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Il cinema ma prima la fotografia ci ha abituato a diverse possibilità di inquadratura, di spazio proiettato. Abbiamo visto foto quadrate, foto e film rettangolari. Prima il fotogramma aveva un rapporto 4:3 per intenderci quello standard della cinematografia fino agli anni ’30, poi arrivarono il 16:9, il panoramico, ma anche formati casalinghi più piccoli e più comodi come il Pathé Baby di fatto quadrato.
Da qualche anno abbiamo i film semi sferici l’IMAX, e con l’arrivo dei visori personali di fatto ci saranno i film totali, in pratica lo spettatore al centro del film.
Ma il cinema è un mezzo primitivo, ancestrale, non nasce banalmente piatto e col rapporto 4:3 a caso.
La visione binoculare e il rapporto della forma umana rispetto all’insieme favorisce senza stancare questo tipo di formato. Certo successivamente i formati panoramici presero il sopravvento ma appunto nella loro accezione era già detto tutto.
Panoramico, quindi buono per i film western e d’avventura in cui i cavalieri attraversavano il deserto. Fritz Lang dirà che il cinemascope è adatto per i serpenti e per i funerali non certo per le persone, e poi aggiungo io è questione di linguaggio, si usa il mezzo e l’aspetto che si vuole per dire quel che si vuol dire per cui si può cambiare rapporto d’aspetto durante lo stesso film così come cambiare il mezzo di ripresa passando dal 4k al vhs e ritornando al 4k.
Questione di linguaggio dicevamo.
A proposito di linguaggio, le riprese video, e quindi in fondo un modo di raccontare che si è fatto strada negli ultimi cinque anni grazie agli smartphone e alle loro potenti telecamere è quello del Formato Verticale.
Visto con orrore e disprezzo dai puristi del cinema, dagli studenti del cinema sperimentale, da chiunque non ne capisca nulla di linguaggio ma studia sui libri, il formato verticale è diventato comune e popolare tra chiunque faccia o veda un video su un cellulare.
Un po’ è colpa delle nostre mani. È più semplice mantenere uno smartphone in maniera naturale che ruotarlo soprattutto se abbiamo una sola mano a disposizione, anche l’autoritratto o come si chiama ora selfie è agevolato dalla semplicità.
In fondo, pensandoci bene, è ancora una volta il mezzo che si sviluppa secondo le nostre esigenze e non il contrario.
Il formato 4:3 si adattava alla nostra visione senza farci muovere il testone da una parte all’altra dello schermo, il formato verticale ci dà modo di accendere uno smartphone far partire la telecamera e riprendere tutto usando una sola mano, tutto molto più naturale del decantato inutile e ipertrofico 3d che ci costringe ad inforcare lenti su lenti, a perdere luminosità e costringere il cervello ad un lavoraccio tutto in nome del coinvolgimento che se non sei a tuo agio non avrai mai.
Il cinema verticale quindi perché siamo più lunghi che larghi? Oppure perché una strada la vediamo più in profondità che in larghezza? O un grattacielo è più bello ripreso dal basso fino alla cima? Con la fotografia non abbiamo mai avuto dubbi abbiamo girato e rigirato mille volte la camera per fare la foto che ci piaceva di più perché non farlo con la videocamera???
La pensano così quelli del movimento Cinema Verticale, che raccoglie e proietta solo questo tipo di formato, o quelli di Snapchat, che addirittura hanno dato vita ad un film corale, un horror
http://www.glisbandati.com/2016/05/06/il-trailer-di-sickhouse-il-primo-horror-girato-con-snapchat/
Sickhouse, un horror, combinando insieme, social, cinema e utenza, alla faccia di chi dice che i socialfanno male.
Il cinema verticale è economico e immediato da realizzare, è popolare e democratico, nessuno si scandalizzi, d’altronde Brian De Palma ha più volte diviso lo schermo in due o tre parti facendo di fatto cinema verticale.
Non esistono regole, o forse esistono per infrangerle oppure esistono in certi momenti ed altri no.
Abbiamo punti e virgole per scrivere una lettera al condominio, ma li usiamo come vogliamo per scrivere una poesia, nella videografia esiste il linguaggio del telegiornale e quello di Stanley Kubrick.
Ognuno usi il suo linguaggio e vediamo cosa ne viene fuori, sempre meglio che fare i pensierini.
Autore Nicola Guarino
Nato a Napoli nel 1972, è diplomato all'Accademia napoletana d'arte drammatica e ha una qualifica di "Esperto in regia cinematografica e televisiva" rilasciata dalla Regione Campania. Si occupa di regia televisiva e cinematografica. Noto per il suo interesse per l'ufologia, è Socio Onorario del Centro Ufologico Nazionale, ne è stato consigliere, ricercatore e articolista.
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