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Il Dilemma della Idiocrazia…

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Umberto Eco - immagine di Alessio Spataro


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… è la rivolta degli Imbecilli contro gli Intelligenti, oppure un problema cognitivo che si può contrastare?

Le masse saranno sempre al di sotto della media. La maggiore età si abbasserà, la barriera del sesso cadrà, e la democrazia arriverà all’assurdo rimettendo la decisione intorno alle cose più grandi ai più incapaci.

Sarà la punizione del suo principio astratto dell’uguaglianza, che dispensa l’ignorante di istruirsi, l’imbecille di giudicarsi, il bambino di essere uomo e il delinquente di correggersi. Il diritto pubblico fondato sull’uguaglianza andrà in pezzi a causa delle sue conseguenze.

Perché non riconosce la disuguaglianza di valore, di merito, di esperienza, cioè la fatica individuale: culminerà nel trionfo della feccia e dell’appiattimento.
Henri-Frédéric Amiel, 1871

Qualche giorno fa mi sono intrattenuto in una lunga discussione su Facebook. Il tema: una provocazione in campo politico l’Epistocrazia come la descrive lo scienziato politico Jason Brennan. Nel suo libro ‘Epistocrazia contro Democrazia’, Luiss University Press, con prefazione di Sabino Cassese, Brennan si chiede, e ci fa davvero riflettere, se non sia necessario rilasciare una patente di “Conoscenza dei meccanismi della politica” agli elettori per validare il loro sacrosanto diritto al voto.

Nel corso di questo confronto si è inserito un amico che citava se stesso introducendo un altro tema provocatorio che introduceva al concetto di ‘Ilìtiocrazia e kalýterocrazia’, avviando un dibattito sulla ‘weltanschauung (visione del mondo) idiocratica’.

A questo punto un terzo amico si inseriva nella discussione, tacciandoci come ‘intolleranti’, addirittura ‘razzisti’, perché avremmo dimostrato con le nostre riflessioni

intenzioni selettive, professando una sorta di razzismo intellettuale nel voler discriminare gli elettori in base al loro grado di ‘cultura’.

E così, ancora una volta, abbiamo avuto l’occasione di sperimentare un cosiddetto approccio idiocratico.

Un comportamento che, in alcuni ambienti, viene definito tale, quando, attingendo alle informazioni e ai problemi che girano sui social media e riguardano la politica, la sanità, lo sport, lo spettacolo, l’educazione, in sostanza, tutto ciò che concerne ed influenza la nostre vite pubbliche e private, vengono espresse ‘sentenze sommarie’ oppure si alimentano (pre)giudizi ed opinioni in maniera non argomentativa, il più delle volte faziosi.

Passarono gli anni, l’umanità divenne stupida a un ritmo spaventoso. Alcuni avevano grandi speranze che l’ingegneria genetica avrebbe corretto questa tendenza in evoluzione, ma purtroppo le più grandi menti e risorse erano concentrate sulla conquista della caduta dei capelli e sul prolungamento delle erezioni.
‘Idiocracy’, the movie, 2006

Quando mi imbatto in questi atteggiamenti, sempre più ricorrenti, tenuti dagli utenti dei social media, da persone anche le più insospettabili, mi pongo sempre la seguente domanda: l’Idiocrazia è un termine che definisce un concetto culturale o forse sarebbe meglio classificarlo come un problema psicosociale e cognitivo?

L’espressione è stata mutuata dal titolo di una pellicola uscita nelle sale cinematografiche circa 15 anni fa, ‘Idiocracy’, un film del 2006 diretto da Mike Judge.

In occasione della campagna presidenziale del 2016 lo scrittore Etan Cohen ed altri opinionisti furono concordi nell’affermare come certe bizzarre previsioni convergessero in alcuni punti della trama della pellicola sull’accuratezza di quanto stava accadendo in America. In un articolo di Dave Trumber su Collider, vengono sottolineati i modi in cui le posizioni di Trump hanno fatto eco alle cattive decisioni politiche dei personaggi nel lungometraggio in settori quali scienza, affari, intrattenimento, ambiente, sanità, forze dell’ordine e politica.

