‘Black out’, lo straordinario viaggio della vita
‘Black out’ è un interessante romanzo, pubblicato nel 2016 da Innocenti editore, scritto a quattro mani da David Berti e Gaetano Insabato.
Ci rivolgiamo proprio al primo, David Berti, affinché ci racconti dettagliatamente la trama e ci sveli qualche segreto sulla stesura.
Chi è David Berti?
Chi sono? Una bella domanda. Talvolta non basta una vita ben scoprirlo.
Tuttavia posso darvi delle informazioni su di me.
Sono nato a Grosseto l’11 aprile del 1974. Ho ottenuto la laurea specialistica all’Università degli Studi di Siena in “Programmazione e gestione delle politiche sociali” e frequentato, successivamente, un master in “Carriera diplomatica” all’Università Guido Carli Luiss di Roma.Attualmente lavoro per un gruppo immobiliare. Innamorato della vita, nel tempo libero adoro leggere, scrivere, fare sport e viaggiare.
‘Black out’, un romanzo scritto a quattro mani, come è nato?
Con Gaetano Insabato ci conosciamo da più di vent’anni. Abbiamo da sempre condiviso la passione per la letteratura e la musica.
Ricordo chiaramente, quando da ragazzi, nel tentativo di risparmiare, ci scambiavamo i libri da leggere, cercando di selezionare, nell’acquisto, quelli ai quali eravamo entrambi interessanti.Un venerdì sera di circa tre anni fa, dopo un lungo periodo di lontananza, dovuto a vari eventi personali, ci ritrovammo a bere una birra seduti a un tavolo di un pub. In quell’occasione mi parlò di un breve racconto che aveva cominciato a scrivere alcuni anni addietro, ma che, non riuscendo a strutturare in un lavoro organico e completo, aveva abbandonato.
Mi propose di leggerlo e, qualora la storia mi fosse piaciuta, di completare e arricchire il lavoro, cercando, in particolare, di armonizzare le sue parti.
In verità, le sue parole intendevano: “David, aiutami a farne un romanzo!”Ciò lo compresi solo in seguito. Momentaneamente, l’idea catturò la mia attenzione, se non altro per avere, in futuro, più opportunità di fare qualche uscita insieme. Finita la birra, mi consegnò la chiavetta USB, dove era racchiuso il file, su cui saremmo stati destinati a lavorare per i successivi due anni e mezzo.
Come vi siete organizzati per scrivere il libro? Non è facile scrivere un libro a quattro mani.
Scrivere un libro a quattro mani è davvero un’esperienza sorprendente. Lo posso confermare con tutta certezza, dopo quasi due anni di lavoro insieme a Gaetano.
Sono partito dal racconto che lui aveva scritto e, da lì, ho sviluppato la storia fino a farne un romanzo. Un po’ come nella musica, mi era stata data la tonalità e il giro d’accordi, da quel punto ho cominciato a comporre la canzone. Anche se, devo dire, la cosa è stata più complessa e divertente.
Ogni volta che finivo un capitolo, lo leggevamo insieme. Discutevamo sugli eventi, sui personaggi fino quasi a renderli reali. Spesso avevamo l’impressione che stessero al tavolo con noi a mangiare una pizza o a bere un bicchiere di vino rosso.
Dopo quelle sere passate in loro compagnia, il capitolo risultava rivoluzionato e, sicuramente, più pulsante di vita.
Nel rileggerlo, rimanevamo sorpresi di come il prodotto, quasi per magia, fosse superiore alle nostre aspettative. Increduli del frutto delle nostre emozioni, trovavamo ancora più slancio nel procedere nel nostro progetto.
In che genere è possibile inserire il vostro libro?
Nella sua stesura, non abbiamo seguito un particolare genere. Ci siamo lasciati andare alla nostra fantasia, con idee che via via prendevano corpo. Il nostro principale obbiettivo era trasmettere emozioni attraverso la storia e i personaggi.
