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Identikit del mangiatore. Vediamo cosa e come mangi e saprai chi sei

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Identikit del mangiatore


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Nelle riflessioni passate abbiamo affrontato il tema dell’identità legata al cibo e alle relative trasmutazioni, considerando il procedimento di trasformazione in cucina come quell’atto di cultura che costruisce alfabeti e lessici culinari, che formano linguaggi gastronomici e individuano la cultura di un popolo e di un luogo.
Abbiamo appena trascorso tempi di vacanza e conoscere il territorio nel quale rimaniamo temporaneamente per le ferie non può limitarsi alla visita di monumenti, musei e bellezze naturali; a mio parere, deve necessariamente includere un giro culinario per arricchire la conoscenza della tradizione e innovazione culturale locale.

All’inizio del periodo estivo sono stato in Campania con amici, tra Aversa, Napoli e Cilento per alcuni giorni e, come faccio sempre, ho svolto delle attente investigazioni per individuare dei produttori artigianali da visitare; ad esempio, ho trovato dei sottoli resuscitativi e dei veri geni di cucina per espletare le mie indagini di palato, per discernere con attenzione dove sia, secondo me, la miglior mozzarella di bufala a cui ho dedicato molte soste pranzo.

Oppure per scoprire la pietanza tradizionale meglio eseguita ho assaggiato una parmigiana di melanzane come mai prima dallo chef Vincenzo e la prima ricetta ‘esoterica’ nell’articolo di tre settimane ne fa comprendere la mia affezione generale.

Scovare il piatto con ingredienti locali a più alto effetto wow: una strepitosa mela annurca trasformata in dessert dallo chef Luigi mi ha fatto letteralmente trasalire. E fare podi delle graffe più buone. O, risalendo, trovare personaggi iconici come Mimmo a Sant’Agata sui Due Golfi che, oltre a farmi assaggiare prelibatezze, incluso un ottimo piatto del buon ricordo, mi ha parlato di un prodotto locale tipico che sta cercando di far riemergere: la mela limoncella.

Lo so, ma come si dice:

è un duro lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare!

Almeno ero ben accompagnato.

Dicevamo, dunque, che allora le varie abitudini alimentari diventano espressioni dirette del nostro modo di essere.

Ricordo di aver letto da qualche parte che l’amante della carne, come ad esempio il nostro Super Mega Direttore, si adatta più agevolmente a posizioni che richiedono pensiero logico e precisione o l’infervorato di cucine alternative per ruoli più creativi, o il vegetariano, come la nostra Super Super Mega vicedirettore, identifichi una spiccata dolcezza e attenzione altruistica, e così via.

Mi chiedevo da Investigatore – non sempre solo Culinario – quindi se l’osservazione di sé stessi, ma non credo nessuno mangi mai allo specchio di solito, ma più facilmente degli altri commensali, possa riuscire a interpretazioni di personalità.

Cioè, ad esempio, se il modo di spezzare e addentare un pezzo di pane o se usiamo le posate per mangiare le cosce di pollo possa aiutare a comprendere più approfonditamente quella persona.

Secondo me sì!

Perché per la maggior parte degli individui esistono degli schemi preordinati che fanno riferimento ad una modalità inconscia: coloro che a volte non usano le posate, come fa mia moglie con il pollo, è evidente che siano più passionali, non hanno timore di imbrattarsi le mani, invece usare quasi sempre le posate, come me, rivela caratteri tendenzialmente un po’ più freddi, tranquilli e, in qualche modo, coerenti e sistematici.

Possiamo simboleggiare l’atto di mangiare come femminile – lo yin per la simbologia cinese – che viene associato al dolce. Esistono studi che hanno decretato che chi è più propenso ai dolci è più emozionale e disposto a dedicarsi agli altri – in qualche modo più ‘materno’; i tipi da salato, invece, appartengono ad una simbologia più maschile, lo yang cinese, e appaiono più indipendenti.

Una codifica seppur grossolana che però attraversa generazioni; conoscerla può far capire il rapporto tra il cibo e il nostro essere.

Stesso discorso vale per una pizza, e qui si può pensare di aggiungere anche l’osservazione del punto di inizio, del come la si taglia: a metà o prima uno spicchio, di quale grandezza, la si prende in mano piegando a metà o si fanno dei rotolini con le posate? Si mangia solo il centro o si inizia dalla crosta?

