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‘I Pastori d’Arcadia’ di Nicolas Poussin

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'I Pastori d'Arcadia' di Nicolas Poussin


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Et verba pictura gradus

Infine… ce ne andammo anche noi, accompagnati dalle note di uno zufolo lontano, con Nicolas, l’uomo di Les Andelys… trasmutati anche noi in Arcadi e Pastori… pronti a servirci a differenza d’altri, di un diverso codice visivo, fatto di estetici ed arcani glifi e… di quelle sue artistiche modalità sapienziali… come chiavi di accesso in una Dimensione Parallela alla nostra Realtà!

Con l’opera di Nicolas Poussin ‘I Pastori d’Arcadia’ si conclude quella particolare indagine che avevamo aperta con La Calunnia di Apelle’ di Sandro Botticelli, poi seguita dal ‘Cenacolodi Leonardo da Vinci; motivata da quegli spunti particolari, offerti  dal loro atteggiamento di apertura al misteriosofico… o forse, per esser ancora più precisi, meglio sarebbe definire proprio quel modo di procedere, come un invito da parte di quegli stessi Artisti… Grandi e… “anomali” ad un tempo che, diversamente da altri legati ad una mera oggettività di “servizio”, hanno operato muovendosi, con piglio indagatore, nella più Grande e Armoniosa “Anomalia” rappresentata dall’Arte in ogni tempo, nella Libertà Espressiva che evolve il Pensiero, nonostante il vincolo stretto di certe “committenze” che, soprattutto nei secoli passati, andavano a promuovere tematiche  istituzionali e religiose… o a soddisfare il desiderio, la vanità, la… “pompa” dei nobili e dei borghesi, che sborsavano denaro sonante pur di esibire “culturale lustro”, nel possedere preziose opere pittoriche d’autore… quindi di livello… preziose anche nel senso di “ben pagate”… celebranti le tematiche rappresentative più di “moda” nel loro tempo.

Quegli Artisti si muovevano nella realtà di quel mondo sfavillante delle corti, uscito l’altro ieri dal Medioevo e… appena ieri, dai “tormenti michelangioleschi” del Rinascimento, tra le sete, il raso luccicante, i velluti policromi, in quelle vesti e panneggi sempre gonfi di vento del “barocco”.

Erano ed operavano nella società d’allora, che, pur lentamente, si evolveva… Artisti che, ad onor del vero, non venivano più considerati dalla Cultura, dei semplici artigiani del pennello, pittori a servizio o come mestieranti ai quali imporre dei “modi” insieme ai temi già tollerati come Condizione di Sistema. L’Aura Filosofica già aleggiava e caratterizzava le finalità degli esploratori dell’Anima, armati di pennello e raffinati pigmenti… erano oltretutto confortati da una voce autorevole, quella di Giordano Bruno.

Proprio il filosofo nolano aveva chiarito, qualche anno prima, che… “i pittori… invero, sono filosofi” e quindi con maggiore e risvegliata Coscienza essi si muovevano, dissertavano e dipingevano… come sapienti “mistagoghi” e… qualcuno certamente lo era, nel seguir non una via fatta di semplicistiche scorciatoie ma, quella Grande Via che tutti i sentieri dell’Anima riassume… si impegnavano in una “Cerca”… speculare… sapienziale… più spirituale, rispetto al mero concretismo del vivere… quella voglia d’Esistere più incarnati nel Mistero… una scelta interna… una convinzione tenace, la Strada dell’Ignoto, forse intesa come Sogno che, pur tremando e anche con la lingua “fattasi muta”, per il pericolo di sconfinamento tra religione ed eresia, amavano percorrere, da svegli… con il contributo della Ragione… e l’istinto animico, le tracce della Conoscenza… proseguendo, imperterriti, anche nella notte “vedova” della Solarità, ma illuminata da miriadi d’altre stelle.

