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Il Totem della Pace

Totem della Pace


Aprile 2016

Stazione Marittima di Napoli. Sono seduto su di una panchina di pietra. Di fronte gli occhi vedono il palazzo San Giacomo, a sinistra il Maschio Angioino, sulla collina la Certosa di San Martino con il Castel Sant’ Elmo. Alle mie spalle, invece, ascoltano il suono il Mare.

Guardo l’urna dell’ignoto migrante che, in cerca semplicemente di un Futuro, ha avuto la vita spezzata, frantumata su scogli da noi piazzati sul cammino che percorreva, annegata nelle onde di un mare che gli ha risparmiato altro dolore.

Un’urna racchiusa in una scultura, “La Vela” che dovrebbe guidare e dirigere. “La Vela” gonfia di ricordi non più materiali. “La Vela”, che avrebbe dovuto essere quella di una nuova vita, è stata voluta e piazzata qui, dinanzi alla porta del mare.

Il sole ormai è tramontato. Resta solo quest’ultima luce alle spalle di questo monumento brutto, scarno, essenziale. Poche linee. Un solo colore, il Rosso. Lo hanno chiamato “Totem della Pace”.

Pace. Una parola strana e astratta. Forse la rappresentazione di un ideale. L’urna della Pace. La sua tomba. I resti dell’ideale. Sulle gambe ho il “Peter Pan” di Barrie. Anche lì, sull’Isola-Che-Non-C’è la pace non esiste.

Ci sono figli perduti, ignoti bambini migranti, persi e abbandonati da una vita che li ha esclusi ne cercano una nuova di pace, cercano un futuro per loro non creato.

La panchina in pietra che accoglie i miei pensieri e la vela in metallo qui di fronte a me sono rappresentazioni degli animi artefici di queste morti. Migranti che fuggono. Migranti che sognano. E noi erigiamo monumenti alla loro sofferenza. Ci sentiamo appagati, forse. Non lo so, ma non ha senso. Prima creiamo la non-pace, distruggiamo le terre obbligando interi popoli a migrare, poi li accogliamo come fratelli, però non possono vivere con noi.

Li ghettizziamo, trasformando le loro vite nelle nostre periferie. Ma piangiamo per loro. Creiamo movimenti civili mentre continuiamo a bombardarli, a vendere loro armi. Costruiamo il terrore nei loro confronti. La vela, il Viaggio, il cammino del Viaggio stesso che diviene tragedia, orrore, disperazione.

Ecco però innalzarsi al cielo il Totem della Pace, con l’appello ai migranti. Con le reliquie di coloro che sono andati alla ricerca di questa Pace. C’è da chiedersi di quale Pace si tratti, ma sono convinto che la maggior parte di noi non sappia dare una risposta.

Appello per i migranti
I corpi esanimi in mare, davanti ai nostri occhi, devono scuotere le nostre coscienze. Migliaia di migranti dispersi negli ultimi anni. Milioni di trasferiti o esiliati in cerca di dignità, pace, libertà: “urbibicidio” e “memoricidio” perpetrati in tante città e villaggi; innumerevoli esistenze di gente semplice mutilate o lacerate per sempre.

La sofferenza umana non deve trovare risposta in “ma… a me che importa?”
La globalizzazione dell’indifferenza, la negazione della solidarietà, l’eutanasia della speranza, la morte della fraternità non devono appartenere alla nostra cultura perché uccidono più dei naufragi. La comunità internazionale deve prendere atto, con matura consapevolezza, dell’esistenza di una nuova nazione. Quella dei profughi, dei rifugiati, dei migranti. Uno stato senza territorio, senza governo, senza regole, ma composto da persone che hanno bisogno di veder tutelatala propria dignità di esseri umani calpestata, annullata, mortificata da guerre e da disperazione.

I protagonisti di questo calvario non sempre hanno nome: sono i tanti Ahmed, Najlaa, Sumaya, Omar, Mohammed, Abdullah, Fatima provenienti da tanti paesi del mondo per sfuggire a violenze, attentati, ingiustizie, fame, epidemie, miserie umane…
La brutalità e le barbarie non devono trovare terreno fertile nell’inerzia, nell’incapacità, nelle irresponsabilità.

Davanti a queste tragedie non resta che gridare il nostro amore per i più deboli.
Gettiamo di nuovo una bottiglia nel nostro mare con un comune appello destinato a ciò che resta della nostra coscienza sulle nostre rive.
Questo monumento è frutto di una iniziativa congiunta della Fondazione Mediterraneo e del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, per combattere quella stessa “globalizzazione dell’indifferenza” che Papa Francesco ha indicato come uno dei mali dei nostri tempi, benedicendo l’urna con le reliquie del “Migrante Ignoto”, oggi 21 marzo 2015.
Michele Capasso, Presidente della Fondazione Mediterraneo
Felicio Angrisano, Comandante Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera

Il totem della pace
La vela che simboleggia il viaggio,
il mare.
Questo nostro mare che è stato culla
Delle civiltà, teatro di scontri e
Battaglie tra le genti che lo abitavano,
ma anche e soprattutto di scambi:
di merci e di saperi.
Un mare celebrato nel mito dove
Ulisse
Si perse, continuando a vagare
Nella sua disperata ricerca della via
Del ritorno.
La vela che si tinge di rosso,
all’alba e al tramonto,
alla partenza e al ritorno nel ritmo,
immutabile, dell’universo.
Molinari – scultore

Autore Fabio Picolli

Fabio Picolli, nato a Napoli nel 1980, da sempre appassionato cultore della conoscenza, dall’araldica alle arti marziali, dalle scienze all’arte, dall’esoterismo alla storia. Laureato in ingegneria aerospaziale all'Università Federico II è impiegato in "Leonardo", ex Finmeccanica. Giornalista pubblicista. Il Viaggio? Beh, è un modo di essere, un modo di vivere!

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