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In risposta all’articolo ‘Dell’impossibilità di comunicare’

albero


Carissimo Pietro,
ho letto con attenzione il tuo pensiero, ma forse una sola volta potrebbe non essere sufficiente per cogliere bene ciò che mi è possibile.
Anche se non richiesto spero di riuscire a fare comunque un lavoro a specchio, come se il mio frammento d’anima riuscisse a specchiarsi nel tuo in modo da poter unire qualcosa come in un puzzle dove un pezzo compensa quello immediatamente vicino, senza avere però da parte mia l’ardire di essere quel pezzo necessario al componimento di una figura di senso compiuto.

In generale posso essere d’accordo con te, e certamente non biasimo le tue visioni e decisioni, ne posso essere solo infelice, ma in particolare mi sento di volerne contestare qualcuna col solo fine di mettere in dubbio o in eventuale discussione mediante un’altra visione, in questo momento la mia.

Lo spirito è eterno e non può essere mai sazio, pur considerando che i ricordi, anche se iniziano a confondersi e sbiadirsi nel tempo, non servono sempre in modo chiaro e fulgido come quegli sprazzi che citi.

Mi sovviene una storia zen intitolata ‘I libri e il setaccio’:

Ho letto moltissimi libri, ma ho dimenticato la maggior parte di essi. Ma allora qual è lo scopo della lettura?

Fu questa la domanda che un allievo una volta fece al suo Maestro. Il Maestro in quel momento non rispose.

Dopo qualche giorno, però, mentre lui e il giovane allievo se ne stavano seduti vicino ad un fiume, egli disse di avere sete e chiese al ragazzo di prendergli dell’acqua usando un vecchio setaccio tutto sporco che era lì in terra. L’allievo trasalì, poiché sapeva che era una richiesta senza alcuna logica.

Tuttavia, non poteva contraddire il proprio Maestro e, preso il setaccio, iniziò a compiere questo assurdo compito.

Ogni volta che immergeva il setaccio nel fiume per tirarne su dell’acqua da portare al suo Maestro, non riusciva a fare nemmeno un passo verso di lui che già nel setaccio non ne rimaneva neanche una goccia.

Provò e riprovò decine di volte ma, per quanto cercasse di correre più veloce dalla riva fino al proprio Maestro, l’acqua continuava a passare in mezzo a tutti i fori del setaccio e si perdeva lungo il tragitto.

Stremato, si sedette accanto al Maestro e disse: “Non riesco a prendere l’acqua con quel setaccio. Perdonatemi Maestro, è impossibile e io ho fallito nel mio compito”.

Il vecchio sorridendo Rispose: “No, tu non hai fallito. Guarda il setaccio, adesso è come nuovo. L’acqua, filtrando dai suoi buchi lo ha ripulito. Quando leggi dei libri, tu sei come il setaccio ed essi sono come l’acqua del fiume.

Non importa se non riesci a trattenere nella tua memoria tutta l’acqua che essi fanno scorrere in te, poiché i libri comunque, con le loro idee, le emozioni, i sentimenti, la conoscenza, la verità che vi troverai tra le pagine, puliranno la tua mente e il tuo spirito, e ti renderanno una persona migliore e rinnovata.
Questo è lo scopo della lettura”.

Quelli che chiami momenti di Luce. Abbaglianti. Dovremmo ricordarci che non tutti li hanno e forse siamo fortunati, benché io non possa certamente comprendere il dolore personale affievolito e trasformato in aghi graffianti, come tu descrivi.

Poi citi la frase, che non riesci ad attribuire:

Ci sono uomini che non parlano perché non hanno nulla da dire. Altri che non lo fanno perché avrebbero troppo da dire.

Non escludo la veridicità di tale affermazione, ma credo che lo scrivere e il leggere siano un’espressione di Fratellanza che si concretizza in un trasferimento di energia da un lato e all’altro in perenne scambio universale.

Ne consegue che ne escludo, almeno per quanto mi riguarda, l’aspetto narcisistico e pure quello egoistico, senza eliminare che in talune occasioni possa essere un sublime momento catartico.