In certi casi è facile identificare anche il grado di conoscenza che si ha del cibo, basta osservare bene.

A volte, forse, basterebbe aprire il frigorifero del soggetto osservato o vederlo maneggiare una bottiglia di vino per aprirla.

Oppure al ristorante leggete con attenzione il menu o non lo leggete prima di ordinare o vi affidate al consiglio del cameriere?

Come anche preferire certi cibi o rifiutarne alcuni, normalmente corrisponde a caratteristiche della propria personalità abbastanza spiccate, in riferimento a genetica, psiche, educazione, cultura e ideologia.

Gli stili alimentari, perciò, come l’atteggiamento per affrontare il piatto, la postura, le modalità, i movimenti, la masticazione – mi raccomando: mai parlare a bocca piena! – riescono a svelare informazioni che, se ben scrutate ed interpretate, possono scoprire caratteristiche personali non immediatamente evidenti.

Avete mai sentito dire:

Non ti conosco: non abbiamo mai mangiato assieme!

Se si vuole tentare di conoscere meglio una persona?

Guardatela mentre mangia! Analizzatene il comportamento a tavola: vi svelerà involontariamente una gran quantità di informazioni perché, in quel momento, si vede tutto, ma non lo sa.

I miei 8 macro identikit

1. Il Tipo Lento

Con un morsino alla volta, è sempre l’ultimo a finire a tavola, che impone a tutti i commensali il ritmo e la progressione delle pietanze. Se dovessi pensare a quelli che conosco così, come mia madre, son persone che cercano di vivere con controllo, testardaggine e un certo grado di rigidità, a tratti anche di egoismo.

Alle volte può essere anche mancanza di energia o uno stato d’animo un po’ depresso. La lentezza ha effetti positivi, però, come l’aumento di sazietà e di piacevolezza, oltre che una miglior digestione.

2. Il Tipo Mangione

Sono tipi generalmente silenziosi, che si concentrano a mangiare; normalmente soddisfare gli appetiti di tale tipologia è difficoltoso, in termini di quantità, come si dice: meglio comprar loro un vestito.

Generalmente sono anche abbastanza veloci ed esprimono un carattere “anarchico”, che non segue regole imposte: potrebbero mangiare spaghetti aglio e olio anche dopo il dessert.

Mi ricorda qualcuno…

Non volendo assolutamente citare nessuno che conosco con tali caratteristiche, devo però ricordare che mangiare con queste modalità, quantità e velocità è rischioso per la salute in diversi modi.

3. Il Tipo Distratto

Mentre mangia, contemporaneamente fa altro: guarda il cellulare, risponde alle mail, legge… Personalmente tollero male già chi tiene il telefono anche solo appoggiato sul tavolo.

Toc toc, qualcuno si sente chiamato in causa? Mi sa tanti…

Credo metta sé stesso in un piano secondario dedicandosi a tutt’altro. Ed è quindi propenso a dare spazio a ciò che non c’entra nulla con quello che sta facendo – e con chi – in quel momento, ma in realtà trascura i propri veri bisogni ed il significato profondo del mangiare e di farlo in compagnia.

Non sono uno psicologo, certo, ma mi pare che possa essere segnale di notevole stress e d’impazienza.

4. Il Tipo Tignoso

Vorrebbe sapere da dove arrivano le materie prime e come sono preparate le pietanze; sa cosa vuole! Di solito è una persona curiosa che ama porsi domande. Disciplinato, ordinato e attento, anche alla pulizia, dedito allo stile e anche un po’ formale, usa sempre le posate. Lascia poco al caso e poi non si affida facilmente a chiunque. Per questo è impegnativo accontentarlo e può risultare un po’ pesante.

5. Il Tipo Godurioso

È chiacchierone a tavola, brillante ed estroverso quindi si nota molto la sua presenza o assenza. Uno spirito libero, istintivo e poco morbido nella vita in generale. Risulta sempre a caccia di divertimento e piaceri in genere, si focalizza molto su Bacco, Tabacco e Venere. Certamente è uno dei tipi più divertenti da frequentare.

6. Il Tipo Perfezionista

È una persona che nella propria vita, e anche in alimentazione, segue costantemente rigorose regole autoimposte senza sgarrare mai. È controllato sia nelle scelte che nelle porzioni e, spesso, esclude molti alimenti: ad esempio segue alla lettera una dieta, a volte senza una reale necessità.

