Se i partiti non rappresentano più gli elettori, cambiamoli questi benedetti elettori.
Corrado Guzzanti
Due guerre in corso ancora caldissime, in Ucraina e a Gaza, il dossier migrazioni che inquieta l’Unione europea, la sfida nel Pacifico con la Cina e il futuro di Taiwan in ballo.
Arriva l’anno record delle elezioni, più di 4 miliardi di persone chiamate alle urne nel mondo, come non era mai accaduto nella Storia. Un anno carico di sfide ed incognite orientate dagli umori elettorali.
Si andrà alle urne in 76 Paesi. La popolazione degli Stati in cui si terranno le elezioni nel 2024 ammonta a 4,1 miliardi di persone, come riportavo prima, ovvero il 51% di quella mondiale.
Infatti, otto dei Paesi più popolosi del globo terranno le elezioni nel 2024: India, Stati Uniti, Indonesia, Pakistan, Brasile, Bangladesh, Messico e Russia.
Essi sono il 42% della popolazione mondiale; la cifra di oltre la metà si raggiunge se si includono le elezioni locali e municipali, in particolare in Brasile e Turchia, secondo The Economist.
Rappresentano più della metà del PIL globale, più del 40% del PIL globale per quelli in cui si tengono le elezioni nazionali. Sempre The Economist ha definito il 2024 come «il più grande anno elettorale».
Il quotidiano britannico Guardian ha indicato il 2024 il Super bowl della democrazia, con riferimento alla finale del campionato statunitense di football americano.
Le elezioni si terranno in 76 Paesi, pari al 51% della popolazione mondiale. Secondo l’indice di democrazia, 28 di questi non raggiungono le condizioni essenziali per garantire un voto democratico.
Inoltre, tra il 6 e il 9 giugno ci saranno le elezioni europee. I cittadini dei 27 Paesi membri dell’Unione europea saranno chiamati a votare i 720 rappresentanti che faranno parte del Parlamento europeo. Da questi dipenderà la nomina del futuro Presidente della Commissione europea.
La Finlandia è la prima che andrà al voto nel 2024, a gennaio. I candidati sono Alexander Stubb dal Partito di coalizione nazionale ed ex primo Ministro, e Jutta Urpilainen, ex Commissaria europea per i partenariati internazionali dal Partito socialdemocratico.
In Russia si voterà a marzo. Dopo la notizia della ricandidatura di Vladimir Putin, la sua vittoria è quasi assicurata. La sua nomina rappresenterebbe il quinto mandato per il Presidente di 71 anni in carica dal 2000.
Le elezioni avranno luogo anche nelle regioni di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia, annesse alla Federazione russa dopo il referendum del 2022. Anche nella vicina Bielorussia si deciderà sul nuovo Presidente. Secondo i primi sondaggi, sembra che l’attuale Presidente Aleksandr Lukašenko sarà riconfermato.
Voteranno anche la Croazia, Romania, Azerbaigian e Islanda. Nell’America del 2024 si gioca non una disputa politica su orientamenti e culture contrapposte, ma una questione esistenziale riguardante la democrazia; dunque, come dice il Financial Times l’anima stessa di quel Paese e di tutto ciò che dipende dalla sua salute.
Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti sono sempre state un momento cruciale nella politica mondiale. Le prossime si terranno il 5 novembre 2024. A prima vista sembra che manchi ancora molto e che sia inutile iniziare a parlarne ora. La verità è però che la sfida è già pienamente in atto, come spesso accade in un Paese che è sempre più in uno stato di perenne campagna elettorale.
A differenza del passato, però, le prossime elezioni si terranno in un contesto di sempre più estrema polarizzazione politica, in cui la maggioranza degli elettori esprime oggi opinioni decisamente negative verso i due probabili contendenti e si dice molto preoccupata per il futuro degli Stati Uniti.
Possiamo solo aggiungere, per cercare di capire meglio, che la democrazia, dunque, l’aria che respiriamo e il nutrimento di generazioni uscite dalla vittoria sui totalitarismi nella guerra mondiale guerreggiata e nella guerra fredda, non è solo un insieme di regole, di costituzioni, di commi pur decisivi e procedure, è tutto quel che ci resta dopo il chiasso insorto a padroneggiare il nostro tempo e il delirio bellico tonante, che ha ristabilito il diritto della forza contro il diritto.
Si tratta di una ripetizione delle precedenti elezioni, ma, questa volta, Biden non è più il salvatore che allontana Trump dalla presidenza; è un Presidente in carica poco apprezzato anche all’interno del Partito Democratico.
