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Intervista a Riccardo Polizzy Carbonelli

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Riccardo Polizzy Carbonelli


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L’attore impersona Diego Rivera in ‘Frida Kahlo. Lettere d’amore e di dolore’

Il 31 marzo, ore 20:00, debutterà al PAN, Palazzo delle Arti di Napoli, via dei Mille, 60, il reading teatrale Frida Kahlo. Lettere d’amore e di dolore, testo e regia di Mirko Di Martino, con Titti Nuzzolese, Riccardo Polizzy Carbonelli, che il 1 aprile verrà sostituito da Nico Ciliberti, Laura Tramontano e con Sergio Naddei alla chitarra. Lo spettacolo ha registrato un numero talmente elevato di adesioni che ha portato all’aggiunta della data del 6 aprile, ore 21:00, al Nuovo Teatro Sancarluccio, via San Pasquale 49, Napoli, che ha già fatto registrare il sold out.

Palpabile la soddisfazione non solo della produzione Teatro dell’Osso, ma di tutti gli artisti coinvolti, a testimonianza che quando si fa qualcosa di qualità la risposta da parte del pubblico si palesa in modo evidente.

Dopo aver intervistato il regista prima e la protagonista femminile poi, ci rivolgiamo a Riccardo Polizzy Carbonelli che, il 31 marzo e il 6 aprile, impersonerà il grande pittore e muralista messicano Diego Rivera, perché ci illustri il suo punto di vista sulla tormentata storia d’amore che dalla sofferenza stessa traeva fonte d’ispirazione e sul rapporto passionale della coppia con la pittura.

Frida-Diego, un legame sentimentale ed artistico inscindibile, nonostante la grande differenza d’età, i continui tradimenti, persino con la sorella minore di lei, Cristina, che lui sminuirà nella biografia come avvenuto con un’amica. Seguirà il divorzio e un nuovo matrimonio tra i due, ma la relazione sarà sempre travagliata.

Se da una parte è vero che, allora, Diego fosse il pittore messicano più influente dell’epoca, bisogna riconoscere che la incoraggiò sempre, non sentendosi, però, mai minacciato dalla sua grande espressività artistica, considerandola una promettente pittrice, diventò il suo Mecenate, il suo Pigmalione, il suo maestro. E, da primo…”Tifoso” la sostenne al punto da inserirla, anche, nella scena politica e culturale nazionale.

Dal canto suo, Frida, non fu affatto la calcolatrice che sedusse la celebrità per mero interesse. Fu, anzi, la malattia a far scaturire in lei l’estro pittorico che la portò poi verso Diego.

Nonostante fosse acclamata in vita ed ebbe la possibilità di percepire l’inizio del suo trionfo a New York, Parigi e Città del Messico, diventerà immortale solo dopo la sua morte, oscurando così il successo di Diego.

Di certo entrambi ebbero dei comportamenti molto dissoluti, ma coerenti con le tendenze e le abitudini degli Artisti.

Lui, dedito alle donne e all’alcol, forse anche perché consapevole che la sua stagione creativa si stava esaurendo e lo portava a non creare più nulla di originale, ma a “replicare se stesso”, con talento. Come accadrà con il Murale del Palazzo Nazionale di Città del Messico, riproposizione di quello del Rockefeller Center di New York, distrutto perché raffigurante il volto di Lenin.

Lei, soprattutto dopo il divorzio, intrattenendo molte relazioni, anche omosessuali e drogandosi, probabilmente, pure per superare i dolori dell’incidente. Impossibile comunque definirla una suffragetta, un’attivista, una partigiana, piuttosto un’icona di un certo tipo di mentalità libera ed emancipata per l’epoca.

Polizzy Carbonelli prosegue la sua analisi sui due artisti soffermandosi, in particolare, su una struggente lettera d’amore scritta da lei e mai spedita, in cui Frida esordisce con ‘La mia notte è senza luna’; traspare la forza di un sentimento dilaniante ed accecante in cui lei, sola nel letto vuoto, reclama Diego e culmina nella frase ‘La mia notte è un cuore ridotto a uno straccio’.

Ciò che mi sconvolge è come si possa accettare un tradimento dal proprio amato dopo aver affrontato delle prove fisiche forti come l’attacco di poliomielite da bambina, l’incidente con il tram da giovane, il fortissimo dolore con cui convivrà per tutta l’esistenza fino all’amputazione della gamba destra per finire sulla sedia a rotelle e terminare, poi, la sua esistenza in un letto.

O forse, proprio perché si ama incondizionatamente una persona si riesce a superare la sofferenza di un inganno che mette in secondo piano tutto il resto, anche le proprie menomazioni fisiche.

Un altro dolore oscuro della Kahlo era quello della mancata maternità, non poteva avere figli dato che per via del suo fisico ad ogni gravidanza rischiava la vita.

Chissà come si sarebbe evoluto il loro rapporto se fossero diventati genitori; probabilmente, e sono solo congetture, mi viene da pensare che lei, non spostando l’attenzione su di un figlio, si fosse proprio concentrata sulla sua monotematica, Diego.