‘Black out’ porta con sé diverse contaminazioni letterarie, quindi non è solo un noir, ma qualcosa di diverso e di alternativo.
A voi il compito di inquadrarlo!
‘Black out’ è un titolo forte, direi inquietante, che sembra contrastare con la luce emanata dall’immagine di copertina. Parlaci di questa scelta.
‘Black Out’ ha diversi significati. Nel libro è l’evento imprevisto che permette ai due protagonisti di incontrarsi. Un buio improvviso che sembra vissuto solo da loro. Il mezzo che porterà due vite, collocate in universi paralleli, a giocare, allo stesso tavolo, una partita stabilita da tempo. Il black out sembra mescolare il mazzo di carte e aprire un nuovo corso alle loro esistenze, offrendo anche l’aiuto di un jolly.
Tutti nella vita possono avere un corto circuito che li fa cadere, magari proprio nel momento di maggior tensione. La rinascita, però, parte proprio da lì, dall’istante in cui si riaccende la luce.
La copertina rispecchia il risveglio e una nuova, luminosa, consapevole visione della vita che segue il black out. In lontananza si staglia, nella sua fiera bellezza, l’isola d’Elba, come, in modo simile, la leggenda dell’innamorata fa da sfondo al romanzo.
Per la foto dobbiamo ringraziare Alessandro Antonelli, un carissimo amico, considerato, da molti, fotografo di livello.
Come mai avete scelto di inserire nel vostro libro notizie dei nostri giorni, quindi di grande attualità, con una leggenda come quella dell’innamorata di Capoliveri?
L’amore attraversa il tempo e lo spazio. È come una scintilla di luce che, una volta generata, è destinata a viaggiare in eterno attraverso l’oscurità.
Cambiano i contesti, gli usi, le abitudini, ma questo nobile sentimento avrà sempre la stessa sostanza in tutte le culture, le società e le ere. È il minimo comune denominatore che unisce tutti i popoli.
Più un sistema sociale si fonda e si rispecchia nell’amore, più il grado di benessere e di soddisfazione che percepiscono gli esseri umani è maggiore.
C’è un personaggio del libro a cui ti senti particolarmente legato?
I personaggi di un romanzo, spesso, trovano ispirazione nelle persone con cui lo scrittore ha modo di interagire nel corso della sua vita. Più la sua capacità empatica è sviluppata, più riuscirà a caratterizzarli.
Nonostante ciò, queste figure, talvolta così ben definite quasi da divenire reali nell’immaginazione del lettore, passano attraverso il filtro del sistema di valori, convinzioni, esperienze dell’autore. Quindi, nei miei personaggi c’è sempre una contaminazione con il mio vissuto. Sono tutti un po’ parte di me. Eppure, la figura, ai cui mi sento più legato e che cattura tutta la mia simpatia è Renzo.
Descrivi ‘Black out’ con tre aggettivi.
Avvincente, misterioso, ispirato.
Un romanzo di viaggio o il viaggio è solo un artificio narrativo?
‘Black out’ può essere considerato un romanzo di viaggio. Leggendolo seguiremo i protagonisti, impegnati nella ricerca delle loro verità e di se stessi, dalla bellissima Toscana agli Stati Uniti d’America, dall’insanguinata Siria all’affascinante Istanbul, adagiata sullo stretto del Bosforo.
Inoltre, nel libro, il viaggio assume anche una dimensione interiore, un cammino dell’anima alla ricerca di una maggiore consapevolezza.
I personaggi, alla fine della storia, saranno in grado di riappropriarsi delle loro vite, di sapere esattamente cosa desiderano e ciò che veramente riempie di significato la loro esistenza.
È un libro che parla d’amore nelle sue varie sfaccettature?
