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Il suono del silenzio: esoterismo della canzone

suono


La musica è intangibile come il pensiero. Non si vede, ma c’è. Per questo tutti fanno finta che non valga niente. Ma certe risonanze, certe parole sanno donarci miriadi di significati nomadi. Ballate che sanno di filantropia, nel senso della donazione-di-sé.

La canzone vera, per poterla scrivere, ma soprattutto ascoltare degnamente, richiede lo stesso coraggio e la stessa perseveranza degli apprendisti usciti vittoriosi dalle prove degli elementi.

La canzone simbolica, eloquente, si svela in un ascolto preparato dalla nudità di un ego che si fa coppa, che si fa Graal. In un silenzio abissale in cui il suono e la parola, scoccando all’unisono come una scintilla, ci fanno percepire un frammento d’armonia, di senso e d’autenticità.

La canzone “bianca” produce gratitudine in questa vita rapida ed arida. Adesso e qui ci regala un tempo eterno. Nasce dal silenzio e, dopo aver vibrato, ritorna nel silenzio.

Silenzio e Musica. Le colonne che limitano e delimitano la nostra cristallizzata esistenza. Il dono che riceve e riattiva. Che ricompone ed evoca. Un balsamo corrosivo che scioglie i cristalli di ghiaccio dell’ego.
Un ritmo che martella l’invisibile con i suoi colpi di terra, d’aria, d’acqua e di fuoco.

Silenzio: la “passività attiva” che ci può condurre alla plasticità del cambiamento. La trama è misteriosa, l’arte e lunga e la vita è breve. E noi siamo piccoli. Per quanto lo dissimuliamo sfoderando stolti superomismi. Ma qualcosa si muove. Canta, si percepisce, si svela. Anche in un verso. Ma solo a chi cerca instancabilmente la parola perduta.

Ho sempre amato le ballate, per il loro ritmo equilibrato, per il taglio narrativo, per il linguaggio poetico e popolare. Per il senso circolare, fiabesco e avviluppante della forma – struttura. Tale componimento, d’antica origine provenzale, con il suo andamento altalenante che alterna il ritornello alla strofa, o stanza, è l’archetipo, tuttora immutato, della canzone moderna.

La canzone d’autore spesso utilizza, per approdare al cuore ed alla mente degli uomini, il veicolo della ballata. Così certi componimenti, a volte semplici o addirittura banali, entrano nella nostra memoria lunare, avvinghiandosi come edera invisibile ad una sequenza della nostra vita, ad un attimo, ad un fotogramma, ad un capitolo esistenziale, evocando, come scriveva Oscar Wilde

un passato personale che fino a quel momento ignoravamo.

La canzone “alta”, ma anche la banale canzonetta, penetra nelle menti di colti ed ignoranti, di sapienti e di sciocchi. Di giovani e di vecchi.
La diffusione massiccia, inconscia e pervasiva di certe canzoni trova fertile terreno nel senso di “oralità” tipica degli Italiani, un humus antropologico che ha favorito, per esempio, l’enorme diffusione dei telefonini rispetto ad altri Paesi.

La causa di questa spiccata propensione nazionale all’oralità, è riconducibile, secondo alcuni studiosi, al periodo della Controriforma che vietando la traduzione delle Sacre scritture nelle lingue nazionali ha, di conseguenza, bloccato l’apprendimento della lettura – scrittura rallentando un potenziale processo di incivilimento e di individuazione cultural/borghese.

Autore Hermes

Sono un iniziato qualsiasi. Orgogliosamente collocato alla base della Piramide. Ogni tanto mi alzo verso il vertice per sgranchirmi le gambe. E mi vengono in mente delle riflessioni, delle meditazioni, dei pensieri che poi fermo sul foglio.

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