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Giorgione: ma, prima ancor… fu la Tempesta

Giorgione, Tempesta

Giorgione (Castelfranco Veneto, 1478 circa - Venezia, 1510), Tempesta, 1502-1503, Tempera a uovo e olio di noce su tela, 83 x 73 cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia



Iamque erat in totas sparsurus fulmina terras… ed in effetti, l’atmosfera da… riCreazione del Mondo, che si percepisce dopo la distruzione di un altro precedente, deve necessariamente includere, al suo interno, le manifestazioni delle “Metamorfosi” della Natura che, in un precedente articolo abbiamo definita “naturante”.

Per tale ragione, l’incipit ovidiano appare indicato al comparire improvviso del “celeste cortocircuito”, cioè di quel lampo accecante… come effetto di una Presenza accentrante nell’opera di Giorgione intitolata e classificata dagli storiografi come… la Tempesta.

Le interpretazioni che si scatenano potrebbero essere molteplici e forse anche divergenti tra loro.

Un ultimo avvertimento?

Della Supremazia Divina, prima di sancire un Patto Eterno, da siglare con la visione dell’Arcobaleno che, in quest’opera, è ben lungi dall’apparire?

Oppure potrebbe essere la scarica energetica, che dà impulso alla Creazione, ma non di quel “si può fare” shelleyano, bensì di quel FIAT e… basta, del tonante, austero e categorico Ente Creativo Supremo!

Nelle opere di Giorgione non si sa mai se il tempo che ci si presenta alla disamina sia il “prima” oppure… il “dopo”!

Recentemente, gli studiosi hanno voluto vedere nei due personaggi adulti raffigurati nella Tempesta e che dominano la scena, i “padroni di casa” ospitanti o delle “guide” accattivanti nel voler introdurre chi guarda ad una visione delle Origini, Adamo ed Eva, cacciati dal Paradiso Terrestre… l’Eden… in quel paesaggio “esterno”, che è l’indiscusso protagonista del messaggio giorgionesco.

Una visione antica ma, al tempo stesso, rinnovata, anche a causa dei costumi o “vestimenta”, delle architetture presenti nello sfondo e della prospettiva che dà maggior senso alla profondità della composizione.

Per gli elementi vegetali, che propongono precorrendo i tempi addirittura con effetti “materici” dallo sfumato impasto cromatico, egli rinuncia ad una sua magistrale caratteristica che, fino ad allora, gli ha dato fama, cioè ad eccedere, con la tecnica della “definizione” minuziosa, come nei precedenti dipinti.

Trasferisce, però, questo suo paziente impegno alla meravigliosa tessitura del colore che dà una suggestione inedita, mai vista prima nella paesaggistica degli altri artisti a lui coevi.

Il mistero che aleggia in certe opere d’Arte è come una sorta di “lievito”… di “lievito madre”, qualcosa che fa crescere o, come si dice dalle mie parti, un “criscito”, un impasto, una mestica che respira e, di conseguenza, aumenta il volume, la dimensione della massa.

Quel “respiro” è paragonabile ad un’anima interna che espira, vuole emergere, spingendo il denso “emplasto” che lo avviluppa, a gonfiarsi, creando spazio al suo interno, generando bolle d’aria… un sistema cavernoso, fatto di avelli, porosità pronte ad ospitare il misterioso flogisto che anima ogni sostanza, prima espanso e poi… esalato…

Se trattassimo appunto di vile materia, diremmo di una “anima disintegrata” e poi disseminata in… piccoli “pneumi”, che si moltiplicano come in una dispersione di “spore”, quindi, inoltrandoci con i nostri interrogativi in codesta analisi da “micromondo”… tutto ancor di più si fa… mistero!

È così… quando ci troviamo di fronte a tali “ingressi” dimensionali e tentiamo di districarne gli Arcani… i sensi “intrecciati”… nascosti… aggrovigliati, come in un nodo gordiano da maestri del livello di Gioggio

Provando e riprovando ad entrare nei meandri delle “fantasmatiche” allusioni, ci ritroviamo a cospetto delle nostre illusioni, che cercano una soluzione realizzativa. Quelle immagini non sono semplici elementi decorativi, dall’aspetto apparente, piacevoli perché ben dipinte, ma, addentrandoci dietro il velo della pura estetica, scopriamo, invece, come esse debbano effettivamente leggersi… cioè come “geroglifici” atti a trasferire conoscenze e filosofie… Trine.

