Esci una sera sotto un vasto cielo stellato, alza gli occhi a quei milioni
di mondi sopra la testa.
Guarda la Via Lattea.
In quell’infinità, la Terra si dissolve, sparisce e con essa sparisci anche tu.
Dove sei? Chi sei? Cosa vuoi? Dove vuoi andare?
Ti attende un viaggio lungo e difficile e non sai se potrai riposare.
Ricordati dove sei e perché sei lì.
Non avere troppa cura di te, e rammenta che nessuno sforzo viene mai invano.
E adesso puoi metterti in cammino.
G. I. Gurdjieff
Imbattendosi in Fabio Da’aht, discepolo del Maestro Giuliano Kremmerz, al rientro dall’immaginario viaggio sulla luna, compiuto per accompagnare il suo precettore, all’incontro con Pulcinella, occorso dopo quello avvenuto presso le sorgenti del Riullo di Acerra (NA), si ha la gradita possibilità di porgli alcune domande di stampo esoterico.
Prima di affrontare ogni qualsiasi argomento, osserviamo mediante una foto, lo sguardo imbronciato di Ciro Formisano, mentre ci osserva e ci giudica dalla luna. Comprendendo ciò che il porticese pensa dell’odierna società, non sembra inverosimile riflettere sulle parole di Gurdjieff e sulla «legge biogenetica fondamentale», postulata dal filosofo e biologo tedesco Ernst Haeckel e secondo la quale l’ontogenesi sia una micro ricapitolazione della filogenesi.
In altre parole, l’assunto del filosofo tedesco potrebbe portarci a comprendere che l’uomo, ontogenesi, dia luogo a una micro riedizione dello sviluppo evolutivo della specie, filogenesi. Una veloce disanima dell’assunto farebbe, altresì, pensare che l’essere umano sia prigioniero di un processo evolutivo in cui la società non riesce a conservare inalterati i valori in cui molti uomini di buona volontà credono.
Alla luce di questo, sembra essere quindi auspicabile un’attenta analisi, atta a comprendere i fattori che definiscono la crescita personale e i meccanismi che favoriscono sia il processo individuale che quello dell’intera umanità.
Un interlocutore poco attento potrebbe pensare che chi decide d’intraprendere un percorso iniziatico lo faccia perché spinto da pulsioni sociali o perché desideroso di essere accolto e compreso. Un interlocutore attento, potrebbe invece pensare che chi decide d’intraprendere la strada iniziatica lo faccia perché ricerca la Verità essenziale, desidera percorrere una via iniziatica capace di assicurare un’adeguata formazione interiore e di soddisfare sia le necessità spirituali che di perfezionamento.
Caratterizzare e definire un cammino iniziatico, pur sembrando complicato, non è impossibile se si osserva la vita dell’iniziato nella sua interezza. In alcuni ambienti iniziatici, si definisce “Iniziato” chi lascia le passioni e le debolezze dell’Io per giungere allo stato di coscienza superiore, al Sé riemerso. In questi stessi ambienti, si ritiene che l’interiorità del vero iniziato trascenda, superi e si collochi fuori del tempo, e che oltre a contenere l’essenza delle cose non sia legato ai personalismi, alle vittorie o alle sconfitte personali.
Fatta questa premessa, salutiamo con una cordiale stretta di mano il signor Fabio, che in un precedente lavoro intitolato Meraviglioso Incontro tra Pulcinella e Kremmerz è citato come discepolo del Maestro di Portici.
Signor Fabio nell’articolo in cui è citato non si fa riferimento a nulla che la riguardi. Allo scopo, quindi, di comprendere le motivazioni che spingono a scalare i 125 gradini della Scala di Giacobbe, le chiedo di raccontarci come prende inizio il suo percorso iniziatico.
Caro amico, avevo raggiunto da poco il 18° anno di vita, quando, in un momento di riflessione, mi resi conto che l’umanità aveva perso tutti i riferimenti, ovvero, i capisaldi d’identità di ogni uomo su questa terra. Decisi quindi di avvicinarmi a ciò che iniziai a definire, per diverse ragioni, Scienze dell’Anima.
Erano diverse le ragioni che mi spingevano e tra queste cito l’istinto quasi di sopravvivenza, il forte desidero di ri-creare l’ordine da tutto quel caos, il cospicuo interesse che nutrivo per l’antico mondo egizio e, dulcis in fundo, la lettura di opere di autori importanti. È lungo l’elenco delle opere e per questo riporto solo alcuni autori, tra i quali: Giovanni Pico della Mirandola, Giordano Bruno, Domenico Bocchini, Elena Pertròva Blavatsky, René Guénon, Rudolf Steiner e il Maestro Don Giustiniano Lebano, che cronologicamente cito per ultimo, ma non degno di minor importanza, amico e precettore della mia attuale guida, ovvero, di Giuliano Kremmerz.
