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Henna



Adesso basta sangue ma non vedi
Non stiamo nemmeno più in piedi, un po’ di pietà
Invece tu invece fumi con grande tranquillità
Così sta a me, a me che debbo parlare fidarmi di te
Domani domani domani chi lo sa che domani sarà
Oh oh oh chi non lo so quale Dio ci sarà
Io parlo e parlo solo per me.
Lucio Dalla – Henna

Quante città e quante vite in questa eternità di cui nessuno ha visto il principio e nessuno vedrà mai la fine. Quante strade, quante parole in questi giorni senza tempo.

Abbiamo un volto senza occhi, una bocca senza labbra. E i vuoti sono un turbinio di sguardi complici, ombre che sfiorano le luci per inghiottirle. I passi fanno paura e le voci che si ascoltano sono incomprensibili, per questo più temute.

Il Dio è una gloria comica, al pagliaccio è stato dato il compito di portare il Verbo nelle case senza finestra. Non è incenso che loda ma fumo di fuoco amico che sale ad un cielo stanco.

Questo lenzuolo grigio vorrebbe vomitare sulla gente che corre e urla, piange e si strazia ma anche ride e gode come se nulla fosse mai accaduto, per coprire l’orrore e l’infamia che osserva delittuosamente da un sempre sconosciuto.

Affogano i pianti nei sotterranei negli squarci di palazzi arresi, vagano sembianze umane che crollano incerte sul peso di ogni sospiro. Non ci sono i bambini, sono scappati nelle favole: hanno scelto gli orchi a questo insaziabile mostro sbucato dalle viscere dei propri padri e padrini. E brucia, brucia la solitudine di fulmini e mitraglie e grandine di cenere e lingue di fiamme dragoneggianti che nessuno osa fermare.

Bastasse un secchio a spegnere quel dolore che arde e lapilla ovunque sul teatro di questo povero mondo piegato su stesso, allora sì che ci vorrebbe un Dio armato di un diluvio a rovesciare fiumi di acqua per spegnere quel delirio di distruzione.

Va bene io credo nell’amore
L’amore che si muove dal cuore
Che ti esce dalle mani e che cammina sotto i tuoi piedi
L’amore misterioso anche dei cani
E degli altri fratelli animali
Delle piante che sembra che ti sorridono
Anche quando ti chini per portarle via
L’amore silenzioso dei pesci che ci aspettano nel mare
L’amore di chi ci ama e non ci vuol lasciare.
Lucio Dalla – Henna

Si sente un odore acre di piombo e merda per le vie, la portano con sé gli invasori. Si scontra con quella fresca voglia di libertà che aleggia nell’orgoglioso difendersi di un popolo anemico alle armi.

La sofferenza insegna, la storia si inchina all’inquietudine. Nulla è come pare quando si recita una guerra. Bisogna essere oltre il ruolo affidato, contemplare la bellezza del dolore e amare la viltà fino in fondo.

Occorre avere il cuore, il cuore per non capire, per non sentire, per smettere di respirare. Ecco è questo il vero potere: quando gli altri sono sfumature e un contorno al tuo ego e alla tua bramosia.

Nessuno inventa i potenti, sono creature che si generano dall’odio ancestrale di Caino. Sono sfigurati e onnivori, vestiti in maniera inappuntabile, poco coscienti ma sempre puntuali a comprendere il punto debole del popolo ingenuo. Hanno un passato che li ha interdetti dal futuro, e un avvenire che brevemente li consegnerà all’hall fame del terrore.

Piccoli qualunquisti dal fegato d’acciaio. Il potere va dato a chi sostiene il contrario di tutto così che possa restare sempre solo e limitarne i guai che potrebbero derivarne. Non sono astuti ma indovini. Hanno la pelle del serpente sotto un adipe ben stirata.

Oggi più che mai appartengono a tutti perché, oggi più che mai, è più semplice riconoscerli. La violenza è una potenza che agisce su di una volontà e le impone di seguire una via piuttosto che un’altra. In questo senso, lo scopo della guerra è quello di assoggettare una volontà, sia essa individuale o di un popolo, a seguire una certa strada piuttosto che un’altra.

