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Il sogno di Troia

Cavallo di Troia


Agosto 2008
La passione per la storia antica e per l’archeologia, si impregnò dentro di me fin dai primi anni in cui ebbi una coscienza. Libri, storie e soprattutto immagini scorrevano davanti a me ragazzino ogni giorno. Una di queste immagini è una foto: Sophia Engastromenou con indosso i gioielli di Priamo.

Particolare, con la potenza di rievocare storie di vita, esistenze avventurose fatte di viaggi, scoperte, lotte, fughe, sogni. L’immagine delle esplorazioni ottocentesche dove i limiti tra il giusto e il non giusto venivano valicati confondendosi in nuvole di fascino e mistero.

Il sogno di Troia era una delle storie raccontate da quella foto.

La notte a Çanakkale è stata tutta pioggia, tuoni e lampi. La mattina non è stata migliore.

Siamo venuti fin qui per Troia. Usciamo dall’albergo sperando di trovare qualcuno che venda ombrelli, quando finalmente lo troviamo siamo già zuppi.

L’autobus che ci porta a Truva, 30 km da Çanakkale, è occupato solo da una coppia di ragazzi francesi. La pioggia continua a cadere giù. I finestrini sono appannati, umidi. Tele che incoraggiano l’acqua a dipingere figure nate da fantasie lontane. Arriviamo all’ingresso delle rovine. Il maltempo ha scoraggiato molti.

Collina di Hissarlik, era il 4 agosto del 1872 quando Schliemann rinvenne i primi reperti di quella che fu l’antica città di Troia, o meglio di quelle che furono le città di Troia.
Nove stratificazioni si susseguono l’uno sull’altra, dal terzo millennio avanti Cristo con il villaggio del Bronzo Antico al quarto secolo con l’insediamento romano.

L’idea fissa del tesoro di Priamo accompagnò Heinrich Schliemann negli studi omerici e nei viaggi alla sua ricerca, finché nel 1873, era il 15 giugno, a dieci metri di profondità sotto le mura della città del VI strato trovò un recipiente di rame contente più di 8700 gioielli d’oro.

L’aveva trovato! Aveva tra le mani il tesoro di Priamo. Oggi è conservato al museo al Museo Puskin, a Mosca, e vi si trova dal 1945 da quando i sovietici ve lo portarono dalla Germania. Ancora è conteso tra Turchia, a cui spetta di diritto, Grecia, dove Schliemann portò il tesoro dopo averlo scoperto, Germania, patria dello scopritore e nazione alla quale fu donato dallo stesso Schliemann, e Russia.

È un continuo susseguirsi di mura, di pietre, di fantasmi di case, di templi, di palazzi.
Si cammina per la collina. È gialla di erba arsa dal sole. Si vedono costantemente cartelli che indicano le stratificazioni del luogo, come quelle del tempo. In un momento ben preciso, però, il suo scorrere si è fermato. Si è diviso, se può il tempo dividersi. Da un lato ha proseguito la storia, dall’altro il mito.

I pochi turisti ignari di come sia oggi la città di Troia, Truva costruita poco distante nei secoli che seguirono l’ultimo abbandono, li vedi annoiati, come se l’entusiasmo che li ha spinti fin lì con la pioggia sia sparito, volatilizzato da quella massa squadrata di pietre.
Ne vedo uno, un ragazzo con la fidanzata. Ha in mano una copia inglese dell’Iliade.
Fa uno strano effetto. Non sono il solo ad affascinarsi. Ripercorro nella mia mente le conseguenze, le storie nate da quella guerra. Ilios, quanta responsabilità ha avuto.

Il sole è tornato, timido e lento, ma è tornato.

Efeso e Pergamo sono siti più belli e meglio conservati, ma Troia dona emozioni di un’altra storia. Cammini per strade, tocchi le pietre che hanno fatto di quella storia leggenda e della leggenda un’epopea. Il mito. Gli eroi. Dalla collina guardo verso la valle che l’accoglie.

Cerco di immaginare la guerra che Omero ha reso immortale. Cerco di immaginare le nove Troia che si sono susseguite l’una sull’altra, l’una dentro l’altra.

Mi volto e vedo la città. Vedo Schliemann con in mano una copia dell’Iliade, rigorosamente scritta in greco antico, aggirarsi per la collina che ancora cela le rovine. Vedo Schliemann che con la moglie Sophia, l’ultimo giorno di scavo, trova il suo tesoro. Il tempo delle grandi esplorazioni, delle grandi scoperte. Vedo il tempo degli uomini che seguivano un sogno.

Ele è infreddolita.

Lasciamo il sito con il sole che ci corre dietro.

Mi sento svuotato. Come se quelle pietre vive avessero trattenuto parte di me.

Torniamo a Çanakkale, alla sua torre dell’orologio, alla riproduzione del cavallo di Troia sul lungomare.

Ci accoglie la città vecchia. Il caravanserraglio e il calzolaio spagnolo.

Autore Fabio Picolli

Fabio Picolli, nato a Napoli nel 1980, da sempre appassionato cultore della conoscenza, dall’araldica alle arti marziali, dalle scienze all’arte, dall’esoterismo alla storia. Laureato in ingegneria aerospaziale all'Università Federico II è impiegato in "Leonardo", ex Finmeccanica. Giornalista pubblicista. Il Viaggio? Beh, è un modo di essere, un modo di vivere!

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