Assolutamente sì. L’amore può assumere tante forme, anche se rimane uno. È come un arcobaleno che è formato da tanti colori in cui si scompone la luce del sole rifrangendosi sulle minuscole particelle d’acqua. In sintesi, però, possiamo dire che la sua pura essenza è la luce.
Un black out all’aeroporto ha fatto incontrare due vite che altrimenti mai si sarebbero incrociate. In questo caso un disagio è stato un regalo del destino. Da qui parte la storia. Ci puoi parlare brevemente di Renzo e Mary?
Renzo è un giornalista alla continua ricerca della verità che si cela dietro i più inquietanti e drammatici eventi che caratterizzano i nostri giorni, mentre Mary è un medico impegnato in missioni umanitarie sempre in viaggio in Paesi a rischio, come la Siria.
Entrambi i protagonisti sono sulla soglia dei quaranta e sono delusi da relazioni fallimentari; inoltre sono accomunati dall’amore per il proprio lavoro e da un’indefinibile inquietudine esistenziale.
Due vite parallele destinate a non incontrarsi, se un black out, apparentemente casuale, non le portasse letteralmente a scontrarsi, all’aeroporto di Fiumicino, poco prima dell’imbarco di Renzo per New York e di Mary per la Siria.
Un viaggio che da Firenze, dove entrambi vivono, passando per la splendida terra di Maremma, li condurrà in luoghi affascinanti e misteriosi, come la meravigliosa Istanbul.
In poche parole, perché dovremmo leggerlo?
Perché leggere ‘Black out’? Perché è un libro che ti sorprende. Parte leggero, fresco, per arrivare a toccare, attraverso continue metamorfosi, temi importanti, da quello della ricerca del senso della vita, all’incremento della consapevolezza di ciò che veramente desideriamo, dalla presa di coscienza della violenza mediatica e sociale a cui siamo sottoposti, per farci conformare ad asettici paradigmi esistenziali che spesso non condividiamo, alla denuncia dell’immane follia della guerra.
Ma ‘Black out’ è anche un libro di viaggio, avventura, amore, mistero e soprattutto speranza.
Un’opera che può incidere sulle nostre esistenze, accompagnandoci mano nella mano, con semplicità, ad interessanti riflessioni.
Una storia che ha un cuore pulsante proiettato verso il cielo e la vita che vorremmo, ma piantata solidamente con i piedi per terra, perché, solo così, sono possibili i grandi cambiamenti.Ci immedesimeremo nella vita dei due protagonisti, nelle loro ansie, inquietudini, insofferenze e paure, ma anche viaggeremo, ci innamoreremo, lotteremo con loro.
‘Black out’ è un romanzo circolare dove ogni evento, che apparentemente sembra a se stante, viene sapientemente correlato a uno successivo, quasi casualmente, facendo passare inosservata una sapiente opera di regia. Alla fine ci sentiremo parte del romanzo.
Sì! Possiamo definirlo un’opera interattiva, dove chi legge non è osservatore passivo, ma entra a far parte della storia, che sembrerà incrociare la sua vita in modo quasi predestinato.
Concludendo, definirei ‘Black out’ un libro alchemico, poiché, spesso, arriva nelle mani del lettore, in un momento di passaggio e di trasformazione, aiutandolo a uscirne rigenerato.
Ogni scrittore lascia un pezzetto di sé nelle storie che narra. Quanto di te è rimasto nel romanzo?
Sicuramente il mio cuore.
Ogni autore è anche un grande lettore, c’è qualche tua lettura che in qualche modo ti ha formato e quindi condizionato la tua scrittura?
Prima che imparassi ad apprezzare il piacere che deriva dallo scrivere, sono stato un appassionato lettore. Ricordo che nella mia adolescenza, non sono mancati i romanzi dei più geniali scrittori sia dell’Ottocento che del Novecento. Mi rifugiavo spesso nei loro racconti, specialmente quando avevo fame di vita e, per qualche motivo, mi ritrovavo ad attraversare dei periodi di stallo esistenziale.
