Il testo interpretato da Massimo Masiello convince critica e pubblico
Ieri, 20 gennaio, ore 20:30, presso il suggestivo Museo Civico Filangieri, via Duomo, 288, Napoli, abbiamo assistito con estremo piacere a “Io… tra di voi”, spettacolo che Gianmarco Cesario e Antonio Mocciola hanno appositamente scritto per Massimo Masiello. L’opera, ricordiamo, è inserita nell’ambito della rassegna “Il Museo fa Spettacolo”, diretta da Peppe Celentano e Gabriella Cerino. La regia è affidata allo stesso Masiello, assistente alla regia è Gingy Comune.
Testo toccante, delicato, coinvolgente, che non necessita affatto di scenografia; a fare da cornice sono la splendida voce e l’impeccabile recitazione di Massimo Masiello, così come la bellissima musica delle intramontabili canzoni di Charles Aznavour, ottimamente arrangiate dal Maestro Mariano Bellopede che cura anche l’accompagnamento. Qualsiasi elemento scenico risulterebbe superfluo, se si eccettuano un leggio e una sedia, forse più pratici che funzionali all’azione stessa.
Il gioco di luci è essenziale ma adeguato; si parte con il rosso intenso per sfociare subito in un blu carico, predominerà poi quasi sempre un giallo più naturale.
A troneggiare sono, in questo modo, la parola, recitata e cantata, e il suono, che si integra perfettamente con la drammaturgia. Siamo di fronte ad un’ottima espressione di teatro musicale per quanto il ballo sia pressoché inesistente. L’intensità del risultato è prepotentemente palese.
Al termine di ogni esecuzione canora Masiello fatica quasi a riprendere la recitazione sommerso com’è dagli applausi calorosi e dalle ovazioni del pubblico, letteralmente conquistato dalla rappresentazione.
Il protagonista, Goran, seduto solo, rannicchiato e tormentato, trova la forza di reagire grazie a quella scintilla che gli si accende dentro e che divampa come un incendio; è la sua essenza, il ritmo che si tramuta in musica.
Le melodie, ora forti ora sinuose, si sprigionano dalle mani del Maestro Bellopede e prendono corpo in quella stessa poderosa voce di Masiello che sa anche addolcirsi e abbassarsi a dovere per sottolineare momenti particolarmente carichi delle varie canzoni interpretate.
Il culmine coinciderà con la rivelazione finale di Goran:
La musica è nell’aria, la musica è aria: io sono aria!
Ma, a ben vedere, la musica, “Lei”, irrinunciabile, accompagna tutto il corso della sua esistenza.
Goran ci racconta la sua vita proprio attraverso le canzoni del grandioso Aznavour insegnategli dalla madre, e ci mostra, più o meno direttamente, le assonanze tra sé e “l’amico invisibile” di sempre, evidenziando, al contempo, quanto siano opposti.
Sappiamo così che la madre, adorando l’artista, vorrebbe dare al figlio il suo nome, ma il padre, geloso di quest’amore impossibile, la spunta su Goran, con il risultato finale che il ragazzo in casa viene chiamato in entrambi i modi. Ed ecco spiegato perché la prima canzone intonata sia proprio “Ed io tra di voi”.
Anche se in modo diverso, entrambi sono esuli ed entrambi guardano con nostalgia al loro Paese d’origine. Il famoso artista è nato a Parigi da due immigrati armeni, la madre è fortunatamente scampata al genocidio in Patria. Goran, invece, fino a 14 anni vive in Croazia un’adolescenza simile a quella di tanti coetanei, ma lo scoppio delle guerre jugoslave, che forse i media hanno dimenticato troppo presto, frantuma ogni sua certezza, ogni momento di serenità. L’atrocità del conflitto tra serbi e croati dirompe in tutta la sua violenza. È costretto di colpo a crescere, a diventare uomo. Coloro che fino a quel momento erano amici di famiglia compiono efferatezze prima impensabili, violentando e seviziando la madre che morirà dissanguata e portando chissà dove il padre e il fratellino che era in casa dei vicini.
Lui, scampato alla cattura solo grazie all’estremo gesto d’amore della madre che lo ha nascosto, riesce a vederla ancora una volta, giusto il tempo che lei gli implori di fuggire via, lontano. E così farà, lasciando il suo Paese, ma il collante con le origini rimarrà indissolubile.
La Venezia così tanto decantata dalla madre e dipinta in uno dei suoi quadri, sarà per lui un approdo. Ed ecco, partire puntuali le prime note della bellissima canzone “Com’è triste Venezia”.
Affidato ad una famiglia di Murano troverà lavoro come cameriere in un locale della città dell’amore, dove canterà spesso in modo estemporaneo e ancora con il grembiule addosso suscitando simpatia ai clienti e ricevendone cospicue mance.
Goran procede la narrazione seguendo il corso dei suoi pensieri.
Tocchiamo con mano il dolore di colui che “sente sfuggire dalle dita ogni appiglio della vita” mentre canta “Morire d’amore” o afferma con forza il significato focale che ha per lui la musica esibendosi in “Lei”, o mentre accenna, con estremo tatto, al tema dell’omosessualità in “Quello che si dice”.
Le canzoni, al di là dell’innegabile profondità del testo, appaiono per lui in qualche modo rassicuranti; hanno il sapore dolce-amaro del rimpianto della vita familiare che è stata ma anche della speranza di ciò che potrà ancora essere. In lui non c’è rassegnazione alcuna, piuttosto presa di coscienza delle estreme difficoltà, dei soprusi, ma anche consapevolezza che tutto può cambiare in meglio.
Aznavour diviene così un esempio da seguire, il simbolo del riscatto, perché se con la sua “sola” voce, con il suo innegabile talento è riuscito ad assurgere alla fama internazionale, a cantare in sette lingue, a diventare ambasciatore all’Onu, Goran, con il suo stesso spirito di sacrificio, con la sua stessa ferrea volontà, con la sua stessa abnegazione potrebbe fare altrettanto. O almeno questo è il suo e il nostro desiderio.
Si comprende facilmente come le tematiche affrontate nel testo risultino eterne, adattabili a ogni profugo, a qualsiasi contesto, a qualunque posizione geografica.
Il rimpianto dell’abbandono della propria terra per via di una guerra sempre ingiustificabile non cede mai il passo alla rinuncia perché è forte il miraggio che ci sia sempre qualche piacevole sorpresa ad attenderci.
Eppure dietro l’angolo si cela il fantasma del passato. Quei vicoli stretti e bui che Goran ha sempre sentito in cuor suo di dover evitare saranno la causa della sua caduta e lo trasformeranno da vittima a carnefice.
Preferiamo non aggiungere altro, rimarcando, piuttosto, quanto valga la pena di assistere a questo bellissimo spettacolo.
Non dubitavamo affatto che sarebbe stato un successo, conoscendo il talento degli interpreti che abbiamo più volte avuto la possibilità di apprezzare in diversi contesti, e l’equilibrio e la delicatezza degli autori, ma è sempre piacevole averne la riprova.
Autore Lorenza Iuliano
Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.