Home Territorio Intervista a Vincenzo Cimino

Intervista a Vincenzo Cimino

7700
Ceravolo, Conte, Falco, Cimino, Campitiello.


Download PDF

Cresce il sodalizio tra Campania e Molise

Raggiungiamo Vincenzo Cimino, 40 anni, laureato in Giurisprudenza, diplomato in Flauto, Didattica, e Musica da camera, tre master di I e II livello come docente, giornalista professionista – critico musicale, Consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, membro della Commissione giuridica, del Corecom Molise e portavoce del Presidente della Provincia di Campobasso.

Vincenzo Cimino ha lavorato a Nuovo Molise, il Quotidiano del Molise, Tvi Teleisernia, Trc, Teleregione Molise, Linea, L’Officina di Linea, Area, ha diretto La Gazzetta del Molise, Tutto Molise e il mensile Perché? Ha collaborato in uffici stampa e curato campagne elettorali di politici di livello nazionale, europeo, regionale e provinciale.

Consigliere Cimino, un Cnog in prorogatio rinnova le commissioni e cresce il sodalizio tra Molise e Campania.

Nel ringraziare la testata per la gentile ed inaspettata ospitalità, mi sento di esprimere in primo luogo un sincero in bocca a lupo per l’azienda, il direttore ed il corpo redazionale. In un momento di grande difficoltà e congiuntura economica, noto il proliferare di tante testate telematiche, dal che non si evince necessariamente un miglioramento dell’offerta in termini di qualità. Nel vostro caso, posso sbilanciarmi nell’affermare che il prodotto mi piace e rispetti le norme deontologiche.
Ovviamente, se lo desiderate, potrò aggiornarvi sulle cose più eclatanti che si verificano nel Cnog a Roma, grazie alla vostra vicedirettrice, molisana e profondamente a dentro le questioni ordinistiche.

Ritornando alla domanda: esiste un accordo che parte dalla stima e che finisce nella programmazione e nella collaborazione intensa tra Molise e Campania, da almeno 7 anni. Non a caso ebbi modo di dire in un publico dibattito a Pagani 4 anni fa, che mi sentivo l’11 consigliere borbonico, più che il primo eletto in Molise. A tal riguardo, nel confermare che parlo anche a nome dell’altro collega molisano del Cnog Cosimo Santimone, vorrei comunicarvi, e siete i primi a saperlo, che il leader dei giornalisti campani Mimmo Falco, mi ha insignito del ruolo di segretario generale Mugi per il Molise. Questo in virtù dei prossimi appuntamenti e delle scorse elezioni in seno all’Inpgi. Una nomina che mi ha rallegrato e dato maggiori responsabilità.

Molise e Campania uniti anche all’Inpgi?

Il Molise è stata la regione che ha raggiunto il risultato legato all’affluenza più alto d’Italia e risultati bulgari per la triade candidata all’Inpgi 2. Le cifre parlano chiaro: su circa 90 aventi diritto al voto, il campano Vittorio Falco ha ottenuto 73 preferenze. I candidati di liste minori mi pare si siano fermati a scarsi 5 voti. Nessuno conosceva Vittorio Falco, Orazio Raffa ed Ezio Ercole per noi erano dei nomi e basta… eppure i colleghi hanno seguito le indicazioni suggerite.

Ora il piccolo Molise può contare su dei punti di riferimento che prima non aveva. Dalle iscrizioni, alle prestazioni, ai bandi, alla disoccupazione, ai prestiti, possiamo avere degli interlocutori.

Da soli non saremmo andati lontano. Calcolando che per essere eletti occorrono circa 1000 voti, dove può ambire una piccola regione con scarsi 90 votanti?

Parliamoci chiaro: la Campania conta scarsi 9000 pubblicisti: il Molise 550, 2000 professionisti, noi scarsi 70. L’accordo con pari dignità serve più a noi che a loro, quindi grazie grazie grazie.

Siete in prorogatio sino a quando?

Non lo sappiamo nemmeno noi. Avremmo dovuto votare a maggio ma il premier ha inserito nel mille proroghe un piccolo passaggio che non ci ha consentito di rinnovare il Cnog come i consigli regionali. Di conseguenza siamo in prorogatio fino a dicembre, data in cui scade anche il primo triennio della formazione.