In quei momenti, i miei migliori amici furono Hermann Hesse, J. W. Goethe, Oscar Wilde, Hemingway, Flaubert, D’Annunzio, Kerouac, Coelho e tanti altri. Non disdegnavo neanche la poesia, così, non di rado, una raccolta di componimenti di Pablo Neruda o Montale si poteva osservare sopra il mio comodino.
In riferimento a chi ha inciso principalmente sullo sviluppo del mio stile di scrittura, non potrei nominare un singolo autore. Credo che la mia impostazione sia il risultato di una serie di fattori.
In primis, i docenti di lettere che ho avuto nel corso del mio percorso scolastico. In particolare, ricordo un episodio accaduto in quinta elementare, quando avevo appena dieci anni.
La mia insegnante mi disse che non sapevo scrivere, perché, nello svolgimento di un tema, mi limitavo semplicemente a fare una cronaca degli eventi. Non descrivevo i luoghi, non facevo sentire i profumi, i suoni, non analizzavo gli stati d’animo delle persone che comparivano nell’elaborato. Semplicemente non c’era vita, non riuscivo a comunicare emozioni. Quelle parole mi fecero talmente male, quanto furono efficaci.
La volta successiva, quando era stato previsto il compito di italiano dal titolo “Come hai trascorso la tua domenica?”, scattò qualcosa dentro la testolina di quel bambino di 10 anni che scrisse, ricordo ancora esattamente le parole: “Arrivato al luna park fui inebriato dal gradevole odore dei popcorn e dello zucchero filato che contrastava con quello acre dell’olio degli ingranaggi delle giostre…”
Alla maestra risultò più difficile credere che fossi stato capace di copiare una tale frase, solo per il fatto delle capacità intellettive richieste per selezionarla, che di scriverla. Così, per la prima volta, non fui additato come un horribile exemplum auctoris.
In seguito, arrivarono gli anni del liceo. Lì, con l’analisi grammaticale e lo studio del latino, imparai a strutturare la frase, a renderla ordinata, corretta, musicale. Quasi contemporaneamente, giunsero anche i grandi romanzi, non quelli prestabiliti dai programmi scolastici, ma quelli necessari per placare la sete della mia anima. Tutto questo mix di concause ha determinato il mio stile di esprimermi con l’uso delle lettere.
In ‘Black out’ il lettore viene portato, direi accompagnato mano nella mano, senza che se ne accorga, a riflessioni importanti su temi delicati di carattere sociale, economico, politico, etico.
La vita di due giovani adulti, con le loro speranze, paure, avventure, viaggi è lo zuccherino che permette di addentrarsi in territori affascinanti e misteriosi, dove la ricerca delle cause, che regolano la complessa realtà che sperimentiamo, sconfina nella metafisica.
Si scrive un libro, si pubblica, arrivano recensioni positive o negative dai lettori. Cosa è cambiato nella tua vita?
Con ‘Black out’ sto vivendo un’avventura fantastica. Abbiamo creato un buon team di lavoro per la sua realizzazione e la sua promozione.
La maggior parte dei membri del gruppo era unita da una consolidata amicizia prima del progetto editoriale. Ogni azione, ogni iniziativa, rivolta a favore del romanzo, diventa un momento di condivisione e vicinanza tra persone che si voglio bene e che godono della reciproca presenza.‘Black out’, in questo, ha inciso molto positivamente sulla mia qualità della vita, rinsaldando legami che, con l’età e le vicissitudini dell’esistenza, si stavano allentando.
Inoltre, mi sta donando la possibilità di incontrare persone meravigliose, che amano la letteratura e, più in generale, la cultura a 360 gradi. Spesso questi uomini e donne, portatrici di vissuti importanti, hanno sviluppato una sensibilità e un’empatia straordinarie.
