Gli innumerevoli tentativi messi in atto per datare con precisione le origini del quadrato magico, capirne l’utilizzo, svelarne significati e misteri celati, non producono i frutti sperati, anzi, vi sono ritrovamenti che infittiscono la coltre misterica che avvolge il palindromo.
Appare, infatti, singolare che sia dipinto in una cappella dell’Inquisizione in Spagna e che sia inciso su di un Sigillo della stessa Inquisizione. Emanuel Delorme, a tal proposito, nel 1905, pubblica un libro dal titolo ‘Gli emblemi dell’Inquisizione’, in cui riferisce dell’esistenza, presso il Museo Etnologico di Lisbona, di un Sigillo dell’Inquisizione spagnola con sopra inciso il quadrato del SATOR. Delorme trova anche una medaglia dell’Inquisizione con impresso su un verso il simbolo del tribunale ecclesiastico e sull’altro il palindromo letterale del SATOR.
Tenendo conto che l’emblema del tribunale ecclesiastico corrisponde ad una Croce coronata tra un ramo d’olivo, indicante la misericordia divina, e una spada sguainata, che gli studiosi ritengono rappresenti l’arma di Dio usata dall’Inquisizione per punire gli eretici, il mistero s’infittisce. Diviene infatti complicato comprendere la presenza del palindromo in quel contesto punitivo e si aprono ulteriori scenari nel mare magnum interpretativo del quadrato magico.
Considerando che secondo Delorme il palindromo è utilizzato come segno identificativo tra i membri di una setta eretica che condivide sia il pensiero di Abraham ibn ‘Ezra che di altri autorevoli rappresentanti del neoplatonismo giudaico, sembra plausibile ipotizzare che l’inquisitore indossi questo tipo di medaglia per diversi motivi. Potrebbe mostrare a chi abiura la croce coronata e a chi non lo fa il palindromo o, ancora, mediante tale decorazione, potrebbe manifestare pubblicamente l’intrinseca supremazia del culto cristiano su quello gnostico.
Un’ulteriore teoria vedrebbe la medaglia come strumento per dimostrare la dicotomia esistente tra la croce, simbolo della fede cristiana, e il palindromo, che, in quel contesto, è emblema del panteismo e, quindi, dell’eresia. L’egemonia del culto cristiano colpevolizza e reprime la gnosi ebraica perché questa assegna allo spirito divino il compito di permeare il perenne succedersi della vita; divulga la mutua presenza dell’Uno nel Tutto e viceversa; diffonde l’idea che Dio è l’Uno che, oltre a infondere la vita, è la causa unica di tutto ciò che esiste.
La medaglia dell’Inquisizione con inciso da un lato il simbolo del tribunale ecclesiastico e dall’altro il palindromo, che sembra accreditare l’ipotesi che supremazia del culto cristiano su quello gnostico, fornisce l’avvio di un’avvincente interpretazione, a metà strada tra la religione e l’ermetismo, indirizzando la lettura verso «Io (Dio) seminatore creo, egli (Demiurgo) governa la materia, tu (uomo) ruoti», pare descrivere una dottrina gnostica in cui il tragitto umano, parte da Dio, giunge al Demiurgo, il quale traghetta l’essere umano da un punto all’altro del suo percorso evolutivo.
Tale chiave di lettura appare molto affascinante giacché sembra che attenga ad una scienza che riguarda le leggi dell’Universo e si prospetti come algoritmo atto a decifrare gli archetipi celati nel messaggio.
Anche l’esistenza di una versione eretica del palindromo non sembra essere inverosimile, anzi, appare confermata dall’incisione realizzata su di una pietra esterna della Chiesa di San Lorenzo, a Rochemaure, in Francia, da Qiroi, uno dei membri del movimento eretico conosciuto come catarismo albigese giacché diffuso nella regione francese di Albi. Il palindromo non ama smentirsi, confermando, dunque, l’intrinseca indole sfuggente e continua a confondere le idee di chi cerca di caratterizzarlo. L’ipotesi che lo ingloba nell’alveo simbolico riconducibile all’eretismo cataro – albigese, infatti, sembra essere immediatamente smentita dalla sua stampa su di una Bibbia carolingia.
Il Quadrato Magico del SATOR per non contraddire chi lo reputa imperscrutabile ed implementare la coltre misterica che lo avvolge, usa mescolare sacro e profano, vestendo anche i panni del talismano.
Infatti, l’astrologo e medico Gerolamo Cardano nel ‘De Rerum Varietate’ gli assegna una valenza magica. In quest’opera si narra che un cittadino lionese guarisce dalla pazzia ingerendo, per tre giorni consecutivi, una crosta di pane con impresso il testo del palindromo e recitando, per ogni tozzo, cinque volte il Padrenostro, in memoria dei chiodi della croce e delle piaghe di Cristo.
Cardano non è l’unico a far coesistere il sacro con il profano perché nel XV secolo, lo scrittore Guillaume de Villiers, nel ‘Traité d’Hippiatrie’, sostiene che per calmare un cavallo indisciplinato bisogna scrivere il quadrato del SATOR su di una pergamena vergine e legarla al collo dell’animale.
Il quadrato magico letterale non smette mai d’intrigare, tant’è che oltre a vestire i panni di amuleto, sembra indossare anche quelli di passatempo ludico, perché appare tra giochi di parole in un interessante manoscritto carolingio del 806 d. C., copia di un altro redatto tra il IV e il V secolo d.C., da San Girolamo, monaco cristiano romano e biblista.
Questo aneddoto, oltre ad essere significativo, sembra accreditare la tesi di chi sostiene che le origini del palindromo siano precristiane perché il santo, occupandosi della traduzione dal greco al latino di una parte dell’Antico Testamento, ha la possibilità di consultare testi datati, di provenienza sia ebraica che non.
