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Il Paradosso del Potere e la Sindrome del Pollo

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Il Paradosso del Potere


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Pochi giorni fa le agenzie stampa di tutto il mondo hanno lanciato una notizia sensazionale. Twitter ha bannato con il bollino ‘fact check’ (controllare la fondatezza) un tweet lanciato dal Presidente Trump.

Credo sia la prima  la prima volta che un social media prende l’iniziativa di segnalare un post di un leader politico “potenzialmente fuorviante”. Per di più riguardante un messaggio lanciato da uno dei personaggi più influenti, per la carica che ricopre quale Presidente di una delle nazioni più potenti al mondo.

Non sono in grado di affermare con certezza se la notizia riportata con il tweet lanciato dal Presidente sia effettivamente fondata. Tuttavia, quest’evento, come tantissimi altri che possiamo osservare nei comportamenti delle persone potenti mi fa riflettere, e suscita in me una domanda che mi predispone a verificare la notizia del Presidente.

Perché il più delle volte sembra che le persone al Potere, i ricchi o coloro con Status di privilegio, abbiano spesso comportamenti contraddittori talvolta talmente arroganti di cui difficilmente riusciamo a comprenderne la causa?

Una famosa riflessione di Henry Kissinger ci introduce la risposta:

Il Potere è il supremo afrodisiaco.

Margaret Heffernan in un suo speech su TED, ci racconta che William Muir, biologo evoluzionista della Purdue University:

Eseguì uno studio sui polli. Muir si interessava di produttività, che nei polli è facile da misurare perché basta contare le uova. Voleva sapere come rendere i suoi polli più produttivi, così escogitò un esperimento.

I polli vivono in gruppi, quindi ne selezionò una colonia media e la lasciò crescere per sei generazioni. A questo punto, creò un secondo gruppo composto dagli individui più produttivi, che chiamò superpolli.

Questi furono riuniti in una super colonia, selezionando da ogni generazione soltanto gli individui più produttivi.

Dopo sei generazioni scoprì che i polli del primo gruppo, quello medio, se la passavano benissimo. Erano tutti belli grassottelli e ben piumati e la produzione di uova era aumentata notevolmente.

Mentre nel secondo osservò che i polli erano tutti morti, eccetto tre superstiti che avevano beccato a morte tutti gli altri. Gli individui più produttivi avevano raggiunto il successo solo eliminando la produttività degli altri.

La Heffernan va in giro per il mondo a raccontare questa storia che porta con sé una metafora per la quale tra il pubblico c’è sempre qualcuno che intravede un nesso tra l’esperimento dei Super Polli di Muir e la sua vita lavorativa in una azienda, nei politici, talvolta nella sua vita privata e sociale.

La Sindrome del Pollo sembra ‘corrompere’ i Potenti.

Lo storico Henry Adams descrisse il Potere come

una sorta di tumore che finisce per uccidere le simpatie della vittima.

Oggi, secondo alcune conclusioni scientifiche come quelle di Dacher Keltner, psicologo comportamentale e sociale professore all’Università di Berkeley:

… i soggetti sotto l’influenza del potere agiscono come se avessero subito un danno cerebrale traumatico, diventando più impulsivi, meno consapevoli del rischio e, in maniera cruciale, meno abili nel vedere le cose dal punto di vista delle altre persone.

Sembrerebbe quasi che le persone di Potere siano dissociate.

Dissociazione (M. Morgese): un processo di disintegrazione mentale, la mente viene a perdere la sua capacità di integrare alcune funzioni superiori, e svariate osservazioni cliniche stabiliscono un legame causa-effetto tra trauma e dissociazione (Dutra et al., 2009).

Tale rapporto sembrerebbe essere non lineare: la dissociazione non è una difesa dal dolore del trauma, essa si configura piuttosto come una disintegrazione di coscienza e intersoggettività.

La dissociazione compromette le relazioni interpersonali e causa una deficitaria capacità di regolare le emozioni in caso di stress, uno sviluppo difettoso e una carente mentalizzazione (Liotti & Farina, 2011).

Keltner conduce da oltre 20 anni una ricerca nelle scienze comportamentali con studi ed esperimenti di laboratorio e sul campo.

Egli ha scoperto uno schema inquietante:

Mentre le persone di solito ottengono potere attraverso tratti e azioni – quali: empatia, collaborazione, apertura, correttezza e condivisione – che fanno progredire gli interessi degli altri nei loro confronti, quando iniziano a sentirsi potenti o godono di una posizione di privilegio, queste qualità iniziano a svanire.

I potenti hanno maggiori probabilità rispetto alle altre persone di assumere comportamenti maleducati, egoistici e non etici…

Nella sua pubblicazione ‘Non lasciare che il potere ti danneggi’ ci spiega che la ricchezza e un particolare status di privilegio di una persona possono avere un effetto corrompente sul suo comportamento sociale.

Un esperimento di Paul Piff, dell’Università di Irvine, ha scoperto che i conducenti dei veicoli meno costosi cedevano sempre il diritto di passaggio ai passanti in un passaggio pedonale, mentre le persone alla guida di auto di lusso lo facevano solo il 54% delle volte, quasi la metà di loro sono soliti ignorare i diritti del pedone e le norme del codice della strada che lo proteggono.

Alcune indagini su dipendenti di aziende di 27 Paesi hanno rivelato che è più probabile che siano gli individui con posti dirigenziali e benestanti ad affermare che è accettabile assumere comportamenti non etici, come prendere tangenti o imbrogliare il fisco eludendo o evadendo le tasse.