Ok ok lo so che capisci ma so io che non capisco cosa dici
Troppo sangue qua e là sotto i cieli di lucide stelle
Nei silenzi dell’immensità
Ma chissà se cambierà oh non so
Se in questo futuro nero buio
Forse c’è qualcosa che ci cambierà.
Lucio Dalla – Henna

Eppure, secondo Kant la condizione naturale che perdura tra gli Stati è quella di violenza ed egoismo.

Il requisito necessario affinché gli Stati possano uscire da un tale stato di guerra è:

rinunciare, come singoli uomini, alla loro libertà selvaggia, sottomettersi a leggi coercitive pubbliche e formare così uno Stato di popoli che crescerebbe sempre di più fino ad abbracciare tutti i popoli della terra.
Kank – Per la pace perpetua

Anche in Hegel vi è l’idea della naturalità della guerra, ma questi ritiene l’idea di Kant utopistica e astratta. Per Hegel dove c’è vita c’è conflitto. Pertanto, la guerra non è solo sicura ma anche benefica sotto certi aspetti.

È lo spirito del mondo che si mostra nei popoli, è un male indispensabile per raggiungere il progresso morale e civile dei popoli. È per il filosofo la forza stessa della dialettica e dello spirito universale. È necessaria in vista di una concretizzazione di libertà sempre maggiore.

La guerra è come il movimento dei venti preserva il mare dalla putredine, nella quale sarebbe ridotto da una quiete durevole, come i popoli da una pace durevole o addirittura perpetua.
Hegel

La natura della guerra è, dunque, dipendente da due fattori decisivi: gli scopi politici ed economici e le forze militari. In base alla natura degli scopi si definiranno anche i mezzi adeguati a raggiungerli. Allo stesso tempo, con l’avanzare della tecnica e delle conoscenze scientifiche le guerre cambiano di strumenti, ma non di sostanza, laddove essa è fornita dalle finalità politiche di un determinato Stato o nazione.

La natura dei fini umani è sempre la stessa, non cambia in base alle epoche storiche: ciò che cambia è l’oggetto non l’intenzione verso di esso. In questo senso, la guerra, non solo nel suo farsi ma anche nel suo concetto, è di natura permanentemente multiforme. Essa cambia nei mezzi e negli scopi, cioè cambia completamente di forma.

Il suo scopo è conseguire un obiettivo politico ed economico, con il quale, nella maggioranza dei casi, non implica che bisogna annientare fisicamente una parte degli individui preposti al comando, ma solamente che occorre mettere l’avversario nelle condizioni in cui continuare lo stato del conflitto è svantaggioso o devastatore.

Dopo la pandemia nessuno si sarebbe aspettato il richiamo ad una delle più gravi inadeguatezze dello spirito umano, ovvero la guerra. Ci troviamo di fronte, forse, ad un nuovo capitolo della storia dell’uomo.

Nessuno oggi può definirsi non colpevole: i politici, i potenti, le lobby hanno costruito questo nuovo enigma di ordine mondiale. Consapevoli che la faccia del pazzo e del clown è solo lievemente cambiata rispetto a quella indossata anni fa ma l’umore resta lo stesso così come lo scopo.

Dove sono oggi quelli che inneggiavano al totalitarismo che avrebbe dato gioia e sicurezza al mondo?

Forse, sono gli stessi che sono seduti sulle loro eleganti poltrone e severi osservano il dolore di un popolo che ha ancora la forza di pretendere una libertà mai scontata. Un popolo che sa essere più forte di un nemico e, nei confronti dell’intellighenzia nostrana, anche degli stereotipi.

Io credo che il dolore è il dolore che ci cambierà
Oh ma oh il dolore che ci cambierà
E dopo chi lo sa se ancora ci vedremo e dentro quale città
Brutta fredda buia stretta o brutta come questa
Sotto un cielo senza pietà
Ma io ti cercherò anche da così lontano ti telefonerò
In una sera buia sporca fredda
Brutta come questa
Forse ti chiamerò perché vedi
Io credo che l’amore è l’amore che ci salverà
Vedi io credo che l’amore è l’amore che ci salverà.
Lucio Dalla – Hella

Oggi 1° marzo ricorre il decimo anniversario della scomparsa del grande Lucio Dalla ho voluto ricordarlo con questa sua splendida canzone del 1993 dedicata alla guerra dell’ex Jugoslavia e all’amore universale senza alcuna distinzione. Una canzone terribilmente attuale, oggi più che mai.

Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.

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