Home Rubriche Tracce dal meridione Giulietta e Romeo erano campani e si chiamavano Maria Teresa e Davide

Giulietta e Romeo erano campani e si chiamavano Maria Teresa e Davide

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Convento di Montecorvino Rovella (SA)


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Giulietta e Romeo, la tragica storia dei due “guaglioncelli” veronesi, ha fatto il giro del mondo grazie ad un autore inglese del 1500 le cui origini sono incerte.

Addirittura Roberto Giacobbo, popolare conduttore televisivo, ipotizzò che in realtà si trattasse di un messinese, tale Guglielmo (William) Scrollalancia (Shakespeare) che si trasferì a Londra, dopo aver attraversato la penisola italiana.

Effettivamente sembra strano che in un mondo chiuso quale era la civiltà post medievale, dove la gente a malapena usciva dal paese in cui abitava, come chi non aveva mai lasciato l’Inghilterra, conoscesse alla perfezione usi, costumi e leggi delle città italiane, Verona e Venezia in particolare.

Inoltre, l’esistenza di Giulietta e Romeo è stata messa in discussione da molti studiosi. Gli stessi tifosi partenopei, in uno striscione allo stadio, hanno avanzato dubbi anche circa la moralità della punzella veronese.

Noi, invece, andiamo oltre e affermiamo che, a prescindere dai nomi, storie simili ce ne sono state a bizzeffe, dall’età della pietra ad oggi e vogliamo ricordare uno scrittore salernitano del Quattrocento, inviso alla chiesa perché autore di novelle troppo audaci tanto che, dopo la morte, fu sepolto senza sacramenti, Tommaso Guardati, detto Masuccio Salernitano, vissuto un secolo prima del “Bardo”, autore del ‘Novellino’, una raccolta di 50 novelle e pubblicata postuma, un anno dopo la sua morte, nel 1476.

Masuccio Salernitano, Novelle

Uno di questi racconti ha come location Montecorvino Rovella, amena e storica cittadina della zona Picentina del salernitano, sede di un osservatorio astronomico e nel cui convento si rifugiò la giacobina Luisa Sanfelice dei Conti di Molina per sfuggire alla condanna a morte.

In questo lembo di terra, due famiglie rivali, gli Arminio e i Damolidei, si contendevano il territorio e avevano come usanza quella di ammazzare i prigionieri al cospetto della famiglia rivale, conditio sine qua non per aver indietro il corpo per poterlo degnamente seppellire, per poi avvolgere la salma in un sacchetto e restituirla dietro un lauto compenso pecuniario. Roba da far impallidire anche Dracula, insomma.

Proprio durante uno di questi spettacolini due giovani, Davide Arminio e Maria Teresa Damolidei incrociando gli sguardi… si innamorano ed ebbero incontri notturni dove sfogavano tutta la loro passione, con la complicità di una guardia corrotta che poi si pentì e tradì il ragazzo.

Davide fu fatto prigioniero dai Damolidei e fu quindi destinato ad essere il protagonista del prossimo “supplizio”.

Ma ecco il lampo di genio… Maria Teresa scappò di casa offrendosi come ostaggio agli Arminio per cui quando il banditore dei Damolidei invitarono gli Arminio ad assistere all’esecuzione del loro pargolo, questi mostrarono la ragazza.

A far da paciere, come il deus ex machina di plautiana memoria, e a porre la parola fine alla faida ci pensò un frate cappuccino, padre Beniamino D’Enza che non solo mise pace tra le due famiglie, ma celebrà il matrimonio tra i due giovani. Come dire: Dio li accoppia e io li sposo.

Ah, dimenticavo… vissero felice e contenti, mentre, tanto per cambiare, Masuccio Salernitano non viene studiato a scuola.

Autore Mimmo Bafurno

Mimmo Bafurno, esperto di comunicazione e scrittore, ha collaborato con le maggiori case editrici. Ha pubblicato il volume "Datemi la Parola, Sono un Terrone". Attualmente collabora con terronitv.