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Il mare che ha custodito i Bronzi non finisce di stupire

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Giuseppe Braghò - disegno Daniela La Cava
Giuseppe Braghò - disegno Daniela La Cava


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Nuove scoperte sul fondale di Riace

Era il 16 agosto 1972, il giorno in cui un gruppo di ragazzi del luogo si tuffarono nelle acque di Riace (RC) per soccorrere il sub romano Stefano Mariottini da un’immersione che si prolungava più del consueto.

Nonostante i 10 mt di profondità, i giovani riacesi, abituati alla vita tra mare e spiaggia, riuscirono a raggiungere il fondale alla ricerca del turista ma, anziché trovare l’uomo, avvistarono due grandi statue che, inizialmente, identificarono con i santi Cosimo e Damiano.

Riemergendo, raccontarono agli abitanti dell’avvistamento.

Da persone semplici e di forte tradizione cristiana, erano tutti entusiasti dalla scoperta dei due santi protettori che giacevano, da un tempo indefinito, vegliando sulla gente del posto.

L’indomani il padre di uno dei ragazzi si recò al comune per denunciare il ritrovamento, ma questa deposizione era stata già stata effettuata poco prima dal sub romano Stefano Mariottini, a cui venne attribuita la scoperta delle due statue, due eroi armati risalenti al sec. V a. C. e non due santi protettori.

La mattina del 17 agosto Stefano Mariottini, infatti, dichiarò alla Soprintendenza, la scoperta di un gruppo di statue sul fondale di Riace, asserzione smentita, due giorni dopo, dallo stesso testimone oculare, che asserì fossero solamente due.

Nonostante l’evidenza delle versioni controverse, nessun del personale presente durante la stesura dei verbali chiese spiegazioni sulle due attestazioni contrastanti, né fu mai effettuata un’indagine sull’attendibilità delle versioni successive.

Come è possibile, il giorno dopo la scoperta, affermare l’avvistamento di un gruppo e l’indomani, invece, di due statue soltanto?

Cari amici è d’obbligo una riflessione che, seppur accurata e profonda, porta sempre ad un’unica soluzione: la verità occultata!

Ma arriva sempre un momento in cui uno spettatore sale sul palco e toglie la maschera all’attore, riscrivendo il vero testo della commedia.

Mariottini, infatti, nella sua precisa e sicura convinzione di essere creduto, riporta la descrizione di due statue complete elmi, che presentavano postura e caratteristiche incompatibili con quelle che oggi vediamo esposte al MarC, il Museo Archeologico di Reggio Calabria, parliamo di statue differenti… altre due, quindi, che si uniscono al gruppo di statue, che dovevano rimanere note ai calabresi come al resto del mondo.

Questo spettatore ha un nome, si tratta del dott. Giuseppe Braghò, che, per gli appassionati dei Bronzi di Riace non è certo sconosciuto, a cui si deve il merito della scoperta del mistero che avvolge queste due opere d’arte eccelse, che il mondo ci invidia, preservate grazie alla prontezza di quattro giovani che, per aiutare un uomo, hanno salvato la storia.

A distanza di oltre cinquant’anni e nonostante i ripetuti assalti di tombaroli, sub e gente senza scrupoli, che hanno fanno razzia dei fondali, il mare di Riace ci riserva delle sorprese inaspettate.

Protagonista degli ultimi ritrovamenti è proprio il dott. Braghò, sub esperto, giornalista e scrittore di volumi che hanno reso pubblico il furto di statue e reperti vari che appartengono alla Calabria e che non si smetterà mai di ricercare.

Come un tributo a chi ha svelato l’inganno e acceso i riflettori sul mistero che avvolge i due eroi di bronzo, ricercando, da oltre vent’anni, senza secondi fini, la verità sul ritrovamento dei due guerrieri senza nome, ecco apparire, tra i sassolini raccolti prima del rientro da una consueta immersione, un oggetto che potrebbe appartenere ad una delle due statue.

Tra le mani, il sub vibonese si ritrovò un oggetto in bronzo di indiscussa epoca classica la cui forma, materiale e dimensione potrebbe corrispondere all’occhio perduto del Bronzo B.

Da oltre due mesi dallo straordinario rinvenimento, avvenuto insieme al ritrovamento di chiodi appartenenti ad un’imbarcazione di epoca romana, la Soprintendenza non si è ancora pronunciata, ma ci auguriamo che, questa grande scoperta, possa contribuire a ridestare l’interesse per queste sculture che aspettano ancora di essere raccontate.

Autore Daniela La Cava

Daniela La Cava, scrittrice, costumista, storica del Costume. Autrice di volumi sulla storia del costume dal titolo "Il viaggio della moda nel tempo". Collabora con terronitv raccontando storie e leggende della sua terra, che ha raccolto nel volume "Calabria: Echi e Storie di una Terra tra due Mari".