Dietro alla complessa tecnologia che lo rende così potente, esiste un mondo celato di materiali preziosi, di cui spesso non siamo consapevoli
Il cellulare è diventato uno strumento fondamentale. Lo usiamo per lavorare, per restare in contatto con amici e familiari, per navigare e perfino per monitorare la nostra salute.
Ma dietro la tecnologia che ci facilita la vita quotidiana, si nasconde una storia complessa fatta di materiali preziosi, di conflitti e di costi sociali e ambientali.
Quanti di noi si sono mai chiesti da dove provengono i materiali che compongono i nostri smartphone e quali sfide devono affrontare le persone che li estraggono?
Un singolo cellulare è composto da oltre 60 elementi chimici, tra cui metalli rari e preziosi, che lo rendono efficiente e potente.
Ogni pezzo ha un ruolo importante: il litio, che permette alle batterie di ricaricarsi rapidamente; il cobalto per ottimizzarne la stabilità; il tantalio per i condensatori; l’oro, il rame e l’argento per il trasporto degli impulsi elettrici attraverso i circuiti; le terre rare, come il neodimio, essenziale per i magneti negli altoparlanti, e il disprosio, per migliorarne la resistenza al calore; infine, alluminio, zinco e silicio completano il ‘cuore’ tecnologico del nostro telefonino.
Tutti questi materiali vengono estratti in Paesi diversi e non sempre in condizioni facili. L’accesso a tali risorse, in particolare ai metalli preziosi e alle terre rare, rende alcune nazioni particolarmente appetibili per gli investitori, ma anche vulnerabili a guerre, instabilità e sfruttamento.
Ecco alcuni dei Paesi principali da cui giungono le risorse di cui sono fatti i dispositivi che utilizziamo ogni giorno.
Repubblica Democratica del Congo, RDC: Paese africano tra i maggiori produttori al mondo di cobalto e tantalio, due materiali chiave per le batterie e i condensatori. Tuttavia, la RDC è anche uno dei più instabili e poveri, segnato da conflitti interni, che durano da decenni.
Le miniere di cobalto sono spesso controllate da gruppi armati che utilizzano i proventi per finanziare guerre, mentre le condizioni di lavoro per i minatori sono estremamente dure, con migliaia di bambini costretti a lavorare nelle miniere.
Il Triangolo del Litio, regione geografica che comprende Argentina, Bolivia e Cile: zona del Sud America che detiene circa il 60% delle riserve mondiali di litio, essenziale per le batterie ricaricabili.
L’estrazione del litio richiede un’enorme quantità d’acqua, mettendo in difficoltà le popolazioni locali, che si vedono private di risorse idriche cruciali per la loro sopravvivenza. Nonostante la ricchezza del sottosuolo, gli abitanti delle aree minerarie spesso non ne traggono alcun beneficio e devono fare i conti con l’impatto ecologico dell’estrazione.
Cina: è il maggior produttore mondiale di terre rare, come il neodimio e il disprosio, che si trovano negli altoparlanti e nei componenti magnetici dei telefoni. L’estrazione delle terre rare è complessa e ad alto impatto ambientale, con conseguente contaminazione del suolo e delle acque. Inoltre, la Cina ha un ruolo di quasi monopolio in tale settore, il che ha provocato tensioni a livello geopolitico ed economico.
Perù, Messico e Ghana: forniscono metalli come oro, prezioso minerale resistente alla corrosione, rame e argento, indispensabili per i circuiti e i componenti elettronici, la cui estrazione comporta danni ambientali e mette in difficoltà le comunità locali, spesso a causa della carenza d’acqua e della contaminazione delle risorse idriche. Le proteste dei residenti sono frequenti, ma difficilmente riescono a fermare il business delle multinazionali minerarie.
L’oro proviene altresì da altri Paesi, quali Cina, Australia, Russia, Stati Uniti, Canada e Sud Africa.