Nella prima Opera abbiamo indagato il Mito della Verità offesa dalla Calunnia, nella seconda, il Mito dello Spirito, del Verbo Divino che si trasmuta in Carne, nella Terza cercheremo di penetrare il Mito dell’Immagine che pervade… l’Assenza e… accoglie il “cercante” attraverso le visioni dell’Arcadia e… nell’Essenza di una Dimensione Parallela.

Parole difficili da comprendere?

Esattamente come quelle di una frase senza verbo, quindi senza azione ma, tendente a dar valore all’Essenza… in una scena muta, fatta di disegno e di colore magistrali, quelle parole suonano nella nostra mente come un monito… “et in Arcadia Ego”… inciso nell’opera?

E, inoltre, non crediate che l’immagine pastorale ed elegiaca semplifichi di più le cose. Perché, forse, e… dobbiamo necessariamente mettercelo un “forse”, alla fine potremo scoprire il “meccanismo” segreto di quella sorta di Criptex pittorico ed anche verbale, messo in gioco da uno dei più silenziosi e discreti pittori della storia dell’Arte di tutti i tempi… Nicolas Poussin.

Ma pur nel suo essere taciturno… gioca con l’Arcano il buon Nicolas! E… lo fa, partendo dalla Radice Prima… dall’Archè… lui che frequenta e forse “appartiene” artisticamente, per pensiero poetico e filosofico, proprio a circoli, sodalizi che più tardi confluiranno in quell’Accademia degli Arcadi che nacque sotto l’Egida di Cristina di Svezia… ed in ragion di ciò ci sembra di intravedere nella scena de ‘I Pastori d’Arcadia’, tanta similitudine con un’altra immagine che viene alla nostra mente: quella del Bosco Parrasio… sogno ricorrente e luogo ricostruito dai poeti di fine seicento fino al secolo successivo… e con varie ricostruzioni ancora oltre.

Arcadia è dunque… Archetipo, Simbolo e Visione di una terra felice, che, nell’Immaginario umano ed anche in quello del nostro Artista in esame, accoglie un popolo di pastori, espressioni di una umanità purificata dal Vizio che ripopola un mondo anch’esso rinnovato… ma non si vedono greggi belanti o mandrie muggenti… e questo lascia intendere che… dall’Arca celebrata, impressa nella Memoria dei popoli dalla diversa Civiltà e lontanissimi tra loro… discende una nuova figura, a farsi maestro d’Umanità, quella del Poimandres, un pastore di uomini, alla continua ricerca della Conoscenza da trasmettere loro, a quel “gregge” invisibile, fatto d’anime… e la figura femminile che la rappresenta in quella landa di un mondo bucolico dove Sole ed Ombra si “baciano” armoniosi è lì, a testimoniare una continuità che neanche la morte… la Nemesi, presente in Arcadia come dovunque, può interrompere!

L’Arcadia è, dunque, Arca-diaArca di Luce… ma, anche nel suo irradiare, nasconde sempre i suoi Misteri sotto l’evidente riconoscibilità della sua stessa immagine, sia essa la rappresentazione di un luogo di Salvezza dal Diluvio o di un Dono utile a sigillare l’Alleanza col Divino o sia il Nomos, cioè un territorio così intitolato per la presenza di una semplice Arca tombale… se quel mistero è alla fine alimentato dalle Sacre Spoglie di chi vi si immagini sepolto!

Questi sono gli interrogativi che lascia l’Autore… lasciando intendere a noi posteri che lui vi abbia dato risposta… con la sua ermetica conoscenza… perché egli “è”, come affermato in una lettera del tempo in cui il latore riferisce della sua persona a Colbert, Ministro del Re di Francia…

egli (Poussin) ed io discutemmo certe Cose, che con comodo potrò spiegarvi in dettaglio. Cose che vi daranno tramite monsieur Poussin, vantaggi quali persino i Re stenterebbero grandemente ad ottenere da lui e che, secondo la sua opinione forse nessun altro riscoprirà mai più nei secoli futuri. E ciò che più conta, sono cose tanto difficili da scoprire che null’altro ora esistente su questa terra può essere più avventurato o pari ad esse.

