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Giordano Bruno: gli scritti magici

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Giordano Bruno


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Se non ti fai simile a Dio, non potrai capire Dio; perché il simile non è intellegibile se non al simile. Innalzati a una grandezza al di là di ogni misura, con un balzo liberati dal tuo corpo; sollevati al di sopra di ogni tempo, fatti Eternità: allora capirai Dio.

Convinciti che niente ti è impossibile, pensati immortale e in grado di comprendere tutto, tutte le arti, tutte le scienze, la natura di ogni essere vivente. Sali più in alto della più alta altezza; discendi più in basso della più abissale profondità.

Richiama in te tutte le sensazioni di ciò che è creato, del fuoco e dell’acqua, dell’umido e del secco, immaginando di essere dovunque, sulla terra, nel mare, in cielo; di non essere ancora nato, poi di trovarti nel grembo materno, di essere quindi adolescente, vecchio, morto, al di là della morte. Se riesci ad abbracciare nel tuo pensiero tutte le cose insieme, tempi, spazi, sostanze, qualità, quantità, potrai comprendere Dio.
Giordano Bruno – De umbris idearum

La filosofia di Giordano Bruno ha molteplici sfaccettature. Molti critici spostano l’attenzione sulla riflessione cosmologica, i contatti con l’atomismo, la teoria pitagorica dei numeri, oppure il riordino dell’universo naturale.

In effetti il nolano prende fortemente posizione su queste tematiche e il suo contributo al metodo scientifico è indubbio, tanto da spingere alcuni studiosi a vederlo come precursore della fisica quantistica così come del paradigma matematico – meccanicistico, e impegnato a chiarire le dinamiche di causa – effetto.

Del resto, sarebbe impossibile non considerarlo quale filosofo della nuova scienza, basata su fondamenti empirici e sulla dimostrabilità matematica.

Ma accanto a questo aspetto troviamo quella che è la matrice magica e, soprattutto, ermetica, tanto da spingere alcuni autori ad inserirlo, di diritto, in questa corrente di pensiero.

Le tre correnti dell’ermetismo, della mnemonica e del lullismo si fondono reciprocamente nella complessa personalità di Bruno, nella sua mente, nella sua missione.
Giordano Bruno e la tradizione ermetica – Frances A. Yates

Sono appunto queste tre correnti che costituiscono la spina dorsale del pensiero magico bruniano, come proverò ad illustrare nel corso di questo articolo.

Quello che ci appare strano, però, è che queste due anime, epistemologica ed ermetica, vengano quasi sempre considerate inconciliabili, se non antitetiche, nonostante tentativi poco convinti di farle convivere ed integrare in un unico sistema coerente, tesi che, invece, ci sforzeremo di argomentare.

In effetti, Bruno si propone lo scopo di ordinare e risistemare le diverse correnti filosofiche cinquecentesche, la teoria della conoscenza, la metafisica, la cosmologia, l’etica, la mnemotecnica, la metodologia dell’elaborazione sistematica della conoscenza, la matematica e la magia.

Una precisazione preliminare è d’obbligo: nel Quattrocento e Cinquecento la magia era vista, almeno in campo filosofico, come uno degli strumenti utili a conoscere e controllare le forze della natura, soprattutto per quei fenomeni che non erano facilmente spiegabili a partire dalla visione aristotelica. Proprio questo spirito muove Bruno.

A philosophis ut sumitur inter philosophos, tunc magus significat hominem sapientem cum virtute agendi.

Com’è inteso dai filosofi fra i filosofi, dunque ‘mago’ significa uomo sapiente dall’agire virtuoso.
Giordano Bruno – De magia

Il nolano si spinge, soprattutto nelle ultime opere, a dare indicazioni in termini di operatività, di applicazioni pratiche della magia.

Ma andiamo per ordine, cercando, innanzitutto, di chiarire le fondamenta ermetiche del sistema bruniano, partendo da uno dei testi che maggiormente ne hanno influenzato il pensiero, ovvero, il ‘Corpus Hermeticum’, attribuito ad Ermete Trismegisto.

Sebbene nella tradizione medioevale il ‘Corpus’ sia stato considerato come risalente all’antico Egitto, la sua reale datazione dovrebbe essere collocata tra il I e il III secolo d.C.. Il dibattito su quale siano gli elementi autenticamente egizi resta aperto, anche se sembra abbastanza chiara la matrice greca della maggior parte degli autori.

Mentre il primo trattato, ovvero il ‘Pimander’ o ‘Pimandro’, narra della creazione del mondo, gli altri trattati parlano della possibilità dell’uomo di ascendere al divino, staccandosi dalla materialità e acquisendo facoltà magiche, divine.