Le risorse minerarie rappresentano una vera e propria fortuna per molte nazioni, ma, purtroppo, il loro valore ha un prezzo anche in termini di vite umane. Molti conflitti armati sono alimentati dal desiderio di controllo sulle miniere e dal commercio dei materiali pregiati.
Un esempio drammatico è la Repubblica Democratica del Congo, dove si è svolta uno dei conflitti più sanguinosi dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Dal 1998 al 2003, il Paese è stato teatro della Grande Guerra Africana, in cui diversi Paesi africani e gruppi locali hanno combattuto per una complessa combinazione di motivazioni politiche, economiche, etniche e territoriali e per la grande rilevanza cha ha avuto il controllo delle miniere di cobalto, tantalio e oro. Quest’operazione bellica ha causato milioni di vittime e lasciato cicatrici profonde nella popolazione.
In Myanmar, nella regione di Kachin e Shan, gruppi ribelli combattono contro il governo per il controllo delle miniere di giada e di terre rare. Il commercio di queste risorse è estremamente redditizio e spesso avviene illegalmente, arricchendo gruppi armati a scapito delle popolazioni locali.
In Venezuela, le miniere d’oro e di bauxite sono spesso in mano a gruppi militari e bande armate. La situazione politica instabile e la mancanza di regolamentazione hanno contribuito a creare un ambiente pericoloso sia per i lavoratori che per la popolazione.
Le ostilità per le risorse non sono l’unico problema. L’impatto ambientale dell’estrazione è devastante: le miniere danneggiano il territorio, distruggono foreste ed inquinano fiumi e falde acquifere.
I processi di estrazione richiedono enormi quantità di acqua e rilasciano sostanze tossiche, che contaminano il suolo e la catena alimentare, colpendo le comunità che vivono nelle vicinanze e diffondendosi nel mondo attraverso i prodotti agricoli esportati.
Sul piano sociale, le condizioni di lavoro nelle miniere sono spesso pericolose, la sicurezza dei lavoratori è trascurata e i minatori, il più delle volte minorenni, lavorano senza le protezioni adeguate.
Anche se non possiamo eliminare del tutto l’uso dei dispositivi tecnologici, esistono azioni concrete che ognuno di noi può fare per ridurre l’impatto sociale e ambientale.
– Scegliere produttori etici: alcune aziende tecnologiche si impegnano per una filiera produttiva sostenibile, collaborando con fornitori certificati che rispettano standard ambientali e sociali. Sostenere queste aziende è un primo passo verso un mercato più accurato.
– Riciclare i vecchi dispositivi: gli smartphone contengono materiali di valore, che possono essere recuperati. Riciclare un vecchio telefono permette di riutilizzare questi metalli, riducendo la necessità di nuove estrazioni.
– Ridurre il consumo: acquistare un nuovo telefono solo quando strettamente necessario è un piccolo gesto che, se adottato su larga scala, può fare una grande differenza.
– Promuovere la consapevolezza: diffondere una maggiore conoscenza sui costi reali dei dispositivi tecnologici, parlando con amici, familiari, divulgando anche sui social media, può aiutare a sensibilizzare l’uso responsabile.
Il nostro smartphone è molto di più di un semplice dispositivo tecnologico. Ognuno di questi piccoli oggetti racchiude una storia di estrazione mineraria, di conflitti e di sacrifici umani ed ambientali.
Essere consapevoli di ciò che si nasconde dietro la produzione di tali strumenti è il primo passo per un consumo più responsabile e per sostenere un futuro in cui la tecnologia non debba più dipendere dalla distruzione e dall’instabilità.
Autore Adriano Cerardi
Adriano Cerardi, esperto di sistemi informatici, consultant manager e program manager. Esperto di analisi di processo e analisi delle performance per la misurazione e controllo del feedback per l’ottimizzazione del Customer Service e della qualità del servizio. Ha ricoperto incarichi presso primarie multinazionali in vari Paesi europei e del mondo, tra cui Algeria, Sud Africa, USA, Israele. Ha seguito un percorso di formazione al Giornalismo e ha curato la pubblicazione di inchieste sulla condizione sociale e tecnologia dell'informazione.