti non riusciremmo a vedere in situazioni di disagio e stress. La paura, dunque, può essere trasformata in una risorsa?

Sì, le domande da porci sono, per esempio:

perché in questo momento della mia vita… come posso utilizzare la paura in modo positivo? …E che cosa la posso far diventare attraverso la mia creatività?

Molti dei miei pazienti, amici, genitori, colleghi in questo momento mi dicono che stanno riscoprendo vecchie passioni, ora che si sono fermati stanno prendendo consapevolezza di ciò che hanno trascurato o di ciò di cui hanno veramente bisogno. Chi non giocava più con i propri figli ora si ritrova a creare cartelloni, travestirsi, ritornare un po’ bambino… chi scappava dalla coppia, dai problemi si ritrova in un faccia a faccia con se stesso e con l’altro e a prendere delle decisioni ecc..

La paura è un’opportunità. La paura è un inizio, un reset, da cui ripartire per fare qualcosa di diverso. Io stessa, come donna, come madre e come psicologa, sto cogliendo la mia opportunità di vedere ciò che prima era confuso, sopito e questo articolo per me è la possibilità di riscendere in campo, trovare nuovamente una motivazione rispetto alla professione che ho scelto con amore e passione tanti anni fa e trasformare cosi la mia paura di oggi, di questo virus, in qualcosa di utile per voi e di riconquista.