Sicuramente, per noi oggi, possono apparire come sfaccettature inconcepibili di una forma di reciproca dipendenza. Credo che Diego desse per scontato che si potesse amare e tradire allo stesso tempo, che non ci fosse nulla di male nella libertà dei costumi, perché, nonostante tutto, il suo amore per lei non era in discussione. Eppure, penso anche che non fosse insensibile perché, probabilmente, lei stessa non sarebbe rimasta con un uomo senza cuore.

Non discuto affatto che alla morte di Frida lui abbia sofferto moltissimo, tanto da definire il giorno della sua morte come quello più tragico della sua esistenza e che la parte più bella della sua vita fosse il suo amore per lei, ma mi dà da pensare, ancora una volta, la particolarità del loro legame e della personalità di lui, considerando che un anno dopo il suo decesso, quindi nel 1955, lui si sia risposato con Emma Hurtado, sua amante dal 1946.

Personalmente ritengo che in un rapporto sentimentale sia indispensabile una sorta di qualità energetica di amore e di rispetto senza le quali non ci si possa, né ci si debba accontentare.

Affascinati dalla formula della lettura scenica chiediamo il perché, nel caso specifico, sia stata preferita allo spettacolo tradizionale. Il reading, precisa forma di espressione teatrale non certo meno impegnativa o deresponsabilizzante per l’attore, ha infatti caratteristiche peculiari e difficoltà diverse che danno valore assoluto al testo. Gli artisti possono avvalersi solo limitatamente di mezzi di comunicazione differenti dalla parola e devono dimostrare una preparazione specifica in grado di catturare l’attenzione dello spettatore con la sola propria voce.

La mise en espace offre la possibilità di realizzazione in un lasso di tempo relativamente breve e permette di conciliare meglio gli impegni di tutti gli interpreti coinvolti. Richiede, ovviamente, solo professionisti. Impossibile pensare ad un lettura teatrale in cui ci si impappina, oltre tutto non si hanno attenuanti, dato che non è questione di sforzi di memoria.

Ho studiato molto cercando di prepararmi al meglio, non escludo che a volte possa anche abbandonare per poco il leggio per rivolgermi, direttamente, alla Collega straordinaria che è Titti Nuzzolese con cui finalmente riesco a lavorare, insieme, naturalmente all’Autore e Regista, Mirko Di Martino.
Trovo infatti questo genere di formula teatrale rischiosa se non accompagnata anche da un po’ di fisicità.

Amo molto la capacità evocativa della parola, del doppiaggio, della radio in generale, come se qualcuno ti raccontasse una favola e ti trascinasse in un bel racconto, accompagnandoti, a tratti, anche con affabulazione.

Il regista ci ha dato delle indicazioni e, attenendoci a quelle, abbiamo iniziato a provare da soli, ma a divertire veramente sono proprio le prove insieme. Facciamo tutti parte di una stessa orchestra: Strumenti diversi che suonano nello stesso accordo.

Ci siamo basati molto sulle sensazioni derivanti dalla lettura dei testi, fidandoci dell’esperienza di chi ha ordito la drammaturgia, e, in questo caso specifico, di chi ha creato questa commistione tra lettere, autobiografie e ricordi di persone che hanno conosciuto i due protagonisti.

Sono curiosissimo, poi, di vedere le videoproiezione che saranno relative alle specifiche letture; sono un amante dei documentari e quindi avido di questo genere di informazioni.

Inoltre, la musica del bravissimo Sergio Naddei creerà delle suggestioni che ci aiuteranno maggiormente ad entrare nell’atmosfera che, a volte, è difficile da ripercorrere perfettamente, perché si passa da una contemporaneità ad una distanza necessaria implicata dal ricordo. In questo senso stiamo ancora lavorando, o meglio, limando, per arrivare alla soluzione ottimale.

Altissimo l’interesse suscitato dalla figura di Frida Kahlo, migliaia le richieste di adesione da parte degli spettatori che appunto la produzione Teatro dell’Osso ha aggiunto una data in più rispetto a quella precedentemente fissata, non escludendo ulteriori repliche, compatibilmente con gli impegni e la disponibilità del cast. Si è forse anche pensato ad un’eventuale trasposizione in una pièce, azzardiamo.

In questo senso nulla è stato deciso, ma non mi sento di escludere che da questo reading non si arrivi ad uno spettacolo, dato che la richiesta del pubblico è molto elevata e, considerando che non si tratta dell’unico lavoro su Frida, la cosa ci fa molto piacere.

Spero, inoltre, di poter fare più date possibili perché è un’opera che può arricchirci e in cui è possibile trovare chiavi di lettura sempre più rodate.

In attesa di assistere al debutto di ‘Frida Kahlo. Lettere d’amore e di dolore’, previsto per il 31 marzo, ore 20:00 al PAN, ricordiamo che per ulteriori informazioni è possibile rivolgersi, anche attraverso Whatsapp, al numero 329.1850120 o alla email info@teatrodellosso.it o consultare il sito internet e la pagina Facebook dedicata.

Il biglietto, intero € 12,00, ridotto € 10,00 (<25 >65), può essere acquistato on line.

Foto di copertina di Massimo Rubini.

Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.