In una comunicazione, qualunque essa sia, il ricevente non solo può coincidere con l’emittente, ma anche; nelle due diverse direzioni, fuori da noi e dentro di noi, perché ogni esercizio di riflessione, e poi di comunicazione, è qualcosa che deve in qualche modo rimanere in noi e servire a ognuno di noi.

Perché si pubblica quello che scriviamo?

Certamente potrebbe essere come dici un proprio esercizio terapeutico. Ma se non lo si pubblicasse?

Lo si toglierebbe a chi potrebbe coglierne qualcosa. E perché?

Mi vorrei persuadere del fatto che su questa terra siamo a fare esperienza e a contribuire a farne fare agli altri, al fine di innalzare la Consapevolezza. In quanto Iniziati, però, abbiamo un dovere in più verso noi stessi e verso gli altri: portare fuori la nostra Anima e cercare di dare il nostro esempio.

Inutile chiedersi a chi arriverà l’esempio: devo ricordare a me stesso che l’albero non decide di fruttificare a seconda di chi sarà il consumatore, lo fa semplicemente perché è nella sua natura.

Qualcuno poi lo coglierà, o magari anche no. Ma quel frutto, cadendo in là, potrebbe far germinare il seme che contiene in un tempo e in chi al momento non c’è neppure. Potrebbe, ma l’albero forse non lo sa. E noi non credo possiamo avere una tal pretesa.

È da questa straordinaria attività di produzione vegetale che deriva la parola felicità – arbor felix secondo Catone -, laddove l’etimo originale Fèo, in greco Phyo, riporta alla fertilità: la pianta dando i suoi frutti realizza completamente la propria essenza.

Piaceranno a tutti?

Non è un problema della pianta: realizzare pienamente la propria personalità sta nell’essere fecondi e creativi e, dunque, nel dare!

La felicità non deriva dall’esterno ma dall’interno, verso ciò che viene dato, in maniera feconda, creativa, quindi consiste nel dare e non nell’avere. A prescindere da tutto perciò essere quindi sé stessi e dare l’esempio!

Il significante che abbiamo in mente come origine della nostra espressione, potrebbe avere conseguenzialità diverse nei vari destinatari, con un significato lievemente dissimile o completamente diverso da ciò che avevamo immaginato di trasmettere – come il sapore di un frutto in bocche diverse – non pensiamo certo che tutti i gusti siano oggettivi per chiunque!?

L’intuizione non è trasmissibile in senso della legge dei vasi comunicanti, certo, ma un lettore che legge una frase, un concetto, un’idea, può farsi scattare un impulso elettrico nel cervello e poi magneticamente nel cuore, producendo risultati che potrebbero non essere visibili e che non possono essere trasmessi a sua volta… a prescindere dalla lingua parlata o quella comprensibilmente assimilabile.

Come l’albero, non è affar mio valutare se esiste qualcuno che apprezzerà o utilizzerà i miei frutti consciamente o inconsciamente o valutare in anticipo il fatto se una società è per la maggior parte rimasta senza riferimenti etici e privata di divino e spiritualità, limitando tutto a cacca, pipì, mangiare, bere e dormire, come bimbi neonati.

La mia esperienza personale, alle volte, è estremamente deludente, ma non mi aspetto mai nulla. Faccio quello che sento di fare secondo ciò espresso sopra.

Alle volte, invece, arrivano delle comprensioni con persone che incarnano quella fulgida Luce d’esempio che riempie di tanto significato la mia coscienza.

Pietro continua a scrivere!

Se non fosse per la Tua scrittura, non ci saremmo nemmeno conosciuti, ricordati!

Autore Investigatore Culinario

Investigatore Culinario. Ingegnere dedito da trent'anni alle investigazioni private e all’intelligence, da sempre amante della lettura, che si diletta talvolta a scrivere. Attratto dall'esoterismo e dai significati nascosti, ha una spiccata passione anche per la cucina e, nel corso di molti anni, ha fatto una profonda ricerca per rintracciare qualità nelle materie prime e nei prodotti, andando a scoprire anche persone e luoghi laddove potesse essere riscontrata quella genuina passione e poter degustare bontà e ingegni culinari.

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