Infine, ogni presentazione diventa un viaggio alla scoperta del territorio del nostro Bel Paese, con le sue peculiarità paesaggistiche, architettoniche ed enogastronomiche.
Ci racconti di alcuni eventi particolari verificatisi intorno a ‘Black out’?
Tra le tante particolari coincidenze che sembrano essersi manifestate intorno a ‘Black out’, ve ne racconterò una sicuramente singolare, ma anche molto simpatica.
Sabato 27 maggio, in occasione del “Salone del libro off” di Torino, avevamo in programma la presentazione del romanzo alla libreria “Capo Horn”, sita in via Lancia. Il giorno precedente, il quartiere in cui si sarebbe dovuto svolgere l’evento rimase senza energia elettrica per 14 ore. Stranamente, il palazzo in cui si trova la libreria, rimase immune dal fenomeno. Le persone, sorprese dell’accaduto, scherzarono sul fatto, addossando la colpa al titolare, che aveva promosso l’incontro appendendo alla vetrina le locandine con la scritta ‘Black out a Torino…’
Gli unici felici ed entusiasti dell’episodio furono i bambini, che si videro offrire gratuitamente i gelati dai bar, che, sicuramente, con il loro generoso gesto, captarono nuova e giovane clientela per il futuro.
Quando, alla fine della presentazione, un bambino si avvicinò e mi chiese quando saremmo tornati, non stetti ad approfondire. Sorrisi e dessi: ‘Presto, molto presto…’
È vero che parteciperete al Caffeina festival?
Sì, sabato 1 luglio saremo in Piazza Plebiscito, a Viterbo per presentare ‘Black out’, all’interno dell’importante manifestazione del Caffeina Festival. Per noi è un grande onore partecipare a questo evento, che probabilmente rappresenta il più importante per la cultura italiana.
Qui, per dieci giorni, dal 23 giugno al 2 luglio, il centro storico di Viterbo si trasformerà in un’arena che offrirà incontri con importanti autori nazionali e internazionale, concerti, spettacoli e tante altre iniziative.
Lo scorso anno la cittadina laziale fu invasa da più di 400.000 visitatori, arrivati da ogni parte di Italia e d’Europa per assistere all’iniziativa promossa dall’operoso patron Filippo Rossi e dal suo team.
Sinceramente non avremmo mai pensato di avere la possibilità di essere lì con ‘Black out’. Talvolta la realtà è più audace dei sogni.
Avete una pagina Facebook su cui è possibile seguirvi restando aggiornati sulle vostre iniziative?
Già da prima della pubblicazione del libro, avevamo allestito una pagina Facebook, dove si possono trovare tante curiose informazioni riguardo gli autori e tutte le persone, tra cui alcuni artisti, che hanno messo a disposizione la loro professionalità per la realizzazione del progetto ‘Black out’.
Inoltre, all’interno della pagina, curata impeccabilmente da Paolo Malandrini, è possibile ripercorrere tutto l’iter che ha portato alla pubblicazione del libro, oltre a poter leggere la sinossi, interessanti aneddoti, accattivanti stralci del contenuto ed essere informati sulle date degli incontri di presentazione nelle varie città.
Infine, direttamente dalla stessa, potrete procedere all’acquisto on line di una copia e avere l’opportunità di apprezzare un’originale raccolta fotografica, dei luoghi dove si svolge la trama, che arricchiscono la pubblicazione. Non dimentichiamo che al suo interno sarà possibile comunicare direttamente con gli autori, l’asciando dei messaggi, ai quali sarà sempre dato un feedback di risposta.
Il link è https://m.facebook.com/blackoutromanzo/
Dov’è possibile acquistarlo?
On line sui siti della nostra casa editrice, “Innocenti Editore”, di “Amazon”, di “Ibs.it”, di “La Feltrinelli”, direttamente dalla nostra pagina Facebook e, naturalmente nelle librerie. Dove non presente, è possibile richiedere di ordinarlo.