Il Mito rientra alla grande nel suo immaginario artistico ed egli lo ricostruisce in Arcadia; raccoglie e fonde insieme come in un amalgama alchemico le testimonianze di religioni e civiltà che collimano, ricordando gli stessi eventi immani e tutto in quel dipinto ed in quel motto, si dispone in un equilibrio insuperabile anche dal punto di vista compositivo e nel contesto filologico… non vi sono più “paratie stagne”… il suo pensiero… la sua Filosofia non appaiono né ai suoi contemporanei né tantomeno a noi posteri, come una preoccupante “eresia” per il sistema del suo tempo, che già lo aveva sospettato di appartenere ad una “Fronda” di tipo esoterico e politico, ma tutto il contenuto dell’Opera d’Arte lo si legge come un atto d’amore verso l’Armonia del Creato! Tutto ciò passerà poi nell’Oblio e… non sconvolgerà il mondo… che, dunque, farà finta di niente!

Vivrà tranquillo Nicolas Poussin… producendo pensiero ed opere brillanti, che riscuoteranno il successo meritato nelle corti e nei palazzi degli alti prelati e nobili del tempo… ma un prezzo lo pagherà proprio quella sua opera che ha voluto “imparentare” come segno d’appartenenza al Pensiero Sotterraneo con un’altra del Guercino, trattante lo stesso tema… ma, i suoi Pastori d’Arcadia attenderanno, per secoli, di tornare ad essere considerati dalla critica e dalla storiografia come un’opera degna del giusto rilievo.

Poussin così silenzioso e discreto da adottare come suo motto personale e come sigillo le “sibilline” parole … Tenet Confidentiam incrociate tra di loro a simboleggiare una Croce Latina, ed in particolar modo ci colpisce l’uso di quel verbo… “Tenet” come a voler ricordare la croce formata dalla parola palindroma, presente all’interno del Quadrato detto “magico” ma che, in realtà, è il classico Laterculus o formella, la “marca” distintiva degli antichi costruttori.

Bisogna precisare che non si intendono percorrere in questa disamina, sia dell’opera che del tema in questione, sentieri o strade già percorse in precedenti saggi critici e storici o riferirsi a quella ormai ridondante letteratura afferente ai misteriosi “fatti” di Rennes le Chateau, con i quali si ravvisano coincidenze paesaggistiche che ci lasciano incerti e stupefatti… o di questo o quell’istituto di “esoterici secreti” perché, anche su questo argomento, tanto è stato già detto, spesso anche in maniera confusa e a dir poco “truffaldina”.

A noi interessa, invece, rimetterci di fronte all’opera, proustianamente… con “occhi nuovi” e scoprire ciò che non è stato ancora detto… usando, per arrivare a tale conclusione, anche gli stessi strumenti, considerando che, spesso il “nuovo” può non essere buono… e ciò che è validamente incontestabile nel rappresentare un Valore autentico, intramontabile, pur nella sua preziosità, molto spesso, viene inventariato come vecchio, quindi… sappiamo, se proprio volessimo ricorrere ad un’analogia esemplificativa, che potremmo farlo, utilizzando, come esempio, gli strumenti musicali ed il loro suono… notando che, sempre sette son le note emesse da loro, ma la particolare sensibilità e creatività di chi si esprime con esse, fa sì che sia possibile riuscire sempre a generare nuove melodie… originali armonie… ed è così anche per il Colore, così per l’Immagine del pittore… così per la Parola del filosofo, che esprime il Nuovo Pensiero “cavandolo” dai recessi più impraticabili della mente… e non a caso stiamo trattando di una delle opere di Nicolas Poussin, definito, appunto, dai suoi contemporanei… il Pittore Filosofo… possiamo azzardare, senza avere ombra di smentita, che mai lo fu tanto, come in codesto dipinto, trascurato dalla Critica ufficiale e dagli storiografi per almeno tre secoli.