Mentre nel ‘Pimandro’ la narrazione ha dei parziali punti di contatto con la Genesi, gli altri testi si allontanano più sensibilmente dalla visione biblica. La stessa possibilità dell’uomo di ascendere al divino è emblematica di questa differenziazione.

Del resto, la concezione filosofica alla base del ‘Corpus’ vede la centralità del ‘Nous’, dell’intuito umano, come possibilità di conoscenza del divino, di una conoscenza, dunque, che possiamo definire di natura Gnostica.

Altro testo che si inserisce in questo filone è l”Asclepius’, anch’esso attribuito a Ermete e risalente allo stesso periodo. La connotazione magica è ancora più marcata, l’‘Asclepio’, infatti, tratta della tradizione sacerdotale egizia e dei riti magici che ne derivavano.
Quei testi bruniani che illustrano in modo forte un’operatività magica, ovvero il ‘De rerum principiis’ e il ‘De vinculis in genere’, hanno diversi punti di contatto proprio con l’‘Asclepio’.

In Italia, più precisamente a Firenze, il ‘Corpus’ arriva intorno al 1460, grazie a Cosimo de’ Medici che, affascinato da quello che sapeva esserne il contenuto, chiese a Ficino di interrompere la traduzione dei testi platonici per dedicarsi completamente all’opera appena recatagli da un monaco.

La magia cui fa riferimento Bruno, dunque, non è quella della superstizione, quella del volgo, ma ha forti radici nella tradizione ermetica.

Ma cosa intendeva per magia il nolano?

Un primo riferimento lo troviamo nel ‘Sigillus Sigillorum’, in cui la magia viene inserita nel novero dei rectores actuum, cioè un mezzo che ci permette di giungere alla conoscenza, assieme ad ars, mathesis e amor, arte, matematica e amore.

La magia ha una forte connessione anche con la matematica; entrambe le discipline si pongono a metà tra fisica e metafisica e permettono di cogliere quelle che sono le leggi universali che regolano il cosmo, la natura, il tutto.

Proprio la conoscenza delle leggi della natura permette di controllare e modificare la realtà che ci circonda.

Nel ‘De la causa, principio et uno’, addirittura troviamo un parallelo tra il mago e il medico; non importa chi sia a guarire il paziente, l’importante è il risultato.

Già da queste premesse vediamo come la magia sia per Bruno non qualcosa di legato alle credenze popolari, praticata dagli strati poco colti della popolazione, ma una naturale conseguenza della conoscenza, quella che permette di rendere operative le conquiste della filosofia. Facile, dunque, trovare in questa visione, dei forti punti di contatto con autori come Paracelso o Ficino, il primo citato anche nel ‘De la causa’, come artefice di un tentativo di conciliare magia e medicina, appunto.

Come tanti altri predecessori che operano una classificazione, anche Bruno nel ‘De magia’ distingue tra una magia divina, physica e mathematica. Ad ognuno di queste branche corrisponde un mondo, archetypus, physicus et rationalis, tra loro differenti. Il primo determina il secondo, il secondo determina il terzo, che però, proprio per la mediazione del secondo riflette il primo.

Del resto, non erano rare le tripartizioni, come per esempio in Agrippa che distingueva, a sua volta, tre tipi di magia, naturalis, coelestis e ceremonalis cui fa corrispondere altrettanti mondi, ovvero elementalis, coelestis e intellectualis.

Tornando al discorso ermetico, troviamo il concetto dei tre mondi sviluppato nel ‘Corpus Hermeticum’ dove è specificato nella distinzione tra Dio, mondo e uomo.

L’uomo è creato ad immagine del mondo, ma è nel mondo, nella natura che Dio si manifesta e si riflette. Quindi ne derivano due corollari, l’uomo è specchio di Dio proprio attraverso la mediazione del mondo ed è possibile conoscere Dio attraverso la conoscenza della natura, di cui fa parte lo stesso uomo. Come prima riflessione ci sembra impossibile non trovare contatti con il sistema bruniano, contatti che, ovviamente, non si fermano a queste premesse.

Altri spunti ci vengono, per esempio, dal ‘De umbris idearum’, nel quale troviamo un primo accenno ad una ulteriore tripartizione, quella della realtà; partendo da un parallelo, ma anche dalla distinzione tra metafisica, fisica e logica, ovvero fra ante naturalia, naturalia e rationalia.