Giuliano Kremmerz la definisce “Discepolo” e anche se non lo menziona, con questa definizione di fatto inserisce lei in un gruppo composto d’illustri personaggi quali Nino D’Anglar, Spartaco Malatita, Giovanni Bonabitacola, Salvatore Mergè, ecc.. Che cosa pensa a tal proposito? Sente di essere un numero nel rito quotidiano o altro?
La via del Discepolo, credo che non sia l’unica strada per giungere allo scopo, bensì quella per comprendere il secreto o arcano naturale. Sembra di capire che la via del Discepolo permetta di comprendere e ottimizzare la divinità occulta dell’universo, di apprenderla come legge benigna di libertà, equilibrio, giustizia e armonia. Può spiegarci cosa significhi per lei essere un Discepolo?
Nei moderni testi di stampo esoterico, al termine discepolo si assegna una serie indefinita di significati etimologici, ma in realtà l’unico e profondo significato, non contaminato dagli strati grossolani del volgo, è “connesso” e con questa parola s’intende proprio la connessione. Premettendo, infatti, che dove esiste un maestro, sussiste un discepolo, sembra ragionevole comprendere, quindi, che non avrebbe senso parlare di “maestranza”, laddove non ci fosse un adepto, un continuatore, ossia chi pro-segua la dottrina.
A questo punto, se proviamo ad immaginare un cerchio, dove al centro vi sia il maestro e sulla circonferenza siano i discepoli, l’insieme composto dall’uno e dagli altri, ‹‹ben rappresenta il concetto di Rosa Mistica››. In questo insieme, il ruolo dei petali è rivestito dai discepoli, mentre quello del bocciolo è ascritto al maestro, il quale riveste la funzione di anima e spirito mentre gli adepti ricoprono quella della forza, della bellezza e dell’intelligenza.
Ascoltandola mentre cita la rosa mistica, torna alla mente, oltre che la Miryam, la preparazione magica e la purificazione ermetica di cui parla J. M. Kremmerz e la Rosa Mistica dei Rosacroce. Evitando di penetrare, in questa fase, nel pensiero del suo maestro e nemmeno in quello dei Rosacroce, è d’uopo porle la seguente domanda:
Fabio, mi dica, come si apprezza la bellezza di una rosa nella sua interezza, del bocciolo non dischiuso, delle sue foglie, delle sue spine, del suo gambo, oppure quella dei petali esterni, facenti comunque tutti parte dello stesso fiore?
Vede, caro amico mio, chiedersi come si apprezza la bellezza di una rosa equivale a domandarsi da cosa nasce la voglia di vivere la vita. Apprezzare la bellezza della rosa o della vita appartiene al sentire dell’essenza umana intesa come legge Universale che nasce dall’emanazione di ogni cosa. Distinguere il bocciolo dai petali o dallo stelo ingloba sia la rosa che noi stessi in schemi che limitano l’essenza delle cose e lo spirito umano.
In altre parole, teoricamente il discepolo è chi abbandonando il mare magnum del volgo, così come fatto da me a diciotto anni, penetra nell’emanazione di un centro occulto, composto di uomini e donne che intendono realizzare il ricongiungimento all’Unità amalgamandosi paradossalmente in modo androgino alla moltitudine delle forme di questo Mondo Inferiore.
Aggiungo, inoltre, che un maestro selettivo e inflessibile ha un numero esiguo di discepoli ma, allo stesso tempo, gioisce perché questi sono ricchi di contenuto e portano a termine il percorso iniziatico.
I discepoli, avvicinandosi al fulcro centrale, compiono l’opera di purificazione e si allontanano dai piaceri mondani del volgo, mentre gli altri, a causa della loro natura, sono destinati a discostarsi dal centro di gravità della Rosa perché resi simili, per peso specifico, al metallo pesante, alla stessa stregua del piombo s’inabissano nell’acqua del mare magnum.
Sembra plausibile ritenere che il suo maestro usi il termine volgarità per identificare un individuo non ancora sgrossato e né tampoco levigato. Per quanto le è possibile, oltre a dirci se è corretta l’intuizione, può spiegarci in cosa consiste l’esempio del piombo che s’inabissa nell’acqua?
Caro amico, con il termine volgo, il maestro intende identificare colui che ignora, che vive nell’indifferenza. Il maestro ritiene che questo individuo ignori, non per scarsa conoscenza, bensì perché non tiene presente che esiste e che gli è stato assegnato un compito. Ritiene, inoltre, che egli non tenga conto che la sua esistenza abbia un valore Divino e che egli stesso è necessario affinché si concreti l’Opera del Creatore di tutti i Mondi.
Per quanto attiene, invece, il principio fisico del piombo, l’uomo è composto di Massa / Materia e, direi purtroppo, vive nel Mondo del Sensibile e del Materiale, ossia, in quello degli Effetti anziché delle cause generatrici e questo fa sì che gli uomini si alimentino costantemente del timore inconscio di perdere ciò che possiedono e si rapportino alla vita terrena come se fosse eterna. In altre parole, la permanenza nel Mondo degli Effetti fa sì che l’uomo si leghi a quel corpo di cui non ha scelto le forme a quella vita fatta di carne e sangue, piuttosto che avatarica, eterna, divina e immateriale.
