Breve viaggio nella corrispondenza di natyan
Questa lettera non mi piace!
sentenziò il postino di un celebre romanzo di Sciascia.
Io, ogni tanto, ne ricevo qualcuna che mi mette in difficoltà.
Non tanto perché non mi piacciano, quanto, invece, perché mi costringono ad un esercizio di calibratura delle risposte che non è affatto indifferente.
Vi sintetizzo l’ultima:
Sono stata ad un corso di Yoga e Meditazione. L’istruttore era un italiano vestito all’indiana che assumeva anche movenze da guru benedicente.
Ciò che mi ha impressionato è stato un suo invito ad essere noi stessi, poiché la spiritualità, così diceva, consistere nel gettare le maschere.
L’ho trovato così paradossale ed ipocrita che, dopo pochi minuti, ho piantato lì tutti e me ne sono andata.Cosa ne pensi? Ho sbagliato? Sono stata frettolosa e avrei dovuto attendere la fine dell’incontro? Perché quel tale predica cose che nemmeno lui mette in pratica?
Hai fatto quello che hai sentito di fare per difenderti dal doloroso frizionamento dei tuoi pensieri. Io non sono nessuno per dirti cosa sia giusto o sbagliato. Posso solo fare una “diagnosi” asettica.
Giusto o sbagliato che sia hai solo evitato di fermarti in un luogo dove non ti sentivi bene. Può darsi che rimanendo le cose sarebbero cambiate ma non abbiamo una sfera di cristallo per stabilirlo, perciò possiamo dire che hai scelto la “cura” più rapida, cioè la fuga.
Alla tua domanda:
Perché quel tale predica cose che nemmeno lui mette in pratica?
potrei risponderti che dovremmo essere nella sua testa.
Siccome siamo solo nella nostra possiamo tracciare qualche ipotesi, riconoscendo che si tratta, ovviamente, solo di supposizioni e nulla di certo.
Forse predicando in quel modo parlava inconsapevolmente – o consapevolmente, chi lo può dire? – a se stesso.
Forse non si rendeva conto del paradosso che stava vivendo.
Forse il fatto che predicasse è stata solo una tua percezione, perché la sua intenzione era unicamente quella di elargire un invito a gettare le maschere, ben sapendo quanto sia anche per lui stesso difficile e pesante doverle indossare per compiacere qualcuno, le esigenze commerciali o quant’altro.
Forse era davvero un’ipocrita che predicava bene e razzolava male, ma abbiamo pochissimi elementi per accertarlo con sicurezza.
Ritorno perciò al vecchio concetto che chiarifica la differenza tra Filosofo e Predicatore.
Il Filosofo espone una lezione e ti dice, per esempio, che fumare fa male.
Il predicatore ammonisce:
Non devi fumare!
Se le parole di quel “guru italiano” avevano l’intenzione di mostrare un pericolo, cosciente lui stesso di non esserne esente, allora non possiamo dire che stesse predicando bene e razzolando male.
Stava solo informando, non stava dicendo:
Io sono capace e voi no, quindi dovete imparare!
Se, invece, la sua intenzione era quella di ammonire e di condannare coloro che non seguono la sua dottrina, allora abbiamo a che fare con un predicatore e diviene giusto esigerne coerenza.
Andando oltre possiamo aggiungere che tutti noi, in qualche modo, indossiamo maschere. Il nostro comportamento varia a seconda dei ruoli.
Non ci comportiamo allo stesso modo sul posto di lavoro, in famiglia, con gli amici più stretti, i semplici conoscenti o quando siamo in compagnia di estranei.
Quell’abito indiano sul corpo di un italiano, e quelle movenze benedicenti, che siano simboliche o meno, possono rappresentare un’esasperazione di ciò che siamo, oppure semplicemente un bisogno di essere qualcosa di diverso.
Ironicamente potremmo dire che l’abito non fa il monaco, certo, ma allo stesso tempo potremmo anche aggiungere che nemmeno il sorriso forzato di circostanza sia la testimonianza di un carattere allegro.
Togliersi le maschere è utile solo quando ci sono di peso.
In molte occasioni della nostra vita diventano una necessità che ci evita incresciosi problemi, i quali potrebbero diventare più pesanti delle maschere che indossiamo.
Tratto dal Corso Naturopatia dell’Anima – Counseling Filosofico
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Autore natyan
natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.
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