In breve, il film tratta il declino culturale ed educativo che caratterizza gli americani in un futuro immaginario. In poco tempo il meme si è espanso su Internet confrontando l’attuale Presidente degli USA con il film.

L’approccio idiocratico diventa, pertanto, il termine di riferimento per identificare il comportamento idiota delle persone nella società dell’informazione. Un approccio che viene osservato e criticato dai sedicenti (aristo)Intelligenti che dichiarano di essere una minoranza nell’universo Internet rispetto alla presunta fazione degli Idioti di massa che cresce, a dire degli intelligenti, in maniera sempre più ricorrente sui social media.

I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli!
Umberto Eco, 2015

Per chi studia con occhio critico la rete e i comportamenti degli utenti la tendenza è di dare ragione a chi afferma che vi sia una prevalenza del numero di approcci idiocratici su quelli che non lo sarebbero.

Un fenomeno che corre il pericolo di essere la causa di un vero e proprio allarme sociale, dal momento che assume connotazioni negative che possono influenzare non solo la vita degli adulti, ma anche degli adolescenti e dei bambini.

Se, da sempre, le macchine contengono il potenziale sia per la schiavitù che per la liberazione
Micheal Hardt – Toni Negri

tuttavia ci dobbiamo rendere conto che le nuove tecnologie sono artefatti cognitivi esterni alla mente e al corpo in grado di costruire nuovi saperi e nuove relazioni
Andy Clark

Un recente studio sembra suggerire come molto tempo speso su Internet dai giovani di età compresa tra 10 e 18 anni vedono aumentare

… sostanzialmente dal 2011 al 2018, principalmente tra le ragazze;
(…) la percentuale di bambini e adolescenti che arrivano negli ospedali a causa di pensieri o tentativi suicidari è quasi raddoppiata tra il 2008 e il 2015, ancora una volta con il più alto aumento tra le ragazze adolescenti (…) questo succede con la percentuale di giovani negli USA che hanno tra i 13 e i 17 anni in possesso di uno smartphone nella percentuale dell’89% raddoppiata più del doppio in un periodo di 6 anni e con il 70% degli adolescenti che utilizza i social media più volte al giorno, rispetto a un terzo degli adolescenti nel 2012.

Altre ricerche riportano l’insorgere di forme di ansia come la FoMO, Fear of Missing Out, la paura di essere tagliati fuori, disturbi nell’autostima, sensi di invidia ed insicurezza nei bambini che trascorrono più tempo su Facebook; ciò viene associato a problemi di immagine corporea e disturbi alimentari,

donne partecipanti agli studi hanno riportato un umore più negativo dopo soli 10 minuti di navigazione nel loro account Facebook.

Quanto descritto qui sopra avviene, in particolare, nei ‘nativi digitali’.

L’uso delle reti sociali che effetto procura nel suo aspetto idiocratico negli immigrati digitali?

Le persone anziane hanno quasi quattro volte più probabilità di condividere false notizie su Facebook rispetto alle generazioni più giovani.

L’anno scorso è stata battuta la notizia di uno studio pubblicato su Science Advances, ritenuto molto importante per le preoccupazioni insorte in molti studiosi e commentatori circa le implicazioni della diffusione delle notizie false sulla qualità della tenuta democratica e sulla prevalenza della disinformazione in generale.

L’indagine rivela che, in media, gli utenti americani di Facebook di età superiore ai 65 anni hanno condiviso quasi sette volte il numero di articoli provenienti da domini di notizie false rispetto a quelli di età compresa tra 18 e 29 anni; così come sempre nella fascia over 65, coloro che si sono avvicinati ad Internet ad un’età adulta, hanno ripostato più del doppio di pezzi riportanti fake news anche quando dimostravano di avere le basi per comprendere una ideologia politica ed avevano un buon livello d’istruzione.