Si prende molta cura di sé in modo un po’ maniacale. Se fa un piccolo “sgarro” si sente subito in colpa e inadeguato con sé stesso. Alle volte rivela un carattere un po’ introverso.

7. Il Tipo Aperto

È pronto a tutto, sarebbe in grado di assaggiare qualunque cosa, pronto a qualsiasi novità ed è incline agli esperimenti. Non storce il naso nel considerare, ad esempio, alimenti esotici fuori dal normale ordinario, sarebbe in grado di ingerire insetti e assaggiare senza problemi la Marmite o l’Haggis. Ha una vita movimentata e avventurosa, forse un po’ confusa nel darsi le priorità.

8. Il Tipo Indeciso

Se è al ristorante, studia attentamente il menu impiegando ben più dei minuti usuali e nonostante l’eventuale vasta scelta non si sa decidere, c’è sempre qualcosa che non va…

Dopo attente letture, sceglie comunque frettolosamente, giusto per non indispettire il cameriere o spazientire i commensali in attesa, dato che è sempre l’ultimo a ordinare. Poi, però, puntualmente, si pente della propria scelta… In alcuni casi, segue l’istinto, salvo poi lamentarsene. Vero Lorenza?

Ovviamente ci saranno altre classificazioni minori e la maggior parte delle persone ne ricopre comunque più di una: ad esempio io probabilmente la 4 e la 5 e un pizzichino di 6.

E Voi?

Poi c’è chi non cucina solo per sé – vero Pietro? Vabbè io pure! – e chi addirittura mangia in piedi se si trova in solitudine: cucinare senza qualcuno che possa assaggiare e apprezzare le squisitezze preparate con sentimento non ha molto senso. Equivarrebbe a dare amore senza riceverne.

Si è mai stanchi di rendere felici gli altri? Ci si annoia mai nello scoprire che i propri gesti, le proprie idee possono rendere felici e far star bene qualcuno?

Studi scientifici mettono in risalto il rapporto tra felicità e mangiare in compagnia. L’adeguata cultura alimentare non deve mirare solo a mangiare bene, ma, contestualmente, anche a mangiare in convivialità, migliorando la nostra salute. Ma questa è un’altra storia…

Per concludere, tutto ciò ci porta inesorabilmente al più famoso apoftegma, Nosce te ipsum, che, in definitiva, è origine e scopo dell’investigazione che anima me e questa Rubrica.

Il metodo basilare per l’indagine di sé è l’osservazione di sé, perché senza un’attenta e corretta analisi, una persona non comprenderà mai come le diverse funzioni della macchina umana lavorino in correlazione tra di loro, olisticamente.

L’auto osservazione – anche attraverso il cibo che si ingerisce – occorre per renderci conto di quale grado di meccanicità ci conduce.

È molto complesso comprendere e poi accettare che siamo vittime perlopiù inconsapevoli di influenze esterne, pensieri associativi, gusti preordinati e condizionamenti di scelte fatte prima di noi da altri, che perlopiù riguardano l’adesione o meno a norme sociali, aspettative stereotipiche, suggestioni, convenzioni, ben distinguibili dal nostro reale benessere.

Capire quale sia l’essenza, la personalità e le attitudini, allora.

Ma cosa vuol dire capire?

È proprio difficile realizzare se davvero ciò che vediamo, ciò che ascoltiamo e ciò che gustiamo, e anche ciò che pensiamo, non sia frutto di una certa meccanicità della vita. Il primissimo passo però credo sia domandarselo – come stiamo facendo – e non fermarsi alla prima, ma continuare instancabilmente a chiedersi, ogni volta.

Il percorso dove ci porterà?

Stay tuned! Restate sintonizzati e direi anche sincronizzati!

Autore Investigatore Culinario

Investigatore Culinario. Ingegnere dedito da trent'anni alle investigazioni private e all’intelligence, da sempre amante della lettura, che si diletta talvolta a scrivere. Attratto dall'esoterismo e dai significati nascosti, ha una spiccata passione anche per la cucina e, nel corso di molti anni, ha fatto una profonda ricerca per rintracciare qualità nelle materie prime e nei prodotti, andando a scoprire anche persone e luoghi laddove potesse essere riscontrata quella genuina passione e poter degustare bontà e ingegni culinari.