Man mano che si va avanti nella “lettura”, avendo però cura di assimilare prima quell’alfabeto, ci si accorge di non riuscire ad esaurire quel contesto nel suo “inventario” che, precipitosamente, in maniera preventiva, avevamo suddiviso in cicli, anche per poter stabilire una sorta di “tabella di marcia” funzionale alla nostra indagine.

Il discorso… tutto il discorso, invece si amplifica e chiede supporto ad altri quadri… sempre dello stesso autore. Messaggi traslati in tempi successivi, ma in tematiche concatenate, che sembrano essere state utilizzate come “nascondigli”… in attesa di risposte conclusive?

O… forse… sono da intendere come una selezione di nuovi “semi” da piantare più in là e da far sbocciare in nuovi cicli e tematiche?

Giorgione ci permette di entrare nella sua particolare dimensione e detta per noi le stesse regole di “attraversamento” costruite sulla sua esperienza. Prove dell’intelletto, che, lui per primo, ha affrontato, per conseguire il perfezionamento della sua maestria e del suo pensiero… e, per tal motivo, egli si fa “nocchiero” del nostro itinere!

Ebbene sì, Giorgione ama anche “giocare”, coinvolgendo anche noi, ma più che altro egli ama farci partecipi del suo “lambiccarsi”… termine più appropriato alla sua metodologia di pensiero… con i concetti immateriali che hanno corrispondenza con il logorio della materia carnale…

La sua particolare filosofia è come una sorta di “proiezione ortogonale” della “geometria vivente”… aurea certo, ma pur sempre applicata allo “spazio temporale” dell’Uomo.

Nelle sue opere c’è un messaggio legato strettamente all’aspetto Trinosofico delle “cose”… esso scandisce trinitariamente il suo pensiero, che è da lui lanciato come un sasso in uno stagno… ma, dentro gli anelli d’acqua, rimane una pietra miliare incisa di saperi… indirizzati verso il nostro Futuro!

La sua è un’immagine figlia di un tempo che egli intuisce breve per la propria vicenda mortale…

Una malinconica, profetica condizione accompagna la Trilogia, che continuiamo ad esaminare, per trarre insegnamenti utili anche al nostro modo di essere.

La Tempesta, i Tre Filosofi, le Tre Età dell’Uomo, sono opere che proiettano in avanti la loro “animica” Essenza.

La Tempesta

Forse è proprio in quella folgore che squarcia il cielo, preannunciando la procella imminente, che si crea l’apertura di Luce nella tela del nostro pensoso e trinosofico autore… forse è in quel bagliore accecante, “elettro-fotonico”, che egli riesce ad intravedere la risposta alla domanda che la figura femminile gli rivolge. Una risposta un po’ amara, ma del tutto intrisa di quella “consolazione” filosofica teorizzata da Severino Boezio e… volta all’umano passare del tempo.

La “metterà in pittura” qualche anno dopo, intorno al1508 o 1510… un’opera che esamineremo in un separato articolo, rispetto alle opere della Trilogia.

Giorgione, Tempesta, Dettaglio

La figura femminile, quella della madre che allatta il bambino, cioè il futuro uomo, è la sola che guarda a lui, interrogandolo con gli occhi, mentre il piccolo è intento a “suggere” il suo nutrimento. Infatti, la donna non guarda teneramente il piccolo, come più comunemente fanno le madri quando allattano, perché lo sente stretto e sicuro al proprio seno, ma guarda Giorgione, colui che la dipinge e con il quale “intesse” un colloquio fatto di sguardi.

Quindi la presenza di Giorgione è connessa alla sua stessa opera non solo come autore, bensì come compartecipe esterno al dialogo che muove il tutto… presenza che rimane ancorata e costante nel tempo a ricevere quello sguardo… lo stesso che viene ereditato inevitabilmente dalla posterità… i secoli passano ed ognuno di noi lo riceve in sua vece… mentre la figura d’uomo sulla sinistra è intenta nella visione della Materna Bellezza.

L’uomo appoggia il suo bastone in una posizione di riposo… un vincastro da patriarca? Da Pastore? Oppure è il bordone di un pellegrino di Conoscenza? Si appoggia come Ercole alla clava, come una Forza che va guidata alla Certezza. È una “protesi” delle sue braccia… uno strumento del Fare… un Axis Mundi, che gli consente di essere il prototipo dell’Uomo Nuovo.

La sua camicia è di un bianco sfolgorante, come la purezza di un essere ancora senza peccato, ed il suo corpetto è rosso, come il colore della Maestria che sublima dal Dolore e dalla Passione. I suoi piedi sono posti rigorosamente a squadra e le sue gambe, stabile la sinistra e pronta a muovere la destra, verso il Tempo avanti… cioè, verso di noi… verso il Futuro.

L’aspetto simbolico

Che cos’è il Simbolo?

Sono tante le definizioni che ne spiegano il senso… incrociandosi, magnetizzate, attirate verso un “centro”… quel suo essere symbolum… contrassegno dal gr. Symbolon derivato da symballo… metto insieme…

È dunque ciò che unisce, ma noi, fatto salvo l’etimo originario, preferiamo dare ad esso un significato in itinere, quindi in cammino, con il senso del nostro discorso sull’Arte, non solo di Giorgione, ma di tutti gli altri Artisti geniali, i quali, per trasmettere ai posteri, hanno fatto uso di quella Conoscenza, frutto del Libero Pensiero, che, in particolari momenti della Storia e della Cultura imperante, è stata costretta a “navigare” nel fiume sotterraneo della Scienza Esoterica e… non dell’accademico “esoterismo” di facciata o, ancor peggio, di quell’occultismo mistificatorio da imbonitori, tanto in voga, ieri, quanto oggi, bensì della Vera Esoteria… Scienza delle Cose nascoste dall’apparenza, ma applicata alla comprensione e compartecipazione dei progetti umani nella Realtà. Un senso etico, insegnamento, freno e guida negli stadi di ogni massima modificazione epocale.

Quindi, per noi, come per Giorgione, il Simbolo è l’Immagine che ri-diventa parola, logos, dopo averne ispirata la costruzione, trasmettendogli il Pensiero. In questo senso, anche la sua “traslitterazione” ai modi della Pittura, permette un Iter in “sincrono” con quella forma di disciplina chiamata Ermeneutica.

Detto ciò, possiamo affermare che l’insieme delle tele di Giorgione con contenuto filosofico, e sono la gran parte della sua produzione artistica, ha sia un aspetto e un contenuto simbolico che ermeneutico.

Simboli, dunque. La Tempesta ne è ricca.

C’è l’aspetto punitivo per l’umana disobbedienza… le due colonne spezzate, messe in bella posa, come due anime, due idealità impossibilitate a raggiungere il Cielo. Due esistenze condannate a vivere e tribolare in terra, rappresentate dalle figure in primo piano e dalla loro prole.

Giorgione, Tempesta. Particolare

Ma… appena più in alto, c’è un ponte, che offre la possibilità di passare verso una città turrita… una fortezza come futuro riparo. È forse una rappresentazione della Gerusalemme Celeste?

E poi… le Forze Elementali rispondono così… con la Terra, soffice e rigogliosa, che accoglie ciò che la donna ha partorito… con l’Acqua, che divide le due sponde, ma le rende fertili, irrorando, dissetando tutto ciò che vive, e la vegetazione ombrosa… con l’Aria squarciata dal Fuoco, energetico della folgore.

Alle spalle dell’uomo che ne indica la presenza nel seguire la linea ideale tracciata dal suo bastone, si erge una costruzione, che presenta come una decorazione marmorea uno Yod frapposto tra due tondi, due cerchi, come due pianeti o due astri, uno integro e rotondo, l’altro un po’ smangiato simile ad una mezzaluna.

Giorgione, Tempesta. Particolare

Due polarità?

Un Principio creativo?

E… se fossero presenti una Wau, che crediamo di intravedere in alto tra i rami dell’albero di destra?

Giorgione, Tempesta. Particolare albero

E… quelle due Madri… la Natura onnipresente e la Donna… ambedue generate e… generanti?

Proviamo a far la somma?

Yod… il Principio generativo… il Padre di tutte le Cose… poi, , la Prima Madre… la Natura… e ancora Wau, la congiunzione o l’energetico fiorire… e di nuovo , la Seconda Madre, quella dell’Umanità, la Donna… il Principio Femminile.

Avremmo quindi un totale chiaro, illuminante… Yod / Hè / Wau / Hè… cioè quello che, nel linguaggio “fonetico”, è… l’impronunciabile Nome Divino, YHWH!

Hè-Wau-Hè, cioè Eva… il Principio Femminile, fecondato dal Principio Maschile Yod!

Chiaramente, Giorgione ritaglia e definisce il suo ruolo, come colui che, sapendo leggere la Sostanza Secreta, inserisce tali concetti in un dipinto, affermando una Creazione del Mondo Terreno mediante la “compartecipazione” dei due Principii, senza escludere, anzi, confermando ancor di più, una Supervisione più Alta.

Forse, detto a distanza di qualche secolo, scopriamo nell’Autore, certamente credente, un pensiero “leggermente” eretico, rispetto a quei tempi nell’indagare il Dogma… quindi, assolutamente da celare nell’aspetto Simbolico ed Arcano… mimetizzando il tutto nella composizione!

Ma egli si fa scudo di quel segno “tonante” e terrifico: il Fulmine!

Un escamotage?

La presenza della Divina Creazione sarebbe dunque garantita, perché pervaderebbe, e lo fa, con la sua invisibile Onnipresenza, provata da innumerevoli altri segni in tutta la composizione pittorica.

E… se tutto questo fosse casuale?

E… se non fosse presente in Giorgione una Conoscenza superiore agli altri artisti dell’epoca, pittori comunque finissimi, allora dovremmo riconoscere in lui un istinto naturale, medianico, animistico… ed una creatività così sublime da doverlo comunque collocare di diritto tra i Grandi Geni dell’Umanità… tra i Grandi Ispirati Profeti della Pittura, come quelli descritti da Edouard Shuré nel suo testo ‘I Profeti del Rinascimento’.

Egli, dunque ,sarebbe stato dotato dalla Natura, della Veggenza… un Dono atto a penetrarla nei suoi meccanismi più nascosti ed impenetrabili ai più!

La Tempesta non è soltanto l’opera d’Arte più nota di Giorgione, ma è anche riconosciuta come la portatrice di un’atmosfera “magica”, la raffigurazione di una Dimensione misteriosa, di cui lo stesso possiede le chiavi, tanto che, già gli stessi “esegeti” della sua epoca non comprendendone l’operazione A-Temporale, alla fine si accontentano della definizione più vaga… che esprime il senso non dell’Autore, bensì della loro “vuotezza”, perché non riescono ad individuare l’argomento trattato.

La maggior parte di essi non riconosce, quindi, né il luogo raffigurato, né quale sia il racconto al quale si riferisca e… tantomeno la morale alla quale l’opera tende.

Essi arrivano a credere, alla fine, che Giorgione stesso non sappia di essere un pittore che dipinge senza avere in mente un soggetto preciso.

Con la nostra più moderna visione potremmo “azzardare” che ci si riferisca ad una pittura dibattente nell’astrazione concettuale e che Giorgione abbia operato servendosi di riferimenti naturalistici come “oggetti” compositivi. Ma, a questo punto, dobbiamo riconoscere, che questa sia una vera contraddizione in termini.

Altri ancora, ma, sono una ristretta cerchia di intellettuali e ricercatori di sapienziali misteri, avvezzi a particolari letture esoteriche, hanno tentato interpretazioni, le più varie e divergenti tra loro, ma che hanno avuto comunque il pregio di non far spegnere mai l’interesse, non solo per la Tempesta, ma anche per tutte le opere di Giorgione.

Anche la spiegazione più “semplice”, cioè quella che vede nella Tempesta, la “cacciata” dal Paradiso Terrestre dei Progenitori dell’Umanità, non fa distogliere lo sguardo e la mente dal fascino straordinario che emanano, sia la Natura esemplificata nel dipinto, che l’altra “natura”, cioè quella della Pittura stessa, con il ritorno alla contemplazione del paesaggio, che, in questo caso, ha un’intensità maggiore delle altre opere dipinte nella sua giovinezza.

Quale Natura?

Già, quale Natura ci presenta Giorgione?

È semplicemente una visione di fondo, scenario del quale il racconto pittorico… la narrazione che le figure mettono in atto, non può assolutamente fare a meno, oppure… “qualcosa” di più?

Quella Natura, si presenta a noi subitanea, così palesemente animica e rappresentata con una maestria che appare formata con canoni “diversi” dal bagaglio tecnico di quel tempo e di quel luogo… l’entroterra veneto del 1500… un modo di “artefare” omnicomprensivo, che, oltre all’offerta di un pensiero più elevato, restituisce vitalità alle materie mesticate, quindi, agli stessi pigmenti estratti da una Dimensione costituita sì dalla materia sapientemente indagata, ma sempre così profonda nei suoi Misteri, originata per essere perfetta e… Trina, perché, egli la trova tanto disponibile ad essere manipolata come medium… cioè in quella maniera comunicante tra la creatività e la ricettività del mondo.

Già… la creatività… e, in questo caso, è proprio quella di un Artefice… di un Artista geniale, pronto a servirsi dell’apporto “naturante” dei tre Regni… il Minerale, con le sue polveri cromatiche, tritate in maniera finissima, il Vegetale, con gli oli e le essenze, tra le quali proprio la preziosa “trementina di Venezia” è utile a rendere un più luminoso risultato materico, ed, infine, l’Animale… le setole dei suoi pennelli, di cinghiale, di martora, o, addirittura, di capelli umani e… il fiele di bue utile ai ritocchi a secco… i collanti e le gelatine di pesce o di coniglio per “agglutinare” mestiche e cretti.

E poi, non dobbiamo dimenticare di mettere, nel dovuto conto, la sua stessa forza – lavoro, quella magistralità applicata ad esprimere tutto ciò che fa rivivere nell’Idea trasmutata in immagine… Dono del Sublime del quale l’Artista stesso si fa portatore.

Tutto ciò fa di Giorgione un vero alchimista e un esempio ancor più raro di mistagogo, un paladino in conflitto tra Assenza e Presenza, volto al Bene assoluto dell’Arte e di coloro che ne ricevono il messaggio e lo riceveranno nel futuro… trascendendo i limiti del Tempo… cioè restituendo ad esso i suoi confini illimitati…

Al pari del leggendario Apelle, diventa anch’egli un archetipo con il quale la sua esistenza misteriosa sembra confrontarsi e, visto che ne leggiamo gli aspetti, la scopriamo sempre di più nel suo lato misteriosofico.

Come abbiamo accennato precedentemente, le due figure d’artista ci appaiono come le “coppe” congiunte in senso inverso, che formano la stessa “clessidra”, lasciando libero tra loro il foro comunicante nel quale far scorrere la finissima polvere del Tempo, perché, pur nella diversità degli avvenimenti storici, nel loro misterioso esistere, possiamo intravedere molti punti in comune.

Coloro che negano l’aspetto e l’effetto visionario dell’Arte e la capacità di suscitare visioni fortemente partecipative in chi si “cala” a comprendere il perché di tanta emozione, riterranno che abbiamo forse idealizzato troppo un aspetto della pittura che dovrebbe rimanere nell’ambito tecnico o storiografico, invece, del dare quella sorta di “vezzeggiamento” poetico e insieme filosofale?

Bisogna riconoscere che è molto difficile, ed anche un po’ deviante e riduttivo, vedere in Giorgione, caposaldo tra i più alti della Pittura non solo veneta, un “mero” maestro di bottega, seppur prestigioso!

Egli si staglia nel panorama del 1500 come un “gigante”, che ne precede un altro a ridosso, Tiziano, e non si può escludere, anzi, vi sono fondate ragioni, che quest’ultimo, pur avendo formato già un suo “bagaglio” di esperienze ad altissimo livello, lo sia stato anche grazie a chi lo ha preceduto ma, solo di poco, essendo stati, in realtà, coevi.

L’arricchimento sul piano generale dell’Arte richiede una visione d’insieme… “grandangolare”, se non “totale”, che non può quindi escludere anche tutto quel contesto di “cose” che, banalmente ed erroneamente, vengono definite “influenze”.

È la Ragione, infatti, che, impone di non chiudersi in un assolutismo senza Percezione ed anche senza Assimilazione, per il semplice fatto che ciò sarebbe un “limite” riduttivo per gli artisti e per l’uomo in generale, un segno di insensibilità… di pigrizia ed avarizia mentale… un’incapacità di indagare la Realtà ed i suoi fenomeni e… non sembra essere questo il caso!

Giorgione lancia dei punti di domanda… come fossero dardi, usando come “bersaglio” la composizione della propria opera… dissemina interrogativi, come fossero “semi”, interrogando il suo stesso futuro, invitando anche noi a farlo, nel nostro, e… poi va a raccogliere risposte all’altro capo della parabola discendente… le rielabora marcando il tempo trascorso e… sembra avvertire che il suo spazio esistenziale sia destinato ad “esser corto”… si preoccupa di andare alla soluzione… procede nel compimento dell’analisi introdotta anni prima, usando, come “canovaccio”, la sua stessa esperienza e… il proprio pensiero!

Con quale risultante?

Vedremo più in là… nelle altre Opere… altri “semi” inerenti alla condizione umana nel trascorrere del tempo biologico della corporeità che, al contempo, è da lui considerato come un alambicco in cui si miscelano e si confrontano l’Animico e lo Spirituale.

Tematiche che aprono altri “scenari” dipinti in anni successivi, con un preciso intento con-sequenziale, che ci invitano a proseguire in un percorso di lettura e ad approfondire, con altre analisi, la presenza di una costruzione “trinosofica” nel concepimento dei suoi lavori.

Nelle tele che stiamo imparando a conoscere andando oltre l’emozione che fanno scaturire nel nostro animo… Espressione dell’Idea… Forma… Movimento… tutto nell’Opera di Giorgione è interconnesso… niente è separato da quella Principiale Immensità che si palesa nella sua percezione come Anima Mundi… Anima Immensa e non… un riduttivo “orto concluso”, bensì… un punto di partenza verso l’Infinito.

Senso o… Quintessenza! Esso pervade i nostri sensi regalandoci il ricordo di un’appartenenza al Piano Divino dell’Origine, quindi all’atto della Creazione, alla Natura e all’Uomo.

L’Opera generale di Giorgione, ed in particolare quelle prese in esame come Trilogia Sapienziale, sembrano evolvere una tendenza mistica già presente nelle “fratrie” venete e che via via si apriranno al contatto internazionale… quindi, per questo motivo, non è da escludere che la sua pittura sia stata considerata oltre i meriti tecnici, motivo di riflessione Filosofica per la formazione del pensiero mistico esoterico nel quale, successivamente alla sua scomparsa dal Mondo, si sono “abbeverati” personaggi in transito come Guillaume Postel, Andreas Maes (Masius) ed altri, quali… Antonius Pantheus per la sua teorizzazione della Voarchadumia Contra Alchi’Miam.

Nella solitudine creativa Giorgione ci appare meditabondo e incompreso dal pensiero “corrente”… il suo sguardo va più in alto dell’orizzonte reale… perché il limite, nei suoi dipinti, è oltre il semplice se pur magistrale gesto pittorico, il suo pennello “squarcia” la tela… come il lampo della Tempesta… aprendo la porta a dimensioni sublimi.

L’Universo Ideale in cui si inserisce la Tempesta per Giorgione, pittore, mistagogo… maestro di Arcani e accattivanti Malie, è racchiuso nella Tela Cosmica… riduzione eidetica… una sorta di “fenomenologia” ante litteram di un Paradesha… un “cortile edenico”, che si lascia immaginare nell’Immenso, al di là dell’invisibile orizzonte in cui filosoficamente può “giocare” con il Corpo, l’Anima e lo Spirito a rincorrere l’Ein Sof… il Senza Fine… tutto ciò che va dal Nulla all’Uno, fino alla Sintesi Creativa Perenne… tre Infiniti che appaiono come altrettanti danteschi “gironi” nei quali transitare da vivi e interrogandosi, nei quali incontrare la Sophia amata dai sapienti o… perché no, stando sulla linea di quel confine, lo si immagina varcare l’ingresso in un Pensiero “leggermente” eretico, visti i tempi rischiosi in cui ha operato, un affacciarsi proprio nella Pistis Sophia dei mistici gnostici, perché, nella sua pensosità, ci appare pervaso dal medesimo Fuoco Sacro

Breve è la sua vita… la sua esistenza, mentre la Conoscenza ha i suoi “tempi lunghi” e… quel Tutto “sparpagliato” o… dantescamente “squaternato” da assemblare in senso olistico, prima da comprendere analiticamente e poi da trasmettere è un’Opera Immane ed Immanente, nei confronti stessi del proprio “speculare”… il Trascendente e,come se non bastasse, rimane per lui anche nella “disamina” della posterità, innegabilmente… Trino!

Autore Vincenzo Cacace

Vincenzo Cacace, diplomato all'Istituto d'Arte di Torre del Greco (NA) e all'Accademia di Belle Arti di Napoli, è stato allievo di Bresciani, Brancaccio, Barisani, ricevendo giudizi positivi ed apprezzamenti anche dal Maestro Aligi Sassu. Partecipa alla vita artistica italiana dal 1964, esponendo in innumerevoli mostre e collettive in Italia e all'estero, insieme a Giorgio de Chirico, Renato Guttuso, Ugo Attardi, e vincendo numerosi premi nazionali ed internazionali. Da segnalare esposizioni di libellule LTD San Matteo - California (USA), cinquanta artisti Surrealisti e Visionari, Anges Exquis - Etre Ange Etrange - Surrealism magic realist in Francia, Germania e Italia.

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