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La formazione del giurista – Parte 2

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La formazione del giurista e l’esigenza di un odierno ripensamento epistemologico – Parte 2

Paolo Grossi (2003)

Il diritto non è considerato come ordinamento della società, ma come strumento di potere; ciò che conta in un sistema a base potestativa è di concentrare l’attenzione sull’atto di volontà imperativa. Corte-CostituzionaleIn questa visione l’interpretazione/applicazione si pone come qualcosa di esterno e ridotto al minimo. Il comando ha in sé la pretesa ad essere obbedito, ma deve poter essere conosciuto, cristallizzato in uno scritto, divenire testo cartaceo, immutabile, inelastico. Il sistema giuridico diventa chiuso: affermazione di un rigido monismo con la cancellazione delle vecchie fonti tradizionali (consuetudine, giurisprudenza pratica e teorica), supremazia della legge al vertice di una scala gerarchica e solitudine della legge al di sopra delle altre manifestazioni ormai devitalizzate, mitizzazione del legislatore, onnipotente ed onnisciente; indifferenza per il momento interpretativo/applicativo; artificiosità del diritto. Si impone un recupero per il diritto, una sua ricollocazione nella società di cui è fedele espressione e salvataggio storico, registrazione fedele delle diversità di valori. Bisogna valorizzare il principio di effettività più che di validità, abbandonare il monismo giuridico per un’apertura pluralistica; prendere coscienza del carattere ordinamentale del diritto, valorizzare la realtà oggettiva che la norma intende ordinare. “Ordine”, “ordinamento”, è nozione salvifica per questo suo ineliminabile carattere complesso. Emerge in tutta la sua vitalità giuridica il momento interpretativo/applicativo; la norma è veramente tale se rimane ancorata alla propria genericità ma grazie all’interpretazione/applicazione diventa regola di vita. Il nuovo paesaggio ordinamentale, proprio perché complesso, impone una dura attività interpretativa, sicuramente ben diversa da quella che potrebbe essere l’elementare esegesi di un testo. Sono proprio i fatti a pretendere il superamento dei vecchi schemi semplicistici: statualità del diritto, rigorosa legalità, visione potestativa e gerarchica delle fonti assomigliano ad una camicia di forza per un corpo in crescita dirompente. È esemplare la parabola discendente dello Stato, che ieri era titolare indiscusso di un assoluto monopolio e che oggi vede la propria sfera d’azione ridursi di parecchio, sempre più contesa da quegli antagonisti emergenti cui è congeniale l’attuale cambiamento rapidissimo e particolarmente il suo connotato globalistico. L’ambiente ha perduto in semplicità e certezza, ma ha acquistato in espressività; esprime cioè tutta la ricchezza dell’ordine giuridico e non solo quella parte messa in evidenza dal diritto ufficiale. L’attuale momento rivela all’osservatore attento una rivincita della prassi. Il ruolo del giudice si è ampliato fortemente. La complessità dell’attuale paesaggio giuridico obbliga il giurista ad una nuova messa a fuoco e a nuovi strumenti di osservazione; egli è portatore di un sapere incarnato. La messa a fuoco fa oggi crudelmente emergere la frammentazione e moltiplicazione delle fonti di produzione del diritto. La Corte Costituzionale è la cerniera tra la testualità normativa delle leggi ordinarie e quel mondo di valori ereditati che nemmeno il legislatore può violare. Liberarci di una psicologia e di una cultura statalistiche e potestative implica la liberazione dalla schiavitù dei confini. È lo Stato che tende a tracciare ed imporre delle frontiere, la società ha confini che non si trasformano mai in frontiere.

 

Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.