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Ci sono giorni che alla disperata, per sfuggire alla mia vita, cerco un film. Quando invece non ci sono proprio speranze di salvezza mi rifaccio a Netflix e scelgo una serie che abbia almeno tre stagioni o dodici puntate.
Lo scorso fine settimana è stato salvato da “Le regole del delitto perfetto”, quindici puntate e ti passa la paura. Anzi ti viene perché impari dalla serie che non puoi fidarti veramente di nessuno, se la vita non te lo ha ancora insegnato.
Ma per uscire dalle note meramente biografiche, vengo al punto. In questa ricerca di titoli nuovi ho incontrato “Here is Harold”, film del 2014. È stato amore a prima vista. La storia è quella di Harold ed impariamo qualcosa su di lui osservando una sigla ricca di foto che, in uno slide show, esplicita della sua infanzia, del suo ambiente culturale, del suo matrimonio e della nascita di suo figlio.
Impariamo pure che gestisce un negozio di mobili, che fabbrica anche egli stesso artigianalmente. Ama il suo lavoro e sua moglie. Dopo due minuti questo è già chiaro. Immediatamente dopo si evince che la moglie Marny non sta proprio benissimo. Le nostre preoccupazioni per lui cominciano nel momento in cui ci accorgiamo che uno store Ikea sta per aprire proprio di fronte casa sua, accanto al suo negozio. Tutto è oscurato da questo gigante. Mangerà prima il negozio, poi la moglie, poi la vita di Harold. Come vendicarsi di uno che ti ha distrutto praticamente ogni cosa? Harold decide che sia una buona idea rapire Ingvar Kamprad, il fondatore di Ikea, e per questo va dalla Norvegia alla Svezia…
Riesce nel suo intento. E poi? Mai e poi mai, potrei rubare a quanti cercheranno il film, non doppiato in italiano, ma godibilissimo con i sottotitoli, la soddisfazione di imparare qualcosa del mondo che viviamo insieme a Ingvar e Harold. E credetemi da imparare c’è. Per quanto riguarda me, mi sembra di poter dire che la verità sia cosa opinabilissima e sopravvalutata. Ma cosa ancor più grave è che a volte sopravvalutiamo persino il senso di quello che facciamo, e che fanno gli altri.
Il regista Gunnar Vikene ha fortemente voluto Bjorn Sundquist per il ruolo di Harold, sia perché lo conosceva bene come ottimo attore teatrale, ma pure per la generosità con la quale offriva la propria esperienza di vecchia volpe ad altri attori, meno esperti, che sarebbero stati presenti nel cast. Per il regista Harold è Don Chisciotte in cerca di un motivo che dia senso alla sua vita. Sarebbe stato meraviglioso se Mr. Ikea fosse stato interpretato dall’originale proprietario del marchio, ma Vikene ha obiettato che non avrebbe mai potuto chiedere ad un uomo di 86 anni di fare un bagno in un lago ghiacciato, scena importantissima per il film. Del resto il freddo è co-protagonista di tutta la storia, girando quasi sempre praticamente a -30 gradi.
In un’intervista al regista viene chiesto:
-Come può essere definito il suo film, un road-movie, un… ?
– Innanzitutto nessuna etichetta. Amo sorprendere il pubblico, senza considerare le convenzioni, le barriere, ma dando importanza all’implicito, a ciò che è nascosto. Amo le persone, lo ammetto, ho un debole per quelli che si sbagliano, che commettono un errore in buona fede. Mi fanno sorridere, anche ridere, ma non li prendo in giro.
L’umorismo si combina con la tenerezza. La stessa Marny, la compagna di Harold, con il suo linguaggio poco fine, mi fa tenerezza. Se nel mio film parlo della vecchiaia, dell’invecchiamento piuttosto, è per sottolineare che è importante non dimenticare il proprio passato, ma lo è ancora di più fare nuove conoscenze, andare avanti.
http://www.cineuropa.org/f.aspx?t=film&l=en&did=256439
Ecco. Andare avanti. È così importante riuscirci. Perciò amo tanto questo film.
Autore Barbara Napolitano
Barbara Napolitano, nata a Napoli nel dicembre del 1971, si avvicina fin da ragazza allo studio dell’antropologia per districare il suo complicato albero genealogico, che vede protagonisti, tra l’altro, un nonno filippino ed una bisnonna sudamericana. Completati gli studi universitari si occupa di Antropologia Visuale, pubblicando articoli e saggi nel merito, e lavorando sempre più spesso nell’ambito del filmato documentaristico. Come regista il suo lavoro più conosciuto è legato alle dirette televisive dedicate a opere teatrali e liriche. Come regista teatrale e autrice mette in scena ‘Le metamorfosi di Nanni’, con protagonisti Lello Arena e Giovanni Block. Per la narrativa pubblica ‘Zaro. Avventure di un visionauta’ (2003), ‘Il mercante di favole su misura’ (2007), ‘Allora sono cretina’ (2013), ‘Pazienti inGattiviti’ (2016) ‘Le metamorfosi di Nanni’ (2019). Il libro ‘Produzione televisiva’ (2014), invece, è dedicato al mondo della TV. Ha tenuto i blog ‘iltempoelafotografia’ ed ‘il niminchialista cinematografico’ dedicati alla multimedialità.