Il gesuita Athanasius Kircher, noto decifratore di geroglifici egiziani che si occupa di un’antica carta geografica egiziana di Atlantide, ritrovatore di testi smarriti riconducibili ad Ermete Trismegisto, capace di influenzare, mediante le sue opere ermetiche, la formazione esoterica del Principe Raimondo di Sangro, nel suo libro del 1665, ‘Arithmologia’, fornisce una versione particolare del palindromo.
Egli, oltre a presentare il crittogramma del SATOR incluso in un esagramma, riporta, tra i tanti, il Sigillum Martis divulgato da Agrippa, ed informa che il palindromo è presente anche in Etiopia e in Arabia. Questa presenza sembra essere avvalorata dal ritrovamento di un quadrato magico, databile al 739 d.C., nella camera funeraria di una cappella copta nel deserto nubiano a ovest di Faras.
Tale rinvenimento sembra rendere credibile una singolare proposta interpretativa che si rifà alla tradizione copta abissina e che Kircher diffonde. Il filosofo gesuita, nel suo testo, sostiene che gli etiopi invocano il Salvatore con i nomi Sador, Alador, Danet, Adera, Rodas e li associano, enumerandoli, ai cinque chiodi della croce. Alcuni studiosi, oltre a pensare che i primi quattro siano quelli sul corpo di Cristo e l’ultimo quello sul Titulus crucis, li ricollegano al palindromo e avvalorano la tesi di chi asserisce che il quadrato magico rappresenti un’altra compenetrazione tra il mondo cristiano e quello di altre culture.
La scoperta del palindromo in una cappella dedita al credo dei cristiani egiziani, che con le loro tradizioni e usanze manifestano l’osmosi tra il mondo cristiano e quello egizio, apre ulteriori scenari interpretativi e rinforza la convinzione di chi ricollega il palindromo sia al cristianesimo che ad altri culti.
Il quadrato magico, pur essendo letterale, presenta analogie con le matrici numeriche che intrigano molto astrologi, studiosi di magia, alchimisti e cabalisti. Il bizantino greco Manuel Moschopoulos, tra la fine del 1220 e l’inizio del 1300, previo, forse, lo studio di un lavoro dell’arabo Al-Buni, scrive un trattato matematico attinente ai quadrati magici numerici e attribuisce loro proprietà mistiche.
In seguito, Heinrich Cornelius Agrippa dichiara che i quadrati numerici vadano dal tre al nove, rappresentino i sette pianeti conosciuti in quel periodo e siano dotati di grandi virtù giacché, mediante le cifre, manifestano la ragione e le idee della Mente Divina.
Per ciò che attiene la magia, il palindromo sembra essere riconducibile a quello numerico a cinque colonne, contenente venticinque numeri, di cui la somma di quelli in orizzontale e in verticale è sempre 65, mentre quella totale è 325. Questo quadrato è ritenuto magico e, infatti, Cornelius Agrippa, in una sua importante opera lo collega a Marte e lo diffonde assieme ad altri. L’esoterista e alchimista tedesco in merito alla funzione magica ed ermetica dei simboli, suggerisce d’incidere quello del dio della guerra sulla spada, affinché renda l’uomo temibile nel conflitto, e sulla corniola, la pietra dell’equilibrio, per arrestare le emorragie.
Lo scrittore kabbalista A. Dave Grad in un suo testo presenta un’altra interessante chiave di lettura che, aprendo al palindromo le porte del mondo della cabala, ne incrementa il fascino suscitato dalla valenza esoterica.
Reputa, infatti, che nel caso in cui si sostituiscano le lettere con una progressione numerica che va da uno a venticinque, la somma, sia delle due matrici numeriche, orizzontale e verticale, dell’incrocio palindromico del TENET, che delle due diagonali, che disegnano la croce a forma di X, sia sempre 65.
Inoltre, il totale dei numeri abbinati alle stesse lettere, delle medesime parole lette al contrario, è sempre lo stesso, ovvero 10+16 = 26 OO, 18 + 8 = 26 PP e così via. Singolare e rilevante poi, il fatto che la N, oltre a non essere duplicata, sia dislocata centralmente e corrisponda al numero 13 che, moltiplicato per 2, produce 26.
Alla luce di questo, Grad pensa che il quadrato del SATOR sia una chiave cabalista centrata sui numeri 13, 26 e 65 che simbolizzano Dio. I cabalisti, infatti, ritengono che il 26 corrisponda alla somma numerologica di YHWH, il Tetragramma sacro, il 65 a quella di ADONAI e che entrambi i sostantivi, in ebraico, indichino l’Eterno.
Continuando su questa falsariga, Grad rileva che sommando il 26 al 65 si ottiene quel 91 che corrisponde al numero perfetto, il 10, che, a sua volta, converge con l’UNO, è È’HAD in ebraico, e la sua somma coincide con il 13 che designa l’Eterno e risiede al centro del quadrato magico del SATOR.
Grad ritiene, infine, che la Bibbia, mediante il Deuteronomio, VI: 4, convalidi la chiave di lettura cabalistica del quadrato magico del SATOR. Infatti, la preghiera ebraica Shemà Israel recita: «Shemà Israel YHWH Elohé non Adonai È’HAD», ovvero, «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo», che letta mediante il quadrato magico del SATOR diventa «Ascolta Israele: YHWH (26), l’Iddio nostro, Adonai (65) è Unico (13)».
Autore Domenico Esposito
Domenico Esposito, nato ad Acerra (NA) il 13/10/1958, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali, Master in Ingegneria della Sicurezza Prevenzione e Protezione dai Rischi, Master in Scienze Ambientali, Corso di Specializzazione in Prevenzione Incendi. Pensionato Aeronautica Militare Italiana.