Dall’altra parte, c’è il solito Trump arrabbiato e in guerra contro tutti, ma con accuse gravi rivolte alle sue azioni. Nel frattempo, il Maine ha deciso di escludere Donald Trump dalle primarie repubblicane a causa dell’assalto al Campidoglio avvenuto nel gennaio 2021. La stessa determinazione è stata presa una settimana fa dal Colorado. Le primarie repubblicane nel Maine sono programmate per martedì 5 marzo 2024, durante il cosiddetto “Super Tuesday”.
Intanto, il Consiglio della Federazione Russa, la Camera Alta del Parlamento della Federazione, ha adottato una risoluzione per la convocazione delle prossime elezioni presidenziali il 17 marzo 2024.
La Presidente del Senato, Valentina Matvienko, ha dichiarato aperta la campagna elettorale. Vladimir Putin ha rotto gli indugi, annunciando via Tass, l’agenzia stampa controllata dal Cremlino, la sua candidatura ufficiale alle nuove elezioni presidenziali.
La corsa dello zar, 71 anni, non era in dubbio: dal 2000 Putin è a capo del Cremlino, dal 1999 ricopre un ruolo ai vertici della Federazione russa. L’ultima riforma costituzionale, costruita ad hoc per garantirgli di restare al potere, gli consente altri due mandati di 6 anni. E un passo indietro non era tra gli scenari possibili.
Non sono attese del resto sorprese dalle urne, in un contesto politico con le opposizioni messe a tacere e l’assenza di leader antagonisti. Si stima siano circa un milione i russi emigrati all’estero, tra cui molti oppositori e giornalisti indipendenti.
La rielezione di Putin è scontata, dunque, salvo imprevisti: questo vuol dire che lo zar resterà al potere almeno fino al 2030 con la possibilità di ricandidarsi fino al 2036. Secondo i sondaggi, Putin ha un indice di gradimento superiore all’80%.
La guerra in Ucraina dovrà fare i conti anche con le tre elezioni fissate per il prossimo anno: a Kiev si dovrebbe votare a marzo per scegliere un nuovo Presidente, ma il voto potrebbe essere rimandate per via del conflitto.
Possiamo pensare, però, che di queste date, la più gravida di conseguenze per l’Ucraina sarà il 4 novembre, giorno delle presidenziali americane, quando la possibile vittoria del Repubblicano Donald Trump potrebbe causare uno stop definitivo o una significativa riduzione degli aiuti americani e del sostegno diplomatico a Kiev.
In base all’attuale legge, il voto dovrebbe essere rimandato fino al termine della legge marziale. Ma alleati del Presidente e lo stesso Zelensky sono stati ambigui sulla possibilità di modificare la legge e tenere regolari elezioni l’anno prossimo, aprendo e poi chiudendo alla possibilità.
L’opposizione, nel frattempo, è contraria al voto, mentre molti sottolineano le difficoltà tecniche quasi insormontabili di organizzarle in tempo di guerra. Ma con la popolarità del Presidente in calo e la possibilità di aggiudicarsi un nuovo mandato con cui chiedere nuovi sacrifici agli ucraini, provare la strada elettorale rimane una tentazione per il circolo presidenziale.
Anche l’Europa, intesa come Istituzione, vivrà il suo momento topico: le elezioni europee del 2024 si terranno nei 27 Stati membri dell’Unione europea tra il 6 e il 9 giugno, come deciso unanimemente dal Consiglio dell’UE, con la libertà per ogni stato membro di organizzarle in uno o più giorni tra questi secondo le consuetudini elettorali nazionali.
Il 13 settembre 2023 il Parlamento europeo ha votato per aumentare il numero di eurodeputati da 705 a 720, al fine di rispettare le variazioni demografiche tra gli Stati membri.
Le elezioni del 2024 rappresenteranno la decima tornata elettorale per il Parlamento europeo, in quanto il primo voto popolare risale al 1979, e saranno le prime dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea.
Gli italiani e le elezioni europee non sembrano andare d’accordo, tanto che il vincitore della contesa elettorale, nel caso dei cittadini – elettori tricolore, sarebbe il partito dell’astensione.
Secondo un sondaggio dell’Eurobarometro, se si andasse al voto tra una settimana, si recherebbe a votare “probabilmente” il 62% degli aventi diritto. Vuol dire che tra chi non sa e chi proprio non ha intenzione di esprimersi, c’è un 38% di astensionisti in giro per la Penisola.
Sei italiani su dieci, il 60% quindi, ammettono di affrontare solo “occasionalmente” temi legati all’Unione europea e alle sue politiche, mentre un italiano su quattro, il 25%, addirittura non ne parla proprio “mai” quando è in compagnia di amici e parenti.
Insomma, non ci resta che andare alle urne, sperando il meno possibile di “turarci il naso”.
Italiani, dormite pure, borghesi pantofolai, tanto qui c’è l’insonne che vi salva; mentre voi dormite, La Trippa lavora. Vota Antonio, vota Antonio!
Totò
Autore Massimo Frenda
Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.