Dall’affetto all’essere affetti
L’attaccamento è un forte legame affettivo che si può manifestare non unicamente nei confronti di una persona, bensì anche di uno o più oggetti, di un ambiente e perfino nei riguardi di un particolare modo di vivere.
Ovviamente tutto ha inizio dalla nascita, poiché un neonato esiste solamente in funzione della madre senza la quale non potrebbe continuare ad esistere ma, questa prima tappa dello stadio di sviluppo, può perdurare in modo immaturo, e talvolta anche nevrotico, con i legami normali che si intrecceranno diventando adulti.
Massimo Ammaniti e Silvia Cimino, nel valutare i dati dell’AAI, Adult Attachment Interview, hanno catalogato ben cinque categorie di persone con particolari stati mentali nei riguardi dell’attaccamento.
1) Gli “adulti sicuri autonomi”, che rivivono i ricordi dell’infanzia in modo equilibrato e coerente, senza attitudini difensive, dimostrando solidità, maturità, autostima e apertura alle relazioni.
2) Gli “adulti distanziati”, che svalutando le esperienze di attaccamento idealizzano l’infanzia, ricordano i genitori come un porto sicuro e si presentano forti, emotivamente lontani, non condizionabili dagli altri e autonomi.
3) Gli “adulti preoccupati e invischiati”, che rimangono in un certo qual modo nella loro infantile relazione. Convivono con una rabbia costante e scarsa autostima, tutto ciò a causa del fatto di non riuscire a soddisfare le aspettative che i genitori avevano nei loro confronti.
4) Gli “adulti irrisolti e disorganizzati”, che manifestano uno stato mentale confuso, dovuto a forti traumi infantili, come per esempio il lutto, gli abusi sessuali o esagerate pressioni psicologiche. Le conseguenze sono una scarsa fiducia nei propri mezzi e nelle relazioni, nonché la tendenza a sviluppare patologie nevrotiche e/o psichiatriche.
5) Gli “adulti inclassificabili”, che vivono una mescolanza incoerente e contraddittoria dei precedenti punti, con una personalità altamente variabile e indecifrabile.
Facendo un’analisi generale dell’attaccamento potremmo definirlo come un’attitudine a ricercare la vicinanza dei genitori anche da adulti e questo avviene in modo immaturo, quando le esperienze passate si ripetono nella memoria sulla scia di schemi fissi, a volte ossessivi, e dai quali non si riesce a prendere le distanze, a modificarli e a riordinarli in base ai cambiamenti dovuti alla crescita.
Per evitare che il bambino sviluppi attaccamenti esagerati è buona cosa aiutarlo a stare anche in compagnia di “terze persone” quali possono essere i nonni, i compagni di scuola, i parenti o i figli degli amici dei genitori.
Come reagisce un bambino, dopo essere stato in compagnia degli altri senza la presenza di mamma e papà?
La prima volta certamente può risultare difficoltoso ma, nel tempo, come si è evoluta la situazione?
Ha imparato a trovarsi a proprio agio oppure ha continuato a soffrire come se fosse stato abbandonato?
Ha imparato a riconoscere che il moltiplicarsi delle relazioni può essere per lui un guadagno anziché una perdita?
Non dimentichiamoci che l’affezionamento non è solo una questione di sentimenti, poiché può anche trasformarsi in una vera e propria malattia; provate infatti a riflettere sulle seguenti affermazioni:
Provo affetto! Sono affetto!
Certamente avete notato la differenza.
Resta aggiornato sui Programmi Gayatri
Autore natyan
natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.
- Web |
- More Posts(309)