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Il Castello di Baia: una fortezza e il suo passato

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Castello di Baia - ph Rosy Guastafierro
Castello di Baia - ph Rosy Guastafierro


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La decadenza dell’Impero romano e i capricci della terra ardente dei Campi Flegrei portarono ad un progressivo disinteresse per Baia e del suo circondario.

Su Punta Lanterna il maestoso palazzo imperiale dei Cesari dominava tutta la costa, come declamato da Tacito, oltrepassando Punta Epitaffio. Questa localizzazione viene confermata grazie al ritrovamento di camminamenti, opus reticolatum e di varie strutture rinvenute da poco su cui si stanno effettuando ulteriori verifiche con scavi archeologici.

Un quartier generale capace di tenere sotto controllo, grazie alla Praetoria Classis Misenensis, tutto il Mediterraneo Occidentale. Con il tempo, maestose ville, teatri e terme furono abbandonate, lasciando che il degrado e il bradisismo facessero il resto.

Sul finire del XV secolo, re Alfonso II d’Aragona, detto il Guercio, desiderava fortificare i punti nevralgici del suo regno esposto via mare agli attacchi dei saraceni, via terra all’incombente minaccia francese e del re Carlo VIII. A tale scopo, chiamò a corte l’architetto senese Giorgio Martini, notevole esperto di soluzioni e nuove tecniche per costruzioni militari, confermato dal suo successore Ferdinando II, detto Ferrandino.

Sui resti trovati sul promontorio tufaceo fu costruito un possente maniero, la cui superfice supera i 45.000 metri quadrati, mentre l’altezza, 51 metri, arriva a sfiorare i 94 metri sul livello del mare.

Non fu solo teatro di guerra; nel corso dei secoli le sue stanze ospitarono sovrani ed illustri personaggi che si destreggiavano tra vita mondana ed alta politica.

Insieme al borgo marinaro di Pozzuoli e Nisida, dominando tutto il Golfo di Pozzuoli, Procida, Ischia e Cuma, rappresentava una trincea invalicabile per chiunque volesse sbarcare sulla terraferma. Dell’antica costruzione resta poco, sono invece evidenti diverse sovrapposizioni architettoniche dovute a rimaneggiamenti effettuati per cause diverse.

Un intervento imponente dal punto di vista strutturale fu effettuato immediatamente dopo l’eruzione del Monte Nuovo, avvenuta nel 1538. Il viceré Don Pedro da Toledo diede il via ai lavori che lo modificarono, facendogli assumere la caratteristica forma a stella che ammiriamo ancora oggi.

Durante questo periodo si ebbe una vera e propria rivalutazione delle funzioni della zona e vennero avviate importanti ricerche sul termalismo flegreo, partendo dalle reminiscenze di epoca romana.

Per diversi secoli mantenne la sua primaria attività militare, alternando l’occupazione austriaca a quella borbonica. Carlo III di Borbone, nel 1734, constatandone il grave danneggiamento, provvide alla sua riorganizzazione.

Divenne anche roccaforte della Repubblica napoletana; famoso il vano tentativo della flotta inglese di espugnarlo, finendo, inesorabilmente, nelle mani delle truppe di Bonaparte.

Naturalmente, le sue segrete furono utilizzate anche come luogo di pena, le sentenze emanate erano di una tale severità che, in breve, divenne celebre per il trattamento atroce riservato ai condannati; si narra che i prigionieri soggiornassero incatenati in celle molto anguste, abbandonati al loro destino di stenti e di sporcizia, tanto da desiderare la morte come sollievo.

Con l’avvento dell’Unità d’Italia si trasformò, lasciando che le sue stanze e i suoi arsenali fossero occupati da ministeri con diverse funzioni; durante il ventennio fascista, ed esattamente nel 1927, fu convertito in ospizio per orfani di guerra, per cui il suo interno fu ulteriormente adattato, mantenendo questo ufficio sino al 1975.

La svolta decisiva si ebbe nel 1984 quando la Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta lo acquisì come patrimonio trasformandolo, nel 1993, nella sede del Museo Archeologico dei Campi Flegrei.

Per accedere al castello ancora oggi bisogna oltrepassare il magico ponte levatoio fatto di antiche travi a scomparsa nel tufo e pesanti catene di ferro. L’interno, suddiviso in varie sezioni che si susseguono, ci accoglie con il settore dedicato a Cuma, dove esposizioni di calchi in gesso di età romana lasciano presupporre che vi fosse una scuola dedicata.

Si prosegue con i ritrovamenti di tombe e suppellettili della Magna Grecia, l’interessantissima tomba a camera di epoca sannitica e le maschere teatrali romane.

Maggiormente strutturata risulta, invece, la parte dedicata ad Ottaviano Augusto, con marmi, reperti egizi e l’intrigante gruppo marmoreo battezzato Psiche e Eros, ovvero Eirene e Ploutos, cioè la pace e la ricchezza.

Il primo piano è dedicato quasi totalmente alla nascita di Puteoli e all’importanza rivestita dal suo porto; non mancano ritratti della dinastia giulio-claudia e raffigurazioni varie.

Nel cortile il tema si sposta su Liternum, la cittadina che accoglie la tomba di Publio Cornelio Scipione detto l’Africano.

Fascino, storia, reperti che attraversano trasversalmente secoli di vita vissuta perdendosi nella notte dei tempi, rendono spettacolari questo luogo e la sua fortezza. La sua posizione privilegiata è capace di mozzare il fiato a quanti si sporgono dai merli della terrazza, lasciando che il profondo blu risvegli, attraverso echi lontani, nostalgie ataviche.

Autore Rosy Guastafierro

Rosy Guastafierro, giornalista pubblicista, esperta di economia e comunicazione, imprenditrice nel campo discografico e immobiliare, entra giovanissima nell'Ordine della Stella d'Oriente, nel Capitolo Mediterranean One di Napoli. Ha ricoperto le massime cariche a livello nazionale, compreso quello di Worthy Grand Matron del Gran Capitolo Italiano.