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Il bianco e il nero

Il bianco e nero


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Il cinema, ancora questa cosa. Il cinema nasce come documentaristico, principalmente, e non ha ambizioni commerciali. In fondo è solo una macchina meccanica stupefacente, alle origini. E quindi all’inizio è improvvisato e naïf, sperimentale, un gioco forse un’arte.

Poi arriva Melies e il cinema diventa un raccontastorie fantastiche, Melies non ne snatura affatto l’arte infatti usa e inventa numerosi trucchi illusori. Ma poi arriva il commercio, i soldi, e i soldi corrompono.

Il cinema diventa soprattutto per chi non sa leggere il nuovo romanzo popolare e quindi ora il cinema è a soggetto. Nasce in Bianco e nero il cinema, pochi sanno che era possibile usare il colore già nel 1902 e più o meno anche sincronizzare l’audio. Ma il cinema non ne aveva bisogno.

In fondo il muto permetteva commenti ad alta voce in sala, una certa partecipazione alla vicenda, una critica… ma il cinema affronta subito una crisi per cui prima il sonoro e poi colore e successivamente il cinemascope e poi anche sale più grandi e comode, audio a seimila canali e oltre e ulteriori implementazioni sensoriali, tutto questo ha sempre rappresentato più che una giusta sperimentazione del mezzo tecnico, un nuovo effetto speciale da vendere al pubblico.

Il cinema quindi ci mette le parole e le tinte e quindi si fa sempre meno fatica per inventare una macchina narrativa ed espressiva in quanto tutto si può colmare con il caleidoscopio degli effetti. Poi ogni tanto, ma solo ogni tanto, ci si accorge che l’origine di questa forma d’arte non è mai stata dimentica, mai stata messa da parte come a dire che sì oggi potrai anche disegnare con l’ipad e sull’ipad ma qualcuno usa ancora il pennello come ottocento anni fa.

Il secolo breve ha troppo spesso e più volte bruciato il cinema, ma il cinema è sempre risorto dalle sue ceneri, come una banale araba fenice, si ripropone.
Il bianco e nero ne è la prova.

Non credo che si giri oggi in bianco e nero perché è vintage, perché siamo nostalgici perché ricorda qualcosa, perché “era meglio una volta”. No. Credo invece che una strisciante ma presente coscienza continua in qualche modo a ricordarci i primordi, non del cinema ma dell’uomo.

Un pensiero latente e costante ci mette di fronte ad un aspetto dell’essere umano che nonostante gli sforzi di molti di sopirlo, e nonostante qualcuno ci stia riuscendo, continua a resistere e sopravvivere. La creatività.

Tutto ciò che non vediamo che non sentiamo lo immaginiamo.
Così un treno per un bambino diventa un’astronave, una scopa invece il cavallo di Zorro, la vasca da bagno il Mediterraneo e il giardino il vecchio west.

Nei film muti e in bianco e nero, c’era lo spunto, il resto era nella mente dello spettatore, il suono degli oggetti, la voce, i colori degli abiti e il cinema diventava un ricordo indelebile.

Oggi pochi conoscono i nomi degli attori, dei registi, ricordano a stento i titoli dei film, nonostante si vada al cinema solo una volta a settimana mentre si calcola che negli anni ’20 le persone vedessero centinaia di film all’anno.

Chi, malgrado tutto, non fa cinema di intrattenimento ma tenta con difficoltà di esprimersi deve scegliere cosa fare per evitare il paragone con il nuovo film super 3d super stereo e proiettato in 4k.
Deve far accettare un piccolo cinema con ancora la sedia di legno. Deve fare qualcosa.

Allora, si prova, si tenta, a stimolare non gli occhi, non le orecchie, non il naso, non la pelle ma la coscienza, il ricordo, l’immaginazione, il futuro.

Concentratevi, ricordate qualcosa della vostra infanzia, vi accorgerete che è tutto in bianco e nero, che i colori se ci sono sono pochi sfumati e più che i colori ricordiamo le forme e le idee, le sensazioni.

Immaginate il futuro, non esiste, non lo conoscete, è un bianco e nero da cui ancora devono venire fuori le sagome, da cui devono emergere ancora le cose, come saranno, come vorremo che fossero.

Il colore è solo una riflessione della luce, il nero e il bianco a turno invece ci fanno come toccare le idee. Ecco perché c’è chi fa cinema ancora in bianco e nero, perché c’è differenza tra chi vuole prendere una cosa subito e chi invece la vuole lasciare.

Autore Nicola Guarino

Nato a Napoli nel 1972, è diplomato all'Accademia napoletana d'arte drammatica e ha una qualifica di "Esperto in regia cinematografica e televisiva" rilasciata dalla Regione Campania. Si occupa di regia televisiva e cinematografica. Noto per il suo interesse per l'ufologia, è Socio Onorario del Centro Ufologico Nazionale, ne è stato consigliere, ricercatore e articolista.

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