Il 23 novembre ricorre il 39° anniversario del sisma che scosse non solo la terra ma anche gli animi
Riceviamo e pubblichiamo.
La sera del 23 novembre 1980, alle ore 19:35, un forte terremoto, magnitudo 6.9, colpì l’Irpinia e la Basilicata, causando gravissimi danni in un centinaio di località della Campania, della Puglia e della Basilicata.
Alcune decine di località, fra le quali Ricigliano, San Gregorio, Balvano, Laviano, furono pressoché distrutte. Un minuto e mezzo che rase al suolo interi paesi provocando circa 3000 morti, 9000 feriti, 300 mila senza tetto e 150 mila abitazioni distrutte, interi paesi isolati per giorni, l’Italia meridionale in ginocchio.
“Fate presto!” era il titolo de “Il Mattino” del 26 novembre, servivano soccorsi urgenti, e molte le testimonianze di militari, Croce Rossa che raccontano di quelle immagini ancora fisse nella mente di vecchie, donne e uomini, tra nuvole di polvere, sollevate dalle poche ruspe che scavavano, con fazzoletti sulla bocca, mancavano le mascherine, che cercavano i figli, la moglie, i genitori sotto le macerie sperando di trovarli ancora vivi.
Erano gli albori della protezione civile, un sistema di controllo e di intervento ancora acerbo e poco collaudato. La macchina dei soccorsi si era messa in moto con ritardo, un gigantesco ritardo, legato anche alle dimensioni dell’area interessata.
Un terremoto la cui magnitudo, ancora oggi molto dibattuta ma molto probabilmente vicina al 7.0, la sua profondità, all’incirca 32 km, e la sua durata, ben 90 secondi, furono le cause della vastità con cui si propagò il fenomeno che fu avvertito in quasi tutta l’Italia da nord a Sud, forte fino al Lazio, l’Abruzzo, la Puglia e la Calabria.
Tra i vari paesi colpiti, vi era Ricigliano, in provincia di Salerno, che quest’anno per il 39° anniversario ha organizzato 3 giorni dedicati alla Memoria delle vittime del sisma.
Si comincerà il 22 novembre, dove due volontari soccorritori all’epoca del sisma, di Ivrea e Bolzano, incontreranno la popolazione per raccontare la loro testimonianza insieme ai Sindaci di ieri e di oggi; un momento di riflessione e di emozione organizzato dall’Assessore alla gentilezza, Antonella Salvatore, e dal Presidente della Proloco, Cosimo Robertazzi, che concludono il 24 novembre con la piantumazione di 22 alberi di ulivo, come 22 furono le vittime del sisma.
Il 23 novembre, il Sindaco Pino Picciuoli, per la Cerimonia Solenne dedicata ai caduti del sisma, ha creato una sinergia tra Istituzioni e Associazioni che vede dalla mattina uno stand Aeronautica in piazza Nuova Europa ed un Concerto della Fanfara della 3a Reg. Aerea di Bari alle 17:30 nella Sala Polifunzionale del Municipio, la quale accompagnerà anche la Fiaccolata al termine della messa delle 18:30 celebrata da don Vincenzo Ruggiero, fino alla Stele.
L’Organizzazione di tale evento è stata magistralmente curata e supportata da Lions Club Salerno, Associazione Aeronautica Sarno, Proloco “Il Platano”, Comitato Ad Astra, ma soprattutto, coordinata dal Generale Gennaro Cuciniello che tiene particolarmente al cuore Ricigliano essendo il suo paese di origine.
Tutti hanno un ricordo doloroso da raccontare, chi trova le parole e chi lo fa attraverso un disegno.
Intenso quello di Onofrio Caponigri, fatto di getto, su di un foglio preso a caso e solo una penna a disposizione, che racconta la sua paura rappresentando un bambino aggrappato alla gonna della zia.
Onofrio ha quell’immagine in testa, il senso di
impotenza difronte alla furia della Natura, il bisogno di protezione ricercata nella figura materna e questo ci fa pensare a quanti allora bambini ed oggi uomini o donne sono cresciuti nascondendo in una parte del loro cuore una simile sensazione.
Ogni giorno affrontiamo un “terremoto” e non solo sismico, che cambia la nostra vita e le nostre priorità; la perdita di un caro, una malattia inaspettata, una disgrazia economica che ci fa cadere, dunque oggi come allora la solidarietà, il lavoro di squadra e l’amore verso il prossimo restano i mezzi necessari per liberarci dalle macerie e dalla polvere sollevate dall’indifferenza e dalle ostilità.
Il modo migliore per commemorare i morti è aiutare i vivi, soprattutto quelli che non sono usciti ancora dalle macerie “personali” magari senza giudicare, senza schernirli, senza girare il coltello nella piaga che a poco serve anzi li affosserebbe ancora di più.
Siamo davvero difronte alla Rinascita? Sono state tolte davvero tutte le pietre e macerie?
Sebbene siano passati 39 anni, questo Terremoto ci avrà insegnato a comprendere quanto la nostra vita sia n filo delicato ed invisibile da proteggere e non sprecare?
Non sarà mai troppo tardi per ricominciare ed il momento migliore è adesso.