Non solo, anche i disciplinari regionali stanno scadendo e saranno ordini in prorogatio a rinnovare con 18 nomi il consiglio di disciplina territoriale che, come ben sapete, viene nominato dal presidente del tribunale del capoluogo regionale che ne dimezza il numero, garantendo la parità di genere.

Che ne pensa della formazione?

Dal 1 giugno può essere svolta anche interamente on line: fatto splendido, una svolta, specie per le mamme, per coloro che lavorano all’estero, per coloro che comodamente da casa potranno connettersi, senza mettersi in ferie per seguire corsi. Corsi che a volte sono seguiti al sol fine di raggiungere i 20 crediti annuali. In questo modo, il giornalista seguirà solo i corsi che magari lo appassionano e, da casa, farà i test agevolmente, in base alle proprie esigenze di famiglia e lavoro, senza ansia, senza timori e senza affanni.

Io mi sono speso molto per raggiungere questo risultato che per qualcuno ha rappresentato la fine di un atteggiamento poliziesco e la fine di un sistema che non mi piaceva. E mi riferisco a certi corsi dai titoli e temi ambigui, alle difficoltà dei colleghi a prenotarsi ed iscriversi in SIGeF, al portare con sé la scheda da sparare nel lettore ottico. Insomma, resto del parere che la formazione debba partire da noi, debba essere uno stimolo, non un obbligo.

Lei ha anche dato vita a dei corsi suoi.

Ho inventato il corso di comunicazione musicale: la terza pagina, il critico musicale, il diritto d’autore nella musica, il plagio nella musica, come si comunica la musica, il concetto di suono, di ripetitore, di ponte e di radio. Un corso interessantissimo, nato a Campobasso ed esportato fino a Milano, presso il circolo della stampa.

Pensate, un giornalista piccolo piccolo come me che dal Molise arriva a Milano. Non lo dimenticherò mai. Una gioia condivisa con il consigliere Santimone, i colleghi Eugenio Crispo, Giuseppe Lanese, Ugo Sbisà, Roberto Zarriello: tutti giornalisti e tutti musicisti, musicologi ed esperti della materia. Stiamo anche pensando di scrivere un testo al riguardo.

La musica ha davvero meno spazio sulle testate?

Forse le riviste di settore sono le uniche che mantengono cifre di vendita decorose e che meno hanno risentito della crisi. Riviste scritte bene, da esperti, che sono di nicchia e quindi resistono. Altrove la musica conta poco, anzi, il critico non viene quasi più utilizzato, ma venite al mio corso che ci confrontiamo. Riflettete: leggo sempre più spesso articoli su concerti che elogiano sempre coloro che si esibiscono. Di contro una bella critica non la trovo mai… costa e porta rogne…

Come mai la musica?

Ho organizzato due corsi: il secondo è sull’Agcom. I Corecom, i sondaggi, le fasce protette, il periodo elettorale, i minori, la pubblicità occulta… venite a sentirlo e ci divertiamo.

La Musica perché sono musicista e l’Agcom perché ho scritto la mia tesi di laurea sull’Autority e perché sono membro del Corecom. Nelle vesti di consigliere Corecom Molise spendo questa mia indennità per organizzare a spese mie i corsi formativi. Avete capito bene: a spese mie.

I risultati maggiori ottenuti come consigliere nazionale.

I corsi on line nella formazione, le linee guida sulla revisione dell’albo, la carta di Milano, il ricongiungimento realizzati dalla commissione giuridica del quale sono membro e l’ottimo lavoro fatto in aula per la carta di Firenze e la carta degli uffici stampa.

Poi sono stato presentatore di un emendamento che ha dimezzato la pena disciplinare per Vittorio Feltri. Il piccolo Molise salvò in extremis il direttore di Libero.

Cosa cambierebbe?

Sono per un Ordine unico, dove non esista la differenza tra professionisti e pubblicisti; io vorrei l’Ordine dei giornalisti, dove si accede con esame previo percorso universitario, senza esclusività, senza revisione dell’albo.

Mi pare che ci siano avvocati che insegnano diritto e medici che insegnano anche biologia, ingegneri ed architetti che insegnano matematica, fisica, disegno…

Quindi una legge nuova, al passo coi tempi e con una professione che cambia di pari passo all’evoluzione tecnologica. Poi inserirei anche un limite di mandato consiliare; ci sono colleghi da 20-30 anni in aula o nei regionali… sembrano dei califfati.

Alcuni ritengono l’Ordine una reminiscenza italiana.

Togliere l’Ordine significherebbe lasciare tutto in balìa del nulla, anarchia totale, nessun controllo. Impossibile. Tutt’al più cerchiamo di rendere l’Ordine più in linea con la professione ed i suoi problemi, un organismo meno burocratico, più giovane, più snello.

Dal Senato vogliono lasciarvi in 36?

Anche dalla Camera. Da 150 a 36 credo sia un suicidio. Un ddl scritto da questo governo che non conosce il funzionamento del Consiglio che si nutre dei fondi dei colleghi e che non pesa sullo Stato. Si tagliassero loro le poltrone, indennità e privilegi piuttosto che pensare all’abolizione degli Ordini come strumento per reperire fondi freschi.

Che vuol dire?

Tagliare gli Ordini e mettere le mani nelle casse previdenziali legate agli Ordini vuol dire versare somme fresche all’Inps, notoriamente in rosso, senza garantire le medesime prestazioni. Tagliare gli Ordini vuol dire decretare altra disoccupazione e mandare in fumo la storia di questo Paese, una storia di libertà e democrazia dove i giornalisti sono morti ed hanno combattuto per avere una sede, una casa, un punto di riferimento.

Come si fa a garantire un disciplinare, 4 commissioni, gruppi di lavoro, un esecutivo con 36 membri? E tra 24 professionisti e 12 pubblicisti non ci sarebbe la rappresentanza di tutte le Regioni, prime fra tutte il Molise, le più piccole, le più bisognose di tutele.

Cosa accadrà?

Non saprei. Al posto di questo governo preferirei fare in modo che siano rappresentate tutte e 20 le Regioni. Ma se devo essere sincero, prima di pensare all’Ordine dei Giornalisti credo che l’Italia abbia necessità di altre priorità. Certo se Renzi perderà il referendum, credo brinderò.

Cosa crede di aver sbagliato da consigliere?

Sono convinto di aver sbagliato nell’aver dato fiducia a dei colleghi che, nell’esercizio delle loro funzioni ordinistiche, hanno dimostrato tutt’altro atteggiamento. Alle prossime elezioni non commetterò lo stesso errore. Mi riferisco alla situazione del mio Ordine regionale, da rivedere sicuramente.

Cosa sbagliano più frequentemente i giornalisti?

Come consigliere Corecom e dell’Ordine noto errori nella divulgazione dei dati sensibili, foto ed immagini di minori, a volte tecniche invasive nelle case e nei luoghi di cura, a volte vedo pubblicità occulta e violazioni nella par condicio e qualche volta danno notizie di giudiziaria senza verificare se ne sia a conoscenza il diretto interessato.

Un’ultima domanda: come lo vede il futuro della professione?

I posti al sole sono pochissimi e rarissimi. Chi ha un lavoro nel pubblico, nel privato come ufficio stampa, se lo tenga strettissimo. Per il resto non vedo grossi spiragli perché a volte i pensionati restano nella medesima azienda togliendo lavori ai precari. Siamo pieni di pensionati direttori, collaboratori, redattori di fatto, mentre migliaia di ragazzi sono pagati a 1,00 euro a pezzo.

Non mi esprimo sulla Rai, sugli esami di stato e sulle scuole di giornalismo, altrimenti finiamo domani; basti pensare che in Molise lo stesso prodotto, se non migliore, viene realizzato da ragazzi di buona volontà a tre soldi. Senza 14 mensilità, con pochi mezzi, pochi tecnici, senza miliardi, ma con tanto amore e tanti sacrifici.

Ecco, i giornalisti di provincia spesso sono degli eroi, poi passano gli anni ed è troppo tardi tornare indietro inseguendo un mercato inesistente.

Autore Pietro Riccio

Pietro Riccio, esperto e docente di comunicazione, marketing ed informatica, giornalista pubblicista, scrittore. Direttore Responsabile del quotidiano online Ex Partibus, ha pubblicato l'opera di narrativa "Eternità diverse", editore Vittorio Pironti, e il saggio "L'infinita metafisica corrispondenza degli opposti", Prospero editore.