Giuseppe Falconi.
Sono nato a Napoli nel ’73 da genitori che venivano dal mare. Per comprendere meglio la mia personalità accenneremo ad alcuni episodi salienti del mio passato. A soli dieci anni partecipavo ai comizi di piazza di esponenti politici. Il mio primo comizio fu quello di un tizio di nome Giorgio Almirante che con una faccetta (bianca), due baffetti (bianchi) e con modi da simpatico nonnetto sparava merda su tutti coloro che non erano neri (e non si trattava di colore della pelle!). Nel 1984 inizia nella sua città “il periodo azzurro” con l’arrivo di un tale di nome Diego A. Maradona che, con stile, classe, “modestia” e genialità, ridipinge d’azzurro Napoli. Di un azzurro cielo, ma con strisce di bianco neve che cadevano a bustine sulla vecchia Napoli, inebriando il D. A. Maradona e tutto il popolo Napoletano.(Strano fenomeno atmosferico poi definito c.p.b ciclone polvere bianca).
Così inizio a dipingere e ad ascoltare nel principale agorà cittadino – la villa comunale – dibattiti sulla origine del mondo che erano sostenuti da i t.d.g. (testimoni di geova) e i t.d.s. (testimoni dello stadio). I primi sostenevano che Gesù è la via, la verità e la vita; i secondi, partendo da considerazioni “empirico-cosmogoniche”, affermavano che tutti i pianeti sono sferici e quindi la sfera calcistica (‘o pallon’) è assieme all’ uomo che la calcia e magicamente la infila in porta (‘a rezza) è un elemento divino con un chiaro riferimento alle civiltà precolombiane Maya, Inca e Azteca.Io, nel dubbio, scelgo la terza via. Rapito da musiche mediterranee in anglo-napoletano cantate da un caio di nome Pino Daniele, abbraccio lo “yes I know my way” pensiero, che stimolerà il mio percorso creativo. Alla fine degli anni ’80 tra crolli di muri, picconate sarde, perestrojke, condanne a morte per versetti Satanici, operazioni belliche a difesa del Q8, entro in una fase intimistica, il “periodo-verde-tavolo-da-biliardo” in cui tutto gira secondo regole geometriche effetti ed assiomi matematici. Riesco così tramite deduzioni il-logiche a dimostrare il teorema del giro a 8 sponde che scolasticamente varrà un 8 come voto di fine anno in matematica. Sulla questa scia passo fugacemente ma intensamente per il “periodo-verde-tavolo-da-poker” che mi porterà al periodo rosso (vedi conto in banca).
Così con il movimento W Ponzio Pilato negli anni novanta inizia la grande pulizia italiana e napoletana. Il “rinascimento” napoletano dove alla corte di un sempronio di nome Antonio Bassolino mi godo il nuovo gioco di società: piazza Plebiscito, e dintorni chiuse e pulite, pedonalizzate apparecchiate e culturalmente rivalutate secondo il principio “del scopiamo e il pattume sotto il tappeto”. Poi il simpatico Afragolese dopo passa il gioco del centro a Donna Rosetta che fa ritornare di moda l’antico gioco dell’oca. Essendo uno zuzzurellone, conosco molti giochi dal Monopoli ai Lego, dal piccolo chimico a Risiko, mazz&pivz, rimpiattino, sottomuro, calcio, la settimana, tutti i videogame visti fino all’epoca, quiz televisivi mi rendo tristemente conto che a 20 anni i Signori del palazzo dei bottoni (non da attaccare ma da pigiare) da Silvio da Milano a Umberto da Giussano, a Giulio il centro della croce e scudo, a Massimo baffo e vela, Romano da Bologna, a Fausto il difensove del lavoratove medio della Fiat hanno una così alta conoscenza di tutti i giochi che conoscevo da farmi sorgere i primi problemi di identità di giovane artista. Così dai mondiali di calcio del ‘94 non riesco più a pronunciare il classico forza Italia per anni, quando cercavo di spiegare cosa era la ghisa non riuscivo a dire che era una lega, e non mi riusciva, cosa ancor più grave di dire cosa fosse un bacio, né tantomeno riuscivo a coordinare parole del tipo bottega e fondazione, perché la prima mi dava il senso dell’oscuro e la seconda mi impauriva perché se mi fosse scappato un “ri” come prefisso potevo essere catalogato come un estvemista radicale e anche in po’ chic. Anni duri per me che mi esprimevo sempre più secondo modalità gergali-sottoculturali-volgari poiché nel turbinio di nuovi linguaggi dal cyber, all’english che tutto maschera e remixa ascolto tutto e tutti. Definosco come stile di vita il sognatore.
L’unica incertezza è che non so se sono un sognatore, o semplicemente dormo.
Giuseppe Falconi