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Il Viaggio a Napoli di Vincenzo Filosa

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Cronaca del soggiorno napoletano del fumettista calabrese per presentare il suo “Viaggio a Tokio”

L’appuntamento è alle 11 a piazza Garibaldi. “Sei mai stato a Napoli?” “Sì, ma solo per lavoro”. Non so se sentirmi più a mio agio oppure preso in giro. Sarà pure vero che la presentazione si terrà in un contesto del tutto informale, presso l’ex carcere Filangieri, ora “Scugnizzo Liberato”, però… sempre di lavoro si tratterebbe.

È servito del tempo per capire. Sarà pure vero che il fumetto ideato e realizzato completamente da sé, per Canicola edizioni, è stato considerato da molti uno dei lavori migliori dell’anno appena trascorso, ma lui, “ti prego, chiamami Vincenzo”, non ci si è affatto messo sul piedistallo.

Per lavoro intende le riunioni noiose, gli incontri in giacca e cravatta. Lì, alla stazione centrale di Napoli, eravamo due persone che si incontrano per una chiacchierata, io e lui. Anzi, per essere precisi, io, lui e il mio motorino: andiamo comunque di fretta. Mentre sfrecciamo nel traffico di una Napoli in piena pausa pranzo, un po’ sono preoccupato e gli chiedo se avesse paura. “A Napoli ci sono i migliori autisti d’Italia, non sono affatto preoccupato”.

Caffè di rito, sigaretta e chiacchiere, tante chiacchiere. Dalla vita in città, alle differenze fra Napoli, Roma, Milano, la Calabria e il nord Italia, fino all’arte, il disegno, la musica. “In Giappone ho visto un sacco di concerti bellissimi”. Già, il Giappone. Lui ci è stato davvero, per un anno, dopo aver terminato gli studi sulla lingua e la cultura del paese del Sol Levante.

Un po’ di questo parla il suo “Viaggio a Tokyo”, parla della sua esperienza, delle sue sensazioni. “Ho voluto realizzare un fumetto per come la vedo io, che si allontanasse dalla visione stereotipata che abbiamo noi occidentali, ma che raccontasse una storia, una vera storia: la mia”.

Allo Scugnizzo si inizia alle 19.00: ci sono diverse persone sedute in sala, chi beve, chi scherza, chi guarda l’orologio. Io, Vincenzo e il mio collega per la presentazione sediamo su un divano, uno affianco all’altro. Cominciamo un po’ dalla storia del fumetto giapponese, i manga che sono diventati tanto famosi grazie anche alla versione animata in tv. Due grandi filoni, quello commerciale e quello d’autore, la dicotomia più classica delle produzioni culturali, il dilemma che affligge il mercato anche oggi.

Due grandi montagne, due modi di raccontare storie, due modi di interagire col lettore. C’è un po’ di entrambe in “Viaggio a Tokyo”, ma Vincenzo ci tiene a sottolineare che le sue scelte narrative sono state fatte solo per raccontare meglio ai lettori la sua storia. Sottolinea spesso che la storia sia la “sua”, anche se ha scritto il fumetto dopo diverso tempo che era tornato in Italia. Non è proprio una nitida autobiografia, ma dentro c’è tutto lo spirito di Vincenzo.

Si parla di un’avventura, una storia fatta di sconfitte, perdite e rese in un Paese lontano e così diverso, strano, per l’occhio occidentale. Una sorta di terra promessa per il protagonista, che però non tarda a diventare anche un luogo grottesco ed incomprensibile, troppo forte da sostenere.

Un vero e proprio viaggio personale, fatto dentro di sé ma anche fuori dal sé, in una mutua esperienza fra sensibilità personale ed una cultura diversa, con tutte le cleavages possibiliUn cammino alla ricerca delle radici del fumetto giapponese, delle sue storie, dei suoi racconti, calato fortemente nel contesto della vita quotidiana, senza disdegnare parentesi oniriche.

Non voglio svelare altri dettagli su questa graphic novel, perché si rischia di rovinare l’effetto che si ha leggendola. Non resta che sedersi sul divano con Vincenzo e lasciarsi raccontare le strade di Tokyo.

Autore Raffaele Meo

Appassionato di comunicazione e giornalismo da sempre, laureato a tempo perso, reporter per passione, esperto di social media e marketing per necessità, grafico novello.