Se nel ‘De umbris’, come dicevamo, questi argomenti sono solo abbozzati, il nolano li sviluppa in maniera più organica e dettagliata nella teoria dei tre mondi nel ‘Sigillus sigillorum’, in cui troviamo il riferimento all’uomo come macrocosmo, tema centrale nel ‘Corpus Hermeticum’, o in Pico e Agrippa. L’anima umana, in questa concezione, racchiude in sé una similitudo magni mundi, una somiglianza con il macrocosmo.

Ancora l’influenza del ‘Corpus Hermeticum’, dove troviamo ricorrente la concezione che l’anima può arrivare, attraverso l’osservazione della natura alla conoscenza della realtà e delle cause della stessa; questo come premessa indispensabile ad ogni possibile arte magica od operatività magica.

Il mondo riflette, dunque, un modello ideale, di cui la realtà così come la percepiamo è incarnazione e base di partenza per la conoscenza del modello stesso, ma anche per l’operatività, per l’azione.

Attorno alla teoria dei tre mondi Bruno costruisce il suo sistema filosofico, ed è da questa che parte per arrivare alle sue conclusioni metafisiche, epistemologiche ed operative, anche se si tratta solo di un’impalcatura attorno alla quale edificare un complesso sistema, arricchita da altri concetti, altre categorie. Nel discorso che ci interessa, ovvero quello che ruota attorno al pensiero magico, i passi successivi sono lo spiritus universi, l’anima mundi e la scala naturae.

Posta l’esistenza di un mundus supremus e di un mundus ideatus, di un vertice e di una base del creato, è lo spiritus universi o anima mundi a fare da mediazione, da collegamento tra questi due opposti.

Proprio lo spiritus ha una funzione fondamentale nella visione bruniana; è momento di passaggio tra i vari livelli dell’essere, di contatto tra anima e corpo.

Ma cosa intende Bruno per spiritus?

Egli parte dal presupposto che i sensi sono portati all’unità, dunque ad un unico senso, dall’anima, a livello individuale, ma anche allo stesso principio a livello universale.

La prima e principal forma naturale, principio formale, e natura efficiente, è l’anima de l’universo: la quale è principio di vita vegetazione e senso in tutte le cose, che vivono, vegetano, e sentono.
Giordano Bruno – De la causa 

Si tratta di una originale concezione del tutto, come per l’uomo esiste un’anima individuale così esiste un’anima del mondo, che organizza la materia, che traduce il principio generale nel particolare, che si esprime nell’intelletto universale, ovvero la causa efficiente di tutte le cose naturali.

Ma non vi è rottura tra intelletto e materia, anzi il primo agisce all’interno della seconda, da dentro la forma, la plasma.

Ritorniamo al concetto già espresso dei tre mondi. Dio, natura o anima mundi, anima umana.

Questa parentesi risulta necessaria per tornare al nostro discorso, proprio l’anima del mondo rende possibile la magia, la fonda, ne fissa i limiti. Ad un certo punto Bruno traccia, sempre nel ‘De magia’, anche una distinzione tra anima mundi e spiritus, cosa che in altre opere non appariva così netta. Lo spirito, così, fa da mediatore tra anima e corpo, strumento stesso dell’anima mundi.

Anche per quanto riguarda il concetto di spirito, troviamo un forte contatto con l’opera di Ficino. Il nolano lo definisce come corpus subtile, corpo sottile, ma anche come vehiculum omnium virtutum, veicolo di ogni virtù, indispensabile per ogni operazione magica o fisica.

In effetti, se la natura, in sé materia omogenea, è organizzata e specificata da un principio unico, se l’uomo riesce a conoscere questo stesso principio può anche controllare e modificare il mondo che lo circonda.

Arriviamo, dunque, al concetto di scala naturae; l’uomo è posto in una scala di facoltà conoscitive e magiche, che parte dagli animali per arrivare a Dio. L’anima umana si ferma alla possibilità di accedere alle facoltà centrali. Le facoltà conoscitive superiori sono possibili ad altre entità poste più in alto nelle gerarchie; Bruno fa riferimento, ad esempio, a corpi celesti, a demoni ma anche alla stessa anima mundi.

Tuttavia, teorizza una continuità tra Dio, natura e uomo.

Prima dumque voglio che notiate essere una e medesima scala, per la quale la natura descende alla produzzion de le cose, e l’intelletto ascende alla cognizion di quelle; e che l’uno e l’altra da l’unità procede all’unità, passando per la moltitudine dei mezzi.
Giordano Bruno – De la causa

Sebbene ogni grado della scala sia distinto, non si può parlare di una totale separazione. Anche l’elemento posto al gradino più basso partecipa alla costituzione di quelli che si trovano all’apice, ne è integrato. I livelli superiori fondano quelli più bassi e ne contengono i contrari.