I ricercatori riportano:

Poiché in America è il momento storico nel quale la generazione più numerosa si appresta ad andare in pensione in un momento di radicali cambiamenti demografici e tecnologici della società, è possibile che un’intera coorte di americani, ora sulla sessantina, manchi di quel sufficiente livello di alfabetizzazione mediatica digitale necessaria a determinare l’affidabilità delle notizie trovate online (…), all’interno di questo universo di utenti, i livelli bassi di alfabetizzazione digitale potrebbero essere aggravati dalla tendenza ad utilizzare le sponsorizzazioni sociali come segnali di credibilità.

Se ciò fosse vero, implicherebbe (il pericolo) di un crescente impatto sociale, dal momento che un numero maggiore di americani demograficamente appartenenti a gruppi di età più anziani, si unisce alle comunità sociali online.

Inoltre, gli autori dello studio aggiungono:

… una seconda possibilità causa del fenomeno specifico potrebbe essere l’effetto generale dell’invecchiamento sulla memoria: la memoria si deteriora con l’età in un modo che mina particolarmente la resistenza alla cosiddetta illusioni della verità.

Dunque la spiegazione dell’imbecillità post-moderna’, così come ci descrive Umberto Eco in una sua lectio magistralis, in questo nuovo mondo post-moderno globalmente iperconnesso, che si declina nella Società dell’Informazione, deve essere di pertinenza delle scienze sociali ovvero degli studi culturali, o delle scienze cognitive?

Credo che per cercare di comprendere e tentare di risolvere i problemi sociali che si manifestano con l’avvento del digitale sia necessario un approccio di studio parallelo anche in campo cognitivo.

Ne sono convinto da molto tempo. Per questo motivo, durante i miei anni di studio nel campo della Cultura digitale, iniziati sotto l’egida di una cattedra universitaria di Sociologia della Letteratura, ho inteso di dovermi dare delle basi di conoscenza anche nel campo delle scienze cognitive, che applicate all’esperienza della mia pratica empirica dell’uso del digitale, mi hanno facilitato il lavoro di comprensione di alcuni aspetti della mia vita professionale.

È nella dicotomia che ho vissuto con la mia esperienza lavorativa a cavallo tra vecchi umanisti e giovani tecnologi durante i miei primi anni di attività che ho iniziato a spiegarmi la natura del Digital Divide Culturale che poi mi ha indotto a sviluppare il concetto di Mediatore della Cultura Digitale.

Lo scopo che mi ha spinto ad introdurre la necessità di questa nuova figura professionale per contrastare il digital divide culturale che affligge le persone, non è tanto quello di scimmiottare in maniera diciamo più sofisticata, cioè di stampo accademico, ciò che già si pratica in un corso di informatica di base per acquisire una patente EDL, piuttosto contrastare l’analfabetismo funzionale che domina in una gran parte degli italiani, come attestano le numerose indagini statistiche.

Sono altri gli argomenti educativi utili alla formazione del Cittadino Digitale, come ad esempio: partecipazione e condivisione; comprensione delle risorse digitali per l’acquisizione di nuove conoscenze, tecnologie e potenzialità emergenti nella vita quotidiana privata, sociale e lavorativa; nuovi prodotti e servizi nella società digitale…

Il ricercatore Enrico Campo, riflette in ‘La Testa Altrove’:

I processi mentali sono spesso ignorati nella ricerca sociale, o più semplicemente si presume una sorta di passaggio automatico (e non spiegato) tra il livello collettivo e quello individuale, senza tener conto degli specifici meccanismi cognitivi coinvolti (come risulta evidente, ad esempio, nel caso del problema centrale della socializzazione.

Campo, nel suo saggio, ci segnala che, finalmente, sono in atto tentativi di convergenza tra la Sociologia e le Scienze cognitive. Omar Lizardo, docente alla Università della California, sollecita al dialogo tra la Sociologia e le Scienze cognitive con la costruzione di un nuovo campo di studi: le Scienze Sociali Cognitive.

Lizardo si occupa della ricerca nel campo dell’intersezione tra Sociologia, Fisica, Informatica e lo studio di sistemi complessi più in generale, che sono riuniti sotto la bandiera della Network Science, appunto quella Scienza delle Reti che cerca di risolvere il Dilemma della Idiocrazia.

L’Idiocrazia che Umberto Eco descrive come “l’invasione degli imbecilli”, in cui spesso ci ritroviamo ad ascoltare, o leggere, fiumi di parole che alimentano allarmi sociali sostenuti a loro volta dalle migliaia di fake news di ogni genere che si propagano su Internet.

L’Idiocrazia si sviluppa, infatti, nelle acque, talvolta torbide, della Mediacrazia dove la libertà di parola è concessa a tutti.

I mass media come sistema assolvono la funzione di comunicare messaggi e simboli alla popolazione. Il loro compito è di divertire, intrattenere ed informare, ma nel contempo di inculcare negli Individui valori, credenza e codici di comportamento atti ad integrarli nelle strutture istituzionali della società di cui fanno parte.

In un mondo caratterizzato dalla concentrazione della ricchezza e da forti conflitti di classe, occorre una propaganda sistematica.

Nei Paesi in cui le leve del potere sono nelle mani di una burocrazia statale, il controllo monopolistico dei mass media, spesso integrato da una censura ufficiale, attesta in modo trasparente che essi servono i fini di una élite dominante.

Dove invece non esiste una censura formale e i media sono privati, è molto più difficile vedere in essi un sistema di propaganda in azione.
Noam Chomsky

Una propaganda che, come riflette il filosofo Umberto Galimberti, influenza le masse nei loro orientamenti politici intrattenendoli con la Politainment.

(…) questo implica che il legame tra cultura e azione non è cercato a livello dei valori o dei fini ultimi, ma sono piuttosto le skills, le pratiche e le abitudini a rendere pregnante tale connessione.
Swidler 2008

Dunque, il cosiddetto approccio Idiocratico è dovuto all’ignoranza generale e su specifici temi che caratterizza molte persone, oppure a vere e proprie distorsioni cognitive associate ad un certo grado di analfabetismo funzionale? L’Imbecillità descritta da Eco si ribella al sistema o è da esso influenzato?

Probabilmente, la risposta è oggi implicita in alcuni filoni d’indagine nel campo delle Neuroscienze, le cui evidenze sembrano confermare ipotesi e teorie assunte dalle scienze cognitive e comportamentali.

Ad esempio, in un articolo riporto la scoperta:

… per funzionare, il cervello ha bisogno di consumare energia in misura notevole, proprio come il cuore. E si tratta di un’esigenza così grande da limitare le nostre prestazioni…,

di conseguenza, sembrerebbe che potremmo essere, mediamente, biologicamente programmati dalla natura per limitare il consumo di energia nell’esercizio delle nostre facoltà mentali.

Spiega lo scienziato Simon Laughlin:

… Per profonde capacità di deduzione serve molta energia, perché il cervello deve trovare nuovi collegamenti fra informazioni che vengono da fonti anche completamente diverse. Tutto ciò significa che c’è un limite alla quantità di notizie che possiamo elaborare.

Dunque, banalizzando i risultati della scienza, alcune nostre capacità di raziocinio sarebbero influenzate fisiologicamente dalla quantità di glucosio che il nostro cervello è capace di metabolizzare?

Sembrerebbe di sì.

Sono stato un atleta nuotatore di classe internazionale per 25 anni, ho imparato che l’allenamento serve a migliorare il fitness cardiovascolare, cioè ad aumentare le capacità fisiche che regolano le prestazioni sportive.

Ma allora, ragionando per analogia con una semplice logica, è possibile allenare anche il cervello?

Sembrerebbe di sì!

Allenare il cervello

Autore Vittorio Alberto Dublino

Vittorio Alberto Dublino, giornalista pubblicista, educatore socio-pedagogico lavora nel Marketing e nel Cinema come produttore effetti visivi digitali. Con il programma Umanesimo & Tecnologia inizia a fare ricerca sui fenomeni connessi alla Cultura digitale applicata all’Entertainment e sugli effetti del Digital Divide Culturale negli Immigrati Digitali. Con Rebel Alliance Empowering viene candidato più volte ai David di Donatello vincendo nel 2011 il premio per i Migliori Effetti Visivi Digitali. Introducendo il concetto di "Mediatore della Cultura Digitale" è stato incaricato docente in master-post laurea.