Ecco perché, dalla riscoperta dell’opera, dal suo ritorno in “gioco” sul piano dell’interesse generale dell’Arte e di quella secentesca e barocca in particolare, si è scatenata la corsa al “di tutto e… di più” di cui sovraccaricare il messaggio, il significato e l’autore stesso con spunti sapienziali, misterici, iniziatici e per giunta, con teorie e complottismi di fantapolitica…

Quindi… potremmo riferirci agli scritti di Baigent, Leigh e Lincoln nell’Holy Graal, o a quelli ricchi di schematismi geometrici e sapienziali di Andrews e Schellenberger di Alla ricerca del Sepolcro o, al contrario, seguire la via della Critica accademica, delle sue classificazioni o del razionalismo storico più acclarato… ma come è stato anticipato, non faremo niente di tutto questo… lasceremo quindi da parte tutto il ridondante “pianto del coccodrillo”… come Mea Culpa spesa a suffragio di un’opera dimenticata per rileggere semplicemente la pittura come un virtuoso Fatto d’Arte perché siamo convinti che l’eredità di Poussin si incastoni perfettamente in quella eccezionale “parentesi” che è stata aperta con la “lettura” delle precedenti opere di Botticelli e di Leonardo… davvero una prestigiosa compagnia per quel bretone silenzioso e sognatore, scaraventato dalla provincia francese agli splendori della Roma papale, che, dopo aver mandato al rogo Giordano Bruno, si faceva “fustigare” dal bagno di realtà imposto dall’opera di Caravaggio ed ora… riscopriva la classicità, per darsi un lustro culturale da poter paragonare al Tempo dei Cesari.

C’è un momento di “contemporaneità”… un incrociarsi dei fenomeni artistici e culturali in cui convivono “caravaggismo” e riscoperta della classicità… e Poussin lo vive ed assimila in “dosi” calcolate dalla Ragione, ma poi, alla realtà dei fatti, si costruisce la sua personalissima e strutturata immagine… egli dimostra, pur stimandone il valore artistico, di essere lontano anni luce dall’Arte del Merisi e da quel pennellar titanico di luce e di “pece” che attanaglia le coscienze con la tormentata evidenza del Reale… egli viaggia, invece, spedito dentro la sublimazione numinosa, filosofica, che va oltre la martoriata carne umana senza resurrezione, dei corpi destinati alla putredine, dei santi, popolani ed altri organismi viventi che calpestano con i piedi rugosi la mota, il fango del mondo… di quella realtà che fa da “modello” a se stessa e ne denuncia oltremodo i mali… perché l’Arte è sì, anche tutto questo ma, il Sogno Filosofalel’Armonia Cosmica di un Tempo Eterno e non deteriorabile è ciò che, in fin dei conti, Nicolas Poussin cerca di cogliere in maniera prevalente.

E… noi per riuscire a cogliere tale messaggio non possiamo far altro che compenetrarci nel suo particolare pensiero ed adottarne schemi e metodi del suo linguaggio… seguiremo, quindi, il suo “intendimento”.

…le cose in cui vi è Perfezione, non vanno viste in fretta ma, con Tempo, Giudizio e Intelligenza. Per giudicarle bene, bisogna usare lo stesso metro, come per farle bene.
Poussin a Chantelou, 20 marzo 1643

Il Critico e Storico dell’Arte Alain Mérot, paragona ‘I Pastori d’Arcadia’ all’’Angelus’ di Millet perché riconosce in esso una grande potenza evocativa che però non seduce subito il “fruitore” meravigliandosi, peraltro, di questa dote rispetto ad altri lavori dello stesso autore, secondo il suo giudizio più brillanti e forti anche nell’impianto scenico.

Quindi, anche in lui scatta il sospetto che l’opera custodisca una sorta di Enigma.

Forse potremo trovarci di fronte ad un fenomeno estraniante, basato sugli effetti della “disambientazione”… un fenomeno che anticipa le risoluzioni della Pittura Metafisica di qualche secolo dopo?

Forse perché i Pastori rappresentati nella composizione risultano espunti… “disambientati” dalla loro più consona caratterizzazione che li vedrebbe meglio inseriti con le loro greggi al pascolo?

