Dal 27 maggio al 19 giugno a Spazio Curva Pura di Roma
Riceviamo e pubblichiamo.
Curva Pura, via Giuseppe Acerbi, 1/a, Roma, presenta ‘id’, la nuova personale dell’artista multiforme Flavio Parente, curata da Yuliya Galycheva, che attraverso fotografie, video e installazioni, indaga sul tema dell’identità. L’ego, la mutazione dell’io, la separazione dall’origine universale attraverso la nascita coinvolgono il visitatore in una mostra di cui lui è una parte attiva e cangiante grazie anche alla natura interattiva dell’allestimento.
Vincitore del concorso internazionale “Enzimi” nel 2000 con il lavoro fotografico “Sublimazioni”, in mostra sia a Campo Lanciani sia all’Ex Mattatoio di Testaccio, Flavio Parente ha mantenuto l’eterogeneità del suo stile introspettivo ed espressionista, più delle volte caratterizzato dalle lunghe esposizioni nella realizzazione delle immagini, ed ha continuato ad improntarlo sulla serialità ed interiorità. Il suo interesse per la natura dei frattali e la loro manifestazione nei marmi delle antiche chiese romane hanno concesso di espandere la sua ricerca verso le suggestioni nelle opere di pittura e scultura ecclesiastica.
Una selezione di vastissime e diversissime opere sono in esposizione allo spazio Curva Pura, nella mostra dal titolo ‘id’, con l’origine dal latino che significa ‘quello’, ed in termini occidentali ‘identità’, riferimenti suggestivi, che invitano ad osservare se stessi al di fuori di se.
Dietro le fotografie e video realizzate in tempi lunghissimi, appare una caratteristica che sembra dilatare l’esperienza sensoriale, un’indagine in un’aria mistica e misteriosa sull’identità collettiva e individuale, sulla spiritualità, sul mondo dall’inesorabile deterioramento e caratterizzato dalla eventuale mutazione di ogni forma fisica.
L’allestimento della mostra prevede l’alternanza dei lavori con elementi specchianti dal significato metaforico, che metteranno l’osservatore di fronte alla propria identità definita dagli oggetti riflettenti, una percezione di se confinata dalla forma dell’oggetto materico che la contiene.
“Identità, alterità, il continuo tra ciò che ha cessato di essere, sono tra i potenti temi accostati da Flavio Parente che si svolgono nell’interazione tra meccanica fotografica e occhio umano lungo i labili confini determinativi dell’’‘id’: e le immagini sono una galleria di specchi, straniani e al contempo accoglienti, in cui mirare il nostro passaggio”, scrive Luca Arnaudo nel suo testo critico della mostra di Flavio Parente.
‘id’è una mostra organizzata da “River of Trees”, un progetto artistico che sin dall’inizio indaga, all’interno dello Spazio Curva Pura e non solo, le sperimentazioni contemporanee e i nuovi linguaggi italiani ed internazionali.
La mostra sarà visitabile fino al 19 Giugno su appuntamento.
Un pronome impiegato dai latini per riferirsi a enti ritenuti inanimati, l’acronimo inglese indicante un documento d’identità o il disegno dell’interazione tra esseri umani e sistemi meccanici: nella sua funzione di titolo della nuova personale di Flavio Parente la parola ID richiama tali diversi significati, moltiplicandone le risonanze all’interno delle rarefatte immagini in mostra.
A prima vista incentrate su un indistinto volto a riconnettere allusivamente astrazione e figurazione, le opere di Parente mirano piuttosto a una singolare coincidenza visiva di spazio e tempo, colta nello scatto di una fotografia secondo una misura che è meditativa prima ancora che estetica.
Attraverso pose lunghissime e senza successivi fotoritocchi, l’artista si concentra in effetti sulle effigi barocche – sculture e pitture – disseminate nelle chiese di Roma per realizzare una successione di soggetti in cui il dissolvimento visivo delle forme richiama il destino di disfacimento materiale proprio degli esseri, un destino contemplato senza mai cedere a facili drammaticità. In questa prospettiva, sia consentito tentare qui un pur minimo parallelo con l’opera contemporanea più nota per le sue strategie di riuso dell’immaginario ecclesiastico-barocco, quella di Francis Bacon.
Mentre, dunque, un simulacro papale o cardinalizio viene assoggettato dall’artista britannico a una violenza deformante che, a ben vedere, finisce per esaltare proprio quella carnalità su cui visivamente si accanisce, nelle trasmutazioni fotografiche di Parente il medesimo soggetto assurge a epifania disincarnata della transitorietà degli enti, secondo un’attitudine spirituale che richiama infine alla memoria la nota battuta di Paul Klee secondo cui l’arte non riproduce il visibile, ma piuttosto rende visibile.
Identità, alterità, il continuo tra ciò che è e ha cessato di essere, i potenti temi accostati da Flavio Parente si svolgono nell’interazione tra meccanica fotografica e occhio umano lungo i labili confini determinativi dell’ID: e le immagini sono una galleria di specchi, straniante e al contempo accogliente, in cui mirare il nostro passaggio.
Luca Arnaudo
Roma, maggio 2016