La conoscenza, l’accesso alla magia è da inquadrare proprio nel contesto della scala naturae, in un’ottica di ascensus, ascesa, e descensus, discesa.

Come avevamo detto l’uomo non può controllare le entità che si collocano in un piano più alto, deve limitarsi alle facoltà centrali, ma può discendere verso quelle più basse, può influenzare i piani corporei e sensibili, controllarli, modificarli.

Una delle facoltà centrali nel sistema filosofico bruniano è la fantasia, che ha la possibilità di controllare le azioni, comprese quelle magiche, oltre a filtrare la realtà percepita dai sensi.

Un discorso a parte riguarderebbe la concezione dei sensi nel sistema bruniano, ma esula dagli obiettivi di questo articolo, se non per quanto è necessario a comprendere la posizione rispetto alla magia.

I sensi non si possono ingannare, ma possono essere indotti ad allucinazioni dall’esterno, dall’influsso di demoni ma anche di altri esseri umani.

La fantasia ha una funzione di mediazione anche negli atti magici, ma non è autonoma, non può, da sola, determinare l’azione magica; ha bisogno di una facoltà superiore che la indirizzi nell’azione stessa, che la determini, che la purifichi e che la tenga al riparo dall’influsso negativo di entità esterne.

Questa facoltà viene definita nel ‘Theses de magia’ come cogitativa o cogitatio. La fantasia è influenzabile, quindi non fornisce i presupposti per una conoscenza autentica.

La cogitativa è l’origine di ogni conoscenza, incanala la fantasia, la supporta nella sua parte operativa, ma è anche il collegamento tra la parte superiore e quella inferiore dell’anima, è inizio e fine di ogni azione magica.

L’operatività si applica, però, solo al corpo, alla materialità, ai gradini bassi della scala.
Le facoltà più alte non hanno bisogno di agire sul piano fisico. Proprio per questo Bruno colloca la magia come confine tra le facoltà inferiori e quelle superiori. Anche se la magia cogitativa dovesse accedere a conoscenze superiori, non sarebbe comunque in grado di utilizzarle, ma questo non deve far pensare ad un ruolo eccessivamente debole della stessa, che comunque determina le condizioni per accedere a conoscenze sempre più alte.

Come vediamo, la magia ha una funzione filosofica, gnostica, scientifica e Bruno la lega fortemente alla matematica; come la magia è viatico per le conoscenze superiori, così la matematica fa da collante tra il mondo fisico, oggetto della percezione, e il mondo delle intelligibilia, ovvero le idee.

Si arriva, dunque, al concetto di magia matematica, che corrisponde alla razionalità umana, e fa da collegamento tra la magia naturale e la magia divina.

Per il frate anche la matematica, come ogni conoscenza, può arrivare a conclusioni errate, ovvero può valutare in modo sbagliato gli elementi che derivano dalla percezione.

Magia e matematica sono l’ultimo passo prima di arrivare alla conoscenza più autentica.

Ricapitolando, dall’osservazione e dallo studio della natura si arriva alla conoscenza dei nessi causa – effetto, che poi possono essere messi in atto attraverso l’azione magica.

E la natura è un tutto, la visione del cosmo di Bruno tende decisamente all’unità; tutto è in tutto.

Se nel ‘De Magia’ e nel ‘Theses de magia’ ci sono le linee generali della visione magica, nel ‘De vinculis in genere’ Bruno entra nel dettaglio.

Già nel ‘Sigilus sigillorum’ il domenicano attribuisce all’amor un ruolo particolare, di collante tra anima e corpo, ed è proprio l’amore che è vinculum anche della volontà, che riesce a canalizzare; diventa dunque nel ‘De vinculis’ una categoria essenziale, centrale, ed è inserito in una teoria generale degli affetti umani.

L’amor non implica nessun livello di conoscenza, è irrazionale, emozionale, quindi deve essere tenuto sotto controllo, maggiormente che altre pratiche magiche basate, invece, sulla conoscenza.

Discorso a parte merita la teoria della memoria, anzi arte della memoria, come la definisce anche nel ‘De umbris idearum’.

Questa attitudine non si appoggia a nessuna delle potenze dell’anima stessa, come ad un ramo, né è ciò che emerge da una qualche facoltà peculiare: ma è ciò che abita il tronco stesso del tutto, vale a dire la stessa essenza di tutta l’anima.
Giordano Bruno – De umbris idearum

Ancora il concetto del tutto, centrale, essenziale. In Bruno nulla è compreso appieno se non come parte di un tutto cosmico.
L’utilizzo di tecniche mnemoniche ha origini antiche e in diversi autori si è appoggiato all’ordine cosmico, vuoi i segni zodiacali per Metrodoro di Scepsi o l’ordine cosmico nei neoplatonici. Lo stesso Ficino fa riferimento ai colori planetari, riprodotti sul soffitto di una stanza, che potevano servire ad organizzare tutti i fenomeni della vita quotidiana.