Signor Fabio, lo scopo di questa intervista è di comprendere i vari aspetti e le diverse sfumature che contraddistinguono un discepolo di Kremmerz e non quello di capire appieno il deposito alchemico, ermetico e iniziatico posseduto e divulgato dal suo maestro, perché questo merita di esser fatto in un successivo incontro. Tornando all’argomento di questa intervista, credo sia interessante comprendere le affinità esistenti tra il cammino iniziatico del discepolo e quella Rosa che simbolizza l’anima umana pura e perfetta. Può parlarcene?
L’uomo del volgo, schiavo della licenziosa materialità, mostra galanteria per vanagloria, ostenta il suo stendardo e, così facendo, oltre a degradare la natura umana ‹‹divina e Una››, la immerge nel fango della brutalità. Il Discepolo puro possiede, invece, una volontà sottile che mai distrugge.
La sua determinazione è il volano che lo spinge continuamente verso la ricerca e lo studio.Il Discepolo puro mira alla luce promessa, si dirige in direzione della corrente, verso il centro della Rosa. Fino a che resta sotto l’irraggiamento della luce del maestro ne assorbe le occulte virtù.
I pericoli insiti nella società moderna, i bassi istinti, le pulsioni, le tentazioni ostacolano il percorso iniziatico dell’individuo che intende scalare la piramide per intravedere la luce. Supponendo, quindi, che per motivi logistici, per trasferimenti o per varie ragioni, il discepolo si distaccasse dal suo maestro, cosa accadrebbe?
Quando il discepolo si allontana dal centro della Rosa, è contaminato da quello che il maestro definisce “corrente del volgo”. Questa corrente, oltre a contaminare sempre di più il discepolo, se ne impadronisce con veemenza.
Alla luce di questo, sembra verosimile affermare che un discepolo può essere ritenuto tale:
– se esce permanentemente dall’influenza del volgo;
– se imbattendosi nelle opinioni dei profani, riesce a restare saldo all’albero della nave;
– se separandosi dal maestro, non pensa di succedergli.
Signor Fabio trasformare la pietra grezza in cubica, non è un processo di facile realizzazione perché il percorso richiede purificazioni, meditazioni e adeguati sacrifici, altrimenti resta difficile raggiungere la spiritualità insita nel cammino che conduce alla meta. Prima di giungere a intravedere la Luce, è necessario prepararsi con amore e determinazione ai sacrifici richiesti, che la personalità profana trasmuti in quella iniziatica. In virtù di questa considerazione, per quanto le è possibile spiegarci, ritiene che sia necessaria la supervisione del maestro affinché si realizzi l’Opera, si trovi la Pietra Filosofale?
Caro amico, il maestro dà al discepolo provvisto di un cuore puro e pienamente persuaso di dare il via a questo pericoloso cammino, che si completa solo quando si esaurisce ciò che il viaggiatore ha previsto, la potestà di presagire le insidie insite nel viaggio.
La virtù del Maestro smetterà d’agire sul soggetto, nello stesso istante in cui il Discepolo avrà ricevuto la facoltà di presagire.
Il discepolo, a sua volta, prosegue e aspira, con lo stesso criterio di chi lo ha preceduto, al conseguimento indescrivibile e impareggiabile dell’OPERA.
In base a quanto lei afferma, sembra verosimile ritenere che il discepolo viva un processo d’apprendimento atto a raggiungere uno stato di consapevolezza e conoscenza di se stessi, che, oltre a consentirgli di capire l’uomo, l’umanità, la natura e l’universo, gli permette di partecipare attivamente al benessere morale e materiale della società e all’evoluzione dell’essere umano attraverso la valorizzazione delle potenzialità spirituali dell’Individuo.
Questo porta a pensare che non sia il bocciolo, il maestro, a cercare i petali, bensì siano i discepoli a decidere, grazie alle cospicue motivazioni interiori, alla consistente idoneità e alle reali affinità elettive, di divenire parte considerevole e integrante della Rosa Mistica.
Fabio, la ringrazio molto per il tempo che mi ha dedicato, per questa intervista e spero che vi siano ulteriori incontri così che il percorso divenga meno arduo e si possa giungere con gioia all’Arcana Sapienza!
Caro amico, non mi ringrazi: è piacevole oltre che incontrarla, dialogare con lei ed è sempre necessario ambire all’Arcana Sapienza. Allo scopo di crescere assieme, altre interviste saranno benvenute e necessarie.
Autore Domenico Esposito
Domenico Esposito, nato ad Acerra (NA) il 13/10/1958, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali, Master in Ingegneria della Sicurezza Prevenzione e Protezione dai Rischi, Master in Scienze Ambientali, Corso di Specializzazione in Prevenzione Incendi. Pensionato Aeronautica Militare Italiana.