Oppure è la presenza di una tomba in un contesto idilliaco e pastorale che dovrebbe invece ispirare serenità, armonia con le perfezioni del Creato, considerate sì in astratto ma generalmente presenti nel nostro sentimento come Archetipi Eterni?

Quei “Pastori” dall’aspetto prestante, apollineo, sembrano più delle “deità” olimpiche che uomini rudi e affaticati dalla pratica della “pastorizia” e dalla “transumanza”… essi sembrano, invece, il risultato di una “trans-umananza” e… se il contesto fosse stato canonico, quindi di stampo religioso, cristiano e non pagano e mitologico, si sarebbero potute intravedere in essi, due figure tutelari, due entità “angeliche” poste a guardia di un sepolcro… mentre il terzo “pastore” barbuto, un indagatore, un discente dall’aspetto sì “erculeo” provato alla fatica ma certamente più umano, più mortale, è inginocchiato a cercare di far proprio il grande mistero della scritta incisa sulla pietra tombale.

È la figura più reale appartenente a questo mondo, ma che sta tentando di entrare nella dimensione dell’Arcadia. Lo si intuisce dal fatto che è l’unico dai tratti meno “deificati” e con una consistenza corporale… è anche l’unico ad avere un’ombra proiettata dalla sua persona e tenta di uscire fuori dalla sua condizione, cercando di assimilare una conoscenza che glielo permetta o, per lo meno, di fronte all’enigmatico motto, è il solo che prova… e tenta almeno di decifrarlo.

E… che dire poi, del paesaggio, dallo scenario che contiene il tutto? Rispetto ad altre versioni dello stesso autore e del già citato Guercino esso pare essere stato dipinto in maniera meno “anonima” o approssimativa… giusto per fare da sfondo… come una scena teatrale tesa a sintetizzare una realtà simbolica. Qui il paesaggio è di un nitore, di una chiarezza descrittiva che lascia intendere la volontà dell’artista di citare o far riconoscere un luogo preciso, rispettando la conformazione della valle, la sua vegetazione ed i rilievi orografici, aspetti che, anche a distanza di secoli, possono essere identificati… e lo sono a quanto pare.

Quelle linee… o profili montani corrispondono alla corona montuosa di Rennes le Chateau nella regione francese denominata Occitania… un luogo del quale non vi sono notizie storiche riguardo ad un passaggio dell’artista e quindi di un lavoro riproduttivo di quei luoghi nel suo “corredo” pittorico. A meno che, nel venire a Roma, non avesse fatto una deviazione spinto, forse, da qualche “richiamo” al quale non poteva sottrarsi…

Richiamo… mistico… misterico-esoterico… o semplicemente per regalare alla sua memoria di artista e di grande colorista lo splendore delle tonalità del meridione?

Voglia di attraversare e conoscere quella Linguadoca… catara, templare, dei racconti radicati nella sua memoria e madre di una lingua più dolce di quella da lui stesso parlata con forti inflessioni bretoni!

Interrogativi ed ipotesi formulate dalla nostra “empatia” con il personaggio ma, per l’appunto ipotesi, che non possiamo suffragare con prove certe… quindi la fedeltà quasi fotografica dei luoghi continua a rimanere per noi tutti, un mistero!

Se si tratti di casualità oppure precisa volontà… rischiamo anche noi di cadere nell’illazione… nel gioco della fantasia in cui, forse, ci vorrebbe intrappolare un artista… mistagogo come un “Druida” celtico… figlio delle brume del nord e del quale non abbiamo ancora approfondito gli aspetti più reconditi della personalità così profonda e riflessiva! Ritorna, quindi, il mistero su Nicolas e non solo per aver voluto “accodarsi” ad una tematica già trattata da altri e non presente nei più comuni e divulgati racconti classici, bensì, per avere ambientato quella rappresentazione in un’altra area geografica rispetto all’origine del Mito.

Cosa ha voluto intendere?

Forse che, per ragioni che anche noi possiamo intuire vista la floridezza dei luoghi e la libertà di una cultura erede del “purismo” dei Perfetti Catari e quindi improntata ai buoni costumi, un sistema di vita comunitaria non divisa in classi, non “re-ligata”, purtroppo troppe volte repressa dal potere religioso del papato romano, la concezione di una Nuova Arcadia poteva infine riconoscersi nella terra del popolo occitano?

