L’Isis continua a suscitare terrore, ma nella folle guerra che il califfato ha intrapreso contro il mondo, un ruolo fondamentale lo stanno giocando i Curdi con la difesa e la resistenza di Kobane.
Bisogna chiedersi ora chi sono i Curdi? La storia di questo popolo è sempre stata travagliata. Abitano nella regione situata tra il Caucaso ed il Golfo Persico, anche se il Kurdistan non ha mai costituito un’entità politica unitaria ed autonoma. Nel 1920 fù firmato il Trattato di Sevres, il quale prevedeva la creazione del Kurdistan nella zona a nord di Mossoul, ai confini tra la Turchia, la Siria e l’Iraq. Ma negli anni successivi la guerra per l’indipendenza combattuta dai curdi portò ad un cambiamento delle carte in tavola: la Francia aveva incorporato alcune province curde alla Siria e l’Inghilterra fece lo stesso incorporando la zona di Mossoul all’Iraq. Nel 1923 venne firmato il Trattato di Losanna, con esso tutto il territorio dell’Asia minore veniva restituito alla Turchia e quindi anche la sovranità su buona parte del territorio curdo. Così dal 1921 al 1925 25 milioni di Curdi furono dispersi in 5 nazioni (Turchia, Siria, Iran, Iraq, Armenia) diventando 5 gruppi di minoranza all’interno di questi Paesi.
Inizia in questo modo il calvario del popolo curdo: privati di una patria, del riconoscimento della loro identità culturale, iniziano ad esser discriminati ed a subire violenza di ogni sorta dai rispettivi ” paesi ospintanti”. Ad esempio nel 1991, dopo la guerra del Golfo, 2 milioni di curdi incalzati dall’esercito di Saddam Hussein fuggirono dall’Iraq. Indubbiamente il Trattato di Losanna ha finito per peggiorare
la condizione di questo popolo al punto che essi non hanno il diritto di dare un nome ai propri figli, non hanno il diritto di parlare e scrivere in curdo, di avere un giornale o rappresentanti politici. Anche L’Iraq non si è mostrato clemente nei loro confronti: bombardamenti, uso di armi chimiche e deportazioni che potrebbero far pensare ad un vero e proprio ” genocidio”.
Il Kurdistan oggi è diviso il quattro parti: il Rojava collocato nel nord-est della Siria, il Kurdistan del Nord collocato del sud-est della Turchia, il Kurdistan meridionale collocato nel nord dell’Iraq ed infine il Kurdistan orientale collocato nell’Iran occidentale. Ed i principali movimenti politi di riferimento sono: il Pyd: democratic union party. Basato sull’uguaglianza sociale, la giustizia e la libertà di credo, pluralismo e libertà dei partiti politici. Questo partito è stato vietato in Siria perchè la costituzione stabilisce che i partiti non possono essere fondati su base etnica, religiosa, tribale e regionale. Al Pyd è affiliato il Pkk, che dalla Turchia, Usa, Nato ed UE viene considerata un’organizzazione terroristica.
Proprio questa grande ostilità nei confronti di entrambi i partiti hanno portato la Turchia a mobilitare ingenti forze militari per evitare che i membri del Pkk potessero arrivare a dare aiuto agli assediati, al punto di bloccare gli aiuti umanitari destinati agli sfollati di Kobane, ma tutto questo non ha funzionato: sono stati proprio i curdi, armati dagli Stati Uniti per via aerea, a difendere la città siriana facendola diventare il simbolo e roccaforte della guerra e della resistenza armata al califfato arabo. Le vere protagoniste di questa battaglia sono le donne, che svolgono un ruolo attivo all’interno dei combattimenti, imbracciano armi e gestiscono l’afflusso di risorse; molte di loro sono infatti comandanti e sono diventate un pò l’immagine simbolo di questa impresa storica, si pongono in prima linea e dimostrano la loro forza ed intelligenza che l’Isis, invece, ha sempre denigrato.
La domanda è: cosa ha spinto una popolazione senza Stato, senza risorse ed armi a combattere contro una grande potenza come l’Isis, che viene invece finanziata dalle “petromanorchie”? Perchè i Curdi decidono di difendere un territorio, popolazioni e governi che gli hanno negato la libertà, la possibilità di avere un’identità? E perché accettano aiuti dall’America? Perchè l’America decide di armarli e finanziarli? Forse per mandarli come avamposto, in attesa di conoscere meglio il nemico ed evitare così di esporsi direttamente e subire un nuovo 11 settembre? Forse queste risposte non le avremo mai, ma per ora è bello pensare, in opposizioni alle logiche economiche, affariste ed egoistiche che ci siano ancora popoli animati solo dall’amore per la proprio terra, per le proprie origini e che sono in grado di mettere da parte l’odio ed il rancore verso quei “vicini” che di loro non hanno avuto nessun rispetto.
Monica De Lucia
Autore Monica De Lucia
Monica De Lucia, giornalista pubblicista, laureata in Scienze filosofiche presso l'Università "Federico II" di Napoli.