In forte aumento le segnalazioni rispetto al 2019
Riceviamo e pubblichiamo dall’Ufficio Stampa del Consiglio regionale della Lombardia.
Finiti i tempi in cui si puntava il dito contro radio e TV: ora il terreno di violazione, vera o presunta, della par condicio in ambito regionale sono gli Enti locali.
È quanto emerge dalla conferenza stampa tenutasi oggi, a Palazzo Pirelli, a cura del Corecom Lombardia, dal titolo ‘Comunicazione istituzionale e par condicio: boom di segnalazioni’.
Nel corso della conferenza, il Presidente del Corecom Cesare Gariboldi ha presentato i dati emersi dal recente lavoro svolto dal Comitato nella gestione delle segnalazioni di violazione della legge 28 del 2000 – la legge sulla par condicio – in occasioni delle elezioni europee e amministrative 2024.
Gariboldi ha evidenziato:
Su 65 segnalazioni pervenute al Corecom, un numero altissimo rispetto al passato, 55 puntano il dito contro pubbliche amministrazioni e solo 1 si riferisce a un’emittente radiofonica.
Cambiano, inoltre, i canali di diffusione della violazione: su 86 attività di comunicazione segnalate, solo 18 riguardano media tradizionali, giornali e volantini cartacei, mentre le restanti 68 si riferiscono a piattaforme online, social in particolare.
L’articolo 9 della legge sulla par condicio stabilisce che dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto le Amministrazioni pubbliche non possono svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle impersonali e indispensabili.
Il Vicepresidente del Corecom con delega alla par condicio Maurizio Gussoni ha aggiunto:
Non si può pensare oggi di mettere in gabbia la comunicazione istituzionale per almeno due mesi precedenti alle elezioni, con importanti ripercussioni sui cittadini e sull’Ente. È un concetto del tutto anacronistico, oltre che nocivo.
Il Corecom, per questa ragione, ha cercato di seguire un indirizzo interpretativo di buon senso e per certi aspetti più ‘moderno’, cercando di non sanzionare i Comuni per il semplice utilizzo del logo istituzionale su una locandina o per la foto di un sindaco con le bandiere alle spalle.
Distinzione netta, dunque, tra comunicazione istituzionale e propaganda politica e vigilanza attiva da parte degli organismi deputati al controllo; questo non deve però portare concludono Gariboldi e Gussoni a
ingessare l’attività di comunicazione in maniera indiscriminata, anche quella di Enti non coinvolti nelle consultazioni in corso.
Una prima e necessaria modifica alla disciplina vigente, che cercheremo di portare all’interesse nazionale, dovrebbe quindi mirare a restringere il divieto di comunicazione istituzionale alle sole amministrazioni direttamente interessate dalle consultazioni elettorali in atto.
L’auspicio è che si avvii una riflessione politica che superi l’applicazione rigida e acritica del divieto così come oggi è concepito.