Anche se, per ironia della sorte, qualche anno dopo il concetto di Nuova Arcadia sarebbe fiorito proprio in quell’Urbe della quale egli stesso compiangeva la grandezza, affidando un pugno di calcinacci e di detriti nelle mani di un suo conterraneo che voleva portare con sé un ricordo della Città…

prendi… gli disse… questo è ciò che rimane… in ricordo di Roma Antica!

Ritorna per l’Artista in quella Roma dei Papi… intoccabile perché era sotto la protezione dell’Ambasciata di Francia il sospetto del “frondismo” e del pensiero eretico.

Non deve quindi destare meraviglia il fatto che tanti cercatori di tesori nascosti e risolutori di enigmi alla “Indiana Jones” si siano lanciati in una corsa sfrenata all’inseguimento non del dato accertato dalla realtà ma di ciò che il proprio intimo sogno suggeriva.

Ed è quindi semplicemente un dipinto… un’opera d’Arte a scatenare tutto questo?

Credo che Poussin… il silenzioso… il taciturno, sempre dall’espressione seria come si presenta a noi, dal suo autoritratto, intuisse già tutto questo… sapendo che è l’Arte a permettere l’accesso ad una particolare Dimensione, non solo a chi la mette in opera, ma anche al “fruitore” che la riceve, accogliendola come un motore cerebrale ed emozionale, per muovere autonomi passi nel mondo della Fantasia creativa. In ogni essere umano si nasconde una particolare categoria d’artista… secondo il filosofo indiano Aurobindo.

E quindi… io credo che ‘I Pastori d’Arcadia’ di Nicolas Poussin…non più “obnubilati”… emergendo finalmente dalle nebbie del Tempo, siano affiorati ed accolti come un “lievito” per chi, volendo sfuggire al quotidiano grigiore del pensiero decadente e minimale, ha visto aumentare di volume la sostanza della propria sensibilità… rispetto alla rigidità della forma imposta da un eccesso di razionalità che anche la stessa Ragione vorrebbe che fosse più equilibrata.

Codesti Artisti, concettuali ante litteram ma… anche Pittori dal Grande Mestiere, pensatori, filosofi, mistagoghi… che abbiamo preso in esame, che sono, in definitiva, gli eredi diretti in un percorso millenario, dei pittori sciamanici delle origini dell’Umanità, a noi posteri, cosa vogliono dire in fondo con il loro “misterico” e misterioso fare?

Semplicemente che, l’Arte È… quindi sarà sempre quella sana “anomalia” nella quale connettersi, palpitare, emozionarsi e vibrare; ognuno può “cavalcare” e lasciarsi condurre dal Fenomeno che rende libero il Pensiero… nel giusto terreno per “inseminare” e far fiorire l’Azione formativa… e sempre più perfezionante… dell’Uomo Universale.

Io… o se si vuole… sono come ognuno… anche io… uomo… e pastore in Arcadia…

“Et in Arcadia ego”… un motto che può essere traslato nella Ricerca di una nuova Condizione umana.

Autore Vincenzo Cacace

Vincenzo Cacace, diplomato all'Istituto d'Arte di Torre del Greco (NA) e all'Accademia di Belle Arti di Napoli, è stato allievo di Bresciani, Brancaccio, Barisani, ricevendo giudizi positivi ed apprezzamenti anche dal Maestro Aligi Sassu. Partecipa alla vita artistica italiana dal 1964, esponendo in innumerevoli mostre e collettive in Italia e all'estero, insieme a Giorgio de Chirico, Renato Guttuso, Ugo Attardi, e vincendo numerosi premi nazionali ed internazionali. Da segnalare esposizioni di libellule LTD San Matteo - California (USA), cinquanta artisti Surrealisti e Visionari, Anges Exquis - Etre Ange Etrange - Surrealism magic realist in Francia, Germania e Italia.