Ma non è solo la psicologia che indaga e studia questo genere di problema comportamentale. Anche le neuroscienze sono arrivate alle stesse conclusioni con una visione oggettiva del funzionamento cerebrale nelle persone di potere. Sukhvinder Obhi – neuroscienziato all’Università McMaster in Ontario, Canada – ha recentemente descritto qualcosa di simile.

A differenza di Keltner, che studia i comportamenti, Obhi studia i cervelli. E quando ha messo le teste ‘del potente e del non – potente’ sotto una macchina di stimolazione transcranico – magnetica, ha scoperto che nelle ‘persone potenti’ sono alterati i processi neurali specifici dei Neuroni specchio, la pietra angolare dell’Empatia:

i partecipanti dotati di alti livelli di potere hanno dimostrato livelli di risonanza inferiori rispetto ai partecipanti dotati di bassi livelli di potere, suggerendo una riduzione del mirroring (della risonanza empatica) delle ‘persone di potere’ nei confronti di altre ‘persone senza potere’.

Altri recenti ricerche eseguite dal professore Danny Miller – Business School HEC di Montréal – hanno dimostrato che gli amministratori delegati di aziende con un master hanno maggiori probabilità rispetto a quelli senza il titolo di specializzazione di assumere comportamenti per interessi personali, come ad esempio, aumentare i loro compensi personali, infischiandosene che il valore delle loro aziende possa diminuire.

In un altro studio sull’intelligenza emotiva, sempre pubblicato da Keltner, ‘Diventare potente ti rende meno empatico’, dimostra che il potere personale interferisce effettivamente con la nostre capacità di entrare in empatia con gli altri: le persone che acquisiscono potere soffrono di deficit di empatia, capacità di leggere le emozioni e diventano incapaci di adattarsi ai comportamenti di altre persone.

Dunque, abbiamo la risposta scientifica. Questa perdita delle capacità empatiche, dell’incremento dei Disturbi Narcisistici di Personalità e della pulsione manipolatoria – la Sindrome da Manipolazione Relazionale – nelle persone che gestiscono il potere è stata dimostrata in vari modi dagli studi scientifici. Confermando altri bias comportamentali che ci possono influenzare come ad esempio l’Over-Confidenza.

Nelle sue conclusioni scientifiche Keltner descrive questo fenomeno come il ‘Paradosso del potere’:

… quando le persone acquisiscono potere, perdono (o meglio: il loro cervello perde) alcune capacità fondamentali. Diventano meno empatiche, cioè meno percettive. Meno pronte a capire gli altri.

E, probabilmente, meno interessate o disposte a riuscirci… Spesso le persone di potere si circondano di una corte di subordinati che tendono a rispecchiare il loro capo per ingraziarselo, cosa che non aiuta certo a mantenere un sano rapporto con la realtà… è il ruolo stesso a chiedere che le persone di potere siano veloci a decidere (anche se non hanno elementi sufficienti per farlo, né tempo per pensarci), assertive (anche quando non sanno bene che cosa asserire; o quando sarebbe meglio prestare attenzione alle sfumature) e sicure di sé al limite dell’insolenza.

Keltner aggiunge:

… come polli senza testa i top manager delle multinazionali girano freneticamente per il mondo come polli decapitati: decidono guidati dall’ansia, senza pensare, senza capire, senza vedere e senza confrontarsi. Spesso ho sentito dire dal relatore più anziano e autorevole di società internazionali di consulenza (cose senza senso, n.d.r.) nel corso di riunioni riservate ai partner, mi sarei aspettato qualche brusio di sconcerto tra gli astanti, e invece: ampi segni di assenso…

Un’importante esperta e professionista della comunicazione, Annamaria Testa, in un suo saggio racconta:

C’è una parola molto antica che descrive bene tutto ciò: Hỳbris. Indica la tracotanza presuntuosa di chi ha raggiunto una posizione eminente e si sopravvaluta.

È notevole il fatto che nel termine greco sia implicita anche la fatalità di una successiva punizione, divina o terrena: il fallimento, la caduta.

Scrive Adrian Furnham, docente di psicologia all’University College di Londra: si stima che il 47% dei manager falliscano, è una percentuale molto alta.

Uno dei principali motivi di fallimento è il narcisismo: un cocktail deteriore di arroganza, freddezza emozionale e ipocrisia.
(In questo) c’è un paradosso: è facile ammirare e rispettare le persone carismatiche e fiduciose in se stesse.

Ma non è così semplice distinguere il carisma dal narcisismo, che per molti versi ne è il lato oscuro. Sappiamo davvero individuare il confine che c’è tra assertività e prepotenza? Tra sicurezza e ostinazione? Tra fascino e manipolazione? Tra pragmatismo e cinismo?

Ora che abbiamo la risposta, auspichiamo che i social media anche in Italia inizino a contrassegnare con il banner ‘fact check’ i messaggi dei tanti leader politici, così che ci potremo allarmare e predisporre a volerci rendere conto se il mittente di questi messaggi sia più o meno affetto dalla Sindrome del Pollo.

Autore Vittorio Alberto Dublino

Vittorio Alberto Dublino, giornalista pubblicista, educatore socio-pedagogico lavora nel Marketing e nel Cinema come produttore effetti visivi digitali. Con il programma Umanesimo & Tecnologia inizia a fare ricerca sui fenomeni connessi alla Cultura digitale applicata all’Entertainment e sugli effetti del Digital Divide Culturale negli Immigrati Digitali. Con Rebel Alliance Empowering viene candidato più volte ai David di Donatello vincendo nel 2011 il premio per i Migliori Effetti Visivi Digitali. Introducendo il concetto di "Mediatore della Cultura Digitale" è stato incaricato docente in master-post laurea.