Come ci si esprimeva nella Grecia Antica?
Vediamo se riesco a stupirvi, a suscitare in voi la sensazione dell’inatteso.
Oggi, tutti noi, abbiamo il singolare – io, tu, egli – e il plurale – noi, voi, essi – e, fin qui, nessuno sbigottimento suppongo.
Gli antichi greci, però, non da tutti è risaputo, avevano singolare, plurale e duale, perciò anche il: noi due, voi due, loro due e non lo usavano come mero principio matematico, tutt’altro, poiché il duale era una questione, oserei dire, romantica.
Mi spiego meglio.
Se io bevo una birra al bar e, a pochi passi da me, c’è un signore che beve anche lui una birra, voi potrete dire che ci sono due persone, in totale, che bevono due birre, e la questione è semplicemente matematica, trattasi di plurale.
Ma se io e te, che siamo grandi amici, oppure innamorati, oppure ancora compagni di vita e di ideali e ci mettiamo insieme a sorseggiare una bevanda calda, a bere un bicchiere di vino, un caffè o anche solo un po’ di acqua, quanti saremo, secondo i greci e Platone?
Ebbene, amici miei ,è arrivato il momento di meravigliarci, poiché il totale sarà uno.
In questo caso, infatti, con il duale, uno più uno fa ancora uno, con due elementi, poiché l’affetto, la solidarietà, la passione comune generano perfetta unione e non si può più parlare né di singolare né di plurale.
Non stropicciatevi gli occhi rimanendo di princisbecco, poiché l’amore è fuor di ogni ragione, da ogni calcolo matematico, è atopico, cioè senza luogo, come tutti i folli.
E tanto per rimanere nell’aspetto duale greco diremo anche che l’uomo è uno ma la donna è due poiché quest’ultima conserva in se stessa la capacità di generare la vita, quindi con il potere di donare l’esistenza, attraverso la nascita, o la morte, abortendo.
Nei tempi che furono, forse nemmeno troppo lontani, gran parte dei matrimoni venivano celebrati a scopo economico e programmato.
Capitava, di frequente, che un sovrano, magari anziano e malandato, sposasse una giovane fanciulla, nobile e di altro Stato, per consolidare o creare un’alleanza.
I due la prima notte di nozze dovevano dormire nello stesso letto e qui il verbo dormire è decisamente il più appropriato, giacché, non di rado, il sovrano era ormai troppo vecchio per essere assorbito dalle voglie.
Perché, allora, unirsi comunque nello stesso letto?
Simbolicamente questo gesto rappresentava il sodalizio di due potenze; la potenza del sovrano, che aveva potere di vita e di morte sui suoi sudditi e sugli eventuali nemici, e la potenza della moglie, la quale aveva il potere di generare la vita.
Occorre aggiungere, però, che a livello inconscio, tale potere, nella donna, non le ha fatto un gran bene in ordine alle sue convinzioni di poter anche cambiare la vita degli altri.
Quando si innamora dell’uomo sbagliato si accorge perfettamente di avere a che fare con un maschio aggressivo, violento e psicologicamente disturbato, ma la sua capacità naturale di donare la vita le fa credere anche di poter modificare la vita degli altri e, così, costringendosi in folli tentativi per migliorare il partner, non abbandona la relazione ai primi segnali di una possibile tragedia.
Si usa spesso dire che la femmina abbia uno “spirito da crocerossina”, ma non è sempre la bontà a muoverla nella direzione sbagliata.
La paura di rimanere sola e la presunzione di poter cambiare la vita degli altri sono una tragica trappola della quale spesso non si avvede.
Come rispondere, perciò, quando qualcuno si rivolge a voi chiedendovi cosa occorra fare per cambiare un partner, un figlio ormai grande, un amico o un collega di lavoro?
Prendete nota e chiedetegli:
Ci sono cose di te che non ti piacciono, ma che non riesci a modificare nonostante i tuoi sforzi e i tuoi tentativi?
Di solito la risposta, se si è sinceri con se stessi, è sì, per cui continuate:
Ecco vedi? Se non riesci a cambiare talune cose che di te non piacciono, nonostante ti ci sia messo d’impegno da tempo e quindi nonostante tu desideri modificarle, come puoi pensare di riuscire a cambiare qualcuno che non abbia nessuna intenzione di cambiare e che desideri rimanere con tutti i suoi difetti poiché si piace così com’è?
Se bussi e non ti viene aperto, se tendi una mano e ti viene rifiutata, scendi dalle tue illusioni, rassegnati e non darti più inutilmente pena.
Cambia solo chi ha deciso autonomamente e liberamente di cambiare, e con molta fatica.
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Autore natyan
natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.
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