La connessione con la magia è illustrata dalla Frances A. Yates in ‘Giordano Bruno e la tradizione ermetica’:

Servendosi di immagini magiche o talismaniche come di immagini mnemoniche, il mago sperava di acquisire conoscenza e poteri universali conseguendo, tramite l’organizzazione magica dell’immaginazione, una personalità dotata di magici poteri, in sintonia, per così dire, con quelli del cosmo.

Nel ‘De umbris idearum’ è illustrato da una ruota suddivisa in 30 settori, ognuno di questi identificato da una lettera. Al centro di questa ruota Bruno pone il sole.

Durante il resto del libro troviamo un’attenzione considerevole alle immagini che costituiscono il sistema magico della memoria, divise in 30 gruppi di 5, per un totale di 150 immagini, così suddivise:

  • le immagini dei trentasei decani;
  • quarantanove immagini planetarie, sette per ogni pianeta;
  • ventotto immagini per le posizioni lunari e una del draco lunae;
  • trentasei immagini relative alle dodici parti nelle quali si suddivide un oroscopo.

I riferimenti sono tantissimi ad Agrippa e Ficino.

L’altro testo centrale nella teoria della memoria, il ‘Cantus Circaeus’, invece, ha diversi riferimenti alla magia, ad ulteriore testimonianza di come tali aspetti siano strettamente collegati.

Lo stesso inizio ci introduce a questa connessione, descrivendo un incantesimo solare di Circe, in cui sono ricordati tutti i nomi, gli attributi, gli animali, i metalli legati al sole.

Anche i riti successivi, dedicati alla Luna, Saturno, Giove, Marte, Venere e Mercurio seguono la stessa logica e si basano su combinazioni di oggetti e di scritture che richiamano l’arte della memoria.

La memoria delle figure celesti è premessa necessaria per la memoria delle immagini magiche.

Il cerchio si chiude, ci sono tutti gli elementi che avevamo definito all’inizio.

La conciliazione delle due anime individuate all’inizio appare chiara. In Bruno è centrale il discorso della conoscenza, della spiegazione dei nessi causali anche per quei fenomeni apparentemente incredibili e senza spiegazione.

La riflessione sulle arti magiche, dunque, non è antitetica al rigore scientifico, ma soprattutto rientra in un coerente sistema epistemologico.

Anche la magia operativa non sfugge a queste dinamiche.

L’osservazione della natura porta a conoscerne le leggi, anche quelle recondite, la conoscenza delle leggi permette di agire sulla natura. Ma la tensione gnostica di Bruno non si ferma a questo. La magia naturale, la magia matematica, non si limitano alla conoscenza e al controllo della realtà sensibile, ma diventano punto di partenza per conoscenze più alte, quelle riservate alle facoltà superiori.

Gli elementi della scala, dicevamo, non sono distinti, ma vanno ricondotti al tutto che comprende ogni cosa, ognuno dei tre mondi. Il concetto di tutto è così forte da portare addirittura alcuni autori a parlare di rottura bruniana con la metafisica o di antimetafisica.

La metafisica presuppone un dualismo, sia questo tra contingente e trascendente, tra umano e divino, la natura e ciò che si prefigura come ante naturalia.

Il tutto bruniano esclude queste contrapposizioni, non pone nessuno di questi dualismi, le gerarchie della scala sono ininterrotte, non appartengono a due piani diversi.

Ma spingendoci oltre, è da notare come la filosofia del nolano porti ad una sostanziale coincidenza dei contrari.

Profonda magia è trar il contrario dopo aver trovato il punto di unione.
Giordano Bruno – De la causa, principio et uno

Si prefigura la dialettica, il risolversi di tesi e di antitesi ad un piano più alto nella sintesi, ma anche qui è impossibile non riscontrare il contatto con l’ermetismo, dove il molteplice, i dualismi, la pluralità delle manifestazioni si risolvono nell’unità del tutto.

Autore Pietro Riccio

Pietro Riccio, esperto e docente di comunicazione, marketing ed informatica, giornalista pubblicista, scrittore. Direttore Responsabile del quotidiano online Ex Partibus, ha pubblicato l'opera di narrativa "Eternità diverse", editore Vittorio Pironti, e il saggio "L'infinita metafisica corrispondenza degli opposti", Prospero editore.