Il contributo del Mezzogiorno alla liberazione d’Italia 1943 – 1945
Lorenza Iuliano
Intervista in anteprima ad uno dei relatori: la dottoressa Isabella Insolvibile
Siamo in un giovane caffè letterario che però ha già fatto tanto parlare di sé, l’Archeobar, situato nel cuore di Napoli, in Via Mezzocannone 101 bis, in un palazzetto indipendente, attiguo alla chiesa di San Girolamo delle monache.
Siamo ospiti della responsabile culturale del caffè, la Dott.ssa Isabella Insolvibile. Nonostante la giovane età, vanta un curriculum di tutto rispetto: attualmente è ricercatrice presso l’ANPI, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, ricercatrice dell’Istituto campano di storia della Resistenza, precedentemente assegnista di ricerca dell’Università Federico II, Cultore di Storia Contemporanea presso la Seconda Università di Napoli.
Approfittiamo del perfetto scenario dell’Archeobar, non solo moderno caffè per gli appassionati di archeologia, arte e cultura, ma luogo idoneo per organizzare mostre e conferenze, per intervistare, in anteprima, la dottoressa Insolvibile sul prossimo convegno in cui sarà relatrice, con ospiti altrettanto degni, il 22 e 23 gennaio. L’interessantissimo appuntamento, in programma al Maschio Angioino, presso la biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria, è frutto di un’importante ricerca nazionale sul tema “Il contributo del Mezzogiorno alla liberazione d’Italia (1943 – 1945)”. L’evento è organizzato dall’ANPI e sovvenzionato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per celebrare il 70° anniversario del 1943-1945. L’acuta analisi ha permesso di approfondire, in modo rilevante, la consapevolezza su tematiche storiche mai finora sviscerate in modo così totale. L’incontro rappresenterà la giusta occasione per gli storici per scuotere la collettività sensibilizzandola verso un nodo ancora irrisolto della storia d’Italia eliminando una serie di luoghi comuni che si sono erroneamente consolidati nel tempo. Il gruppo di lavoro, di cui la ricercatrice è uno dei tre referenti, quale incaricata per il Sud, si è avvalso del contributo di storici di fama nazionale. La ricerca della dottoressa è stata coordinata dal Prof. Guido D’Agostino dell’Università Federico II; entrambi si occuperanno della Resistenza dei meridionali al Sud. A parlare della Resistenza del Centro saranno invece la dott.ssa Chiara Donati con la Prof.ssa Gabriella Gribaudi, sempre della Federico II e per il Nord la dott.ssa Toni Rovatti supervisionata dal Prof. Luca Baldissara dell’Università di Pisa. Dunque due studiosi per il Sud, due per il Centro e due per il Nord per riferire del contributo dei meridionali nell’Italia della Resistenza. La dottoressa ci illustra il nuovo angolo di osservazione adottato, rivalutando tesi finora relegate in un cantuccio e non tenute nella giusta considerazione. “Il contributo del Mezzogiorno e dei meridionali nella Resistenza – precisa la dottoressa – è stato ignorato e sottovalutato a lungononostante numerosi e apprezzabili studi provenienti dai contesti locali. Questa è un’ottima occasione per raccontarlo soprattutto alle altre parti d’Italia che forse ne sanno meno”.
In particolare, la dottoressa esporrà i risultati di una ricerca incentrata su due aspetti: i vari episodi di Resistenza nel Meridione, dalle isole alla Calabria, Basilicata, Puglia, Molise e ovviamente Campania; e gli esiti di uno studio innovativo su un fondo archivistico che racconta, partecipante per partecipante, coloro che hanno fatto la Resistenza in Campania attraverso le loro stesse voci. Un fondo importante, quello dell’Ufficio Riconoscimenti Partigiani, Ricompart, disponibile da poco presso l’Archivio Centrale dello Stato a Roma.
Sono emersi numerosi episodi resistenziali nel sud, molti dei quali corredati anche da documentazione di notevole importanza. Si è scoperto, anche, grazie alle ricerche di Donati e Rovatti, sulla scia di precedenti studi degli Istituti piemontesi della Resistenza, “il coinvolgimento di partigiani meridionali in episodi e formazioni partigiane nel centro e nel nord. Quelle persone si trovarono a vivere un’esperienza fondamentale, che è alla base della nostra attuale democrazia, perché è dalla Resistenza che sono venute la Repubblica e la Costituzione”, continua la dottoressa Insolvibile. “Nel momento in cui queste persone sono rientrate a casa hanno potuto trasmettere il loro bagaglio culturale di esperienze umane e politiche importantissime. Molti di loro sono poi entrati nella vita politica del territorio da cui provenivano, portando il contributo attivo di chi aveva combattuto per un’Italia libera, quindi rinnovando anche le Istituzioni locali del nostro Paese”. Dunque, osserviamo, persone che hanno fatto veramente la storia e sono riuscite a dare un contributo fattivo e concreto alla propria realtà con testimonianze vere. “In questo modo – aggiunge la dottoressa – si afferma la visione della lotta partigiana e della Resistenza in tutti i suoi vari aspetti come lotta unitaria nazionale, cioè dell’intero Paese che fa qualcosa per se stesso; tutti i cittadini di ogni parte d’Italia hanno contribuito a costruire il Paese democratico in cui viviamo oggi e che è, con tutte le sue pecche, comunque migliore di quello che c’era prima, e lo hanno creato allora. E hanno poi cercato di mantenere, in modi assai difficoltosi, la memoria o il contributo che quest’esperienza aveva rappresentato nella vita concreta. Tante donne, ad esempio, emergono dalle nostre ricerche, il cui apporto è stato sottovalutato, ma che invece, dai documenti, vengono fuori forti, partecipi, attive. Quell’esperienza partigiana contribuì molto al primo voto delle donne e questo anche al Meridione, nonostante si pensi che il Sud fu compattamente monarchico”. L’intervento della dottoressa Insolvibile, ‘Meridionali e Resistenza nell’Italia del Sud‘ si basa su una ricostruzione, seppur sommaria, data la mole di documenti ed il poco tempo a disposizione per lo studio, della bibliografia già edita, raccontando tutti gli episodi avvenuti al Sud fino al Casertano. La seconda parte, invece, è dedicata allo studio del Ricompart, che viene analizzato per la prima volta in modo così sistematico. Lavoro immane, ci spiega, dato che ha trascritto 8457 schede di singoli partigiani vedendo anche un campione delle loro pratiche, scoprendo mondi interessantissimi: tante persone che chiedevano il riconoscimento economico, un piccolo premio in denaro, che da un punto di vista materiale era un modo per sopravvivere.“Dal punto di vista psicologico e morale – continua la ricercatrice – rappresentava l’esserci stati nella Resistenza, l’aver fatto parte di qualcosa che indubbiamente aveva cambiato le sorti del Paese. Qualcosa che fu rivendicato con orgoglio e dignità, all’interno anche della comunità, perché si trattava di dire ‘ho fatto qualcosa per salvare questo posto dalla distruzione operata dai tedeschi’”. C’è quindi la possibilità di recuperare le singole testimonianze di chi ha operato tangibilmente; alcuni, analfabeti, erano in forte difficoltà nel compilare i moduli di richiesta di riconoscimento e cercavano comunque, per quel che potevano, di raccontare l’esperienza vissuta. “Uno, in particolare, mi ha colpito molto; dice ‘ io l’ho fatto per salvare la mia casa, la mia città, per salvare l’Italia’ e lo dice con semplicità, senza retorica, e probabilmente è l’affermazione più vera che possa esserci”. La dottoressa sostiene che le Quattro Giornate di Napoli siano state a lungo erroneamente considerate l’unica Resistenza del Sud, mentre Resistenza al Sud c’è stata prima e dopo in tutte le Regioni. Sfata poi il mito dei pochi ragazzini ricordati che vi hanno partecipato, mentre invece è stata la fascia adulta della popolazione ad aver dato il grosso del contributo. “Ci sono tanti profili interessanti; mi ha commosso una signora, Eleonora Paduano, 52 anni, età avanzata per quei tempi, che durante le Quattro Giornate comincia a colpire i tedeschi con dei mattoni. La Commissione in seguito ritenne che lei, non avendo utilizzato armi convenzionali, non avesse diritto ad alcuna qualifica. In realtà secondo me fu molto più coraggiosa che se avesse avuto in mano un moschetto o una pistola. O, un ragazzino, Giovanni Oliva, 11 anni, che sempre in quell’occasione, pare non abbia usato le armi ‘limitandosi’ a portare munizioni e rifornimenti, come se poi fosse stata una cosa semplice, data anche la giovane età; muore durante i combattimenti ma non gli vengono assegnate medaglie, e non entra nella memoria collettiva. O ancora due signore di Ottaviano, che prima dell’Armistizio, organizzano, con una campanella per animali, una manifestazione popolare per chiedere la pace, dato che hanno visto passare dei camion tedeschi. Vengono arrestate in base alla circolare Roatta che disponeva che le forze dell’ordine intervenissero, con ogni mezzo, per reprimere ogni assembramento, nonostante il Fascismo fosse già caduto. I carabinieri proposero di non assegnare riconoscimenti, dato che si trattava di colpevoli di reato”.
La dottoressa sottolinea che non mancano inoltre, i profili dei nomi più noti, i membri della Commissione, i partigiani delle Quattro Giornate. “Il convegno si intitola ‘Il contributo del Mezzogiorno e dei meridionali nella Resistenza’, ma studiando il Ricompart spicca il contributo nazionale alla Resistenza campana, nel senso che tra i partigiani e i patrioti riconosciuti c’è gente proveniente da ogni Regione d’Italia, dato molto importante nel percorso unitario che dicevamo. Il progetto è durato parecchi mesi, speriamo che continui, c’è ancora molto da studiare”.
Il seminario di due giorni, sarà aperto dal Sindaco De Magistris, interverranno la Presidente della Società Napoletana di Storia Patria, Renata De Lorenzo, il Presidente del Comitato provinciale ANPI Napoli, Antonio Amoretti e molti storici di livello nazionale che discuteranno i risultati dei contributi delle tre ricercatrici sui Meridionali e Resistenza nell’Italia del Sud, del Centro e del Nord. La conferenza, aperta al pubblico, sta già ricevendo molte adesioni, grazie anche alla pagina Facebook appositamente creata che ha già quasi 400 “parteciperò”; è il segno di una cittadinanza sensibile, vivace e partecipe, anche considerando l’orario pomeridiano penalizzante per qualcuno.
La dottoressa riferisce che le sedi regionali dell’ANPI stanno organizzando degli autobus da tutt’Italia al fine di permettere a chiunque voglia di presenziare all’evento. La ricercatrice vorrebbe inoltre fissare, nei prossimi mesi, proprio all’Archeobar, un incontro divulgativo raccontando i soli dati della Campania e di Napoli; il caffè, infatti, ospita spesso incontri di storia nelle date del calendario civile: 27 gennaio, 25 aprile…
La dottoressa Insolvibile si augura, inoltre, che la ricerca possa proseguire e che vengano stanziati ulteriori fondi che consentano di analizzare anche i 100 faldoni di fascicoli, relativi alle pratiche personali che devono ancora essere studiate. Ovviamente gli atti del convegno verranno pubblicati in seguito; lei e le altre due ricercatrici stanno appunto scrivendo dei saggi in merito.
Un’ultima curiosità, tra i nominativi delle schede analizzate durante il suo studio sul Ricompart, la ricercatrice ha trovato anche un ‘Insolvibile’, un cugino del nonno; conclude con emozione ed orgoglio, che in questo caso la storia si vede come un qualcosa di vicino, un passato che appartiene alle nostre radici familiari: “Penso proprio che la cittadinanza si